I Frutti del Congo, di Alexandre Vialatte, edito da Prehistorica e recensito da Katia Ciarrocchi
I Frutti del Congo – Alexandre Vialatte – Prehistorica – Pagg. 380 – ISBN 9788831234368 – Euro 20,00
Ci
sono libri che richiedono tempo, che non si lasciano afferrare subito
e che, pagina dopo pagina, svelano un mondo sfuggente, ironico e
malinconico. I
Frutti del Congo di Alexandre
Vialatte è
esattamente questo tipo di libro: una lettura che non si affronta con
leggerezza, ma che ripaga con una profondità sottile e un umorismo
disincantato.
La
storia ruota attorno a Paul e al suo gruppo di amici, ragazzi di
provincia che combattono la monotonia con l'immaginazione,
costruendosi un universo fatto di sogni esotici e avventure che non
vivranno mai davvero. La provincia francese diventa lo sfondo di un
viaggio interiore, di una fuga verso un altrove che esiste solo nella
loro fantasia, il titolo stesso, “I
Frutti del Congo”,
evoca l'illusione di un mondo misterioso e lontano, simbolo di
tutte quelle promesse che la vita sembra fare e che poi,
inesorabilmente, non mantiene.
Quello
che mi ha colpito più di tutto è il modo in cui Vialatte racconta
il passaggio dall'adolescenza all'età adulta; non c'è un
momento preciso in cui questo avviene, nessuna frattura netta, ma una
presa di coscienza che si insinua lentamente: ci si rende conto che
l'immaginazione non basta più, che le illusioni si sgretolano, che
la realtà non ha nulla di epico. È un cambiamento silenzioso ma
definitivo, raccontato con un'ironia che non fa ridere, ma lascia
un retrogusto amaro.
Lo
stile di Vialatte è
denso, ricco di digressioni e giochi di parole, ci si perde nelle
descrizioni, nei pensieri che si aggrovigliano, nella scrittura che
sembra sfidare il lettore a trovare il senso tra le righe. Ma è
proprio questo a renderlo così affascinante: è un libro che non si
lascia domare, che va assaporato con pazienza. Non è uno di quei
romanzi che scorrono via in fretta, è un testo che obbliga a
fermarsi, a riflettere, a lasciarsi trasportare dal suo ritmo
frammentato.
I
Frutti del Congo è
una di quelle opere che parlano del tempo che passa, della nostalgia
per qualcosa che non si è mai davvero vissuto, della dolce-amara
rassegnazione con cui si accoglie l'età adulta. E forse, alla
fine, il vero frutto da cogliere è proprio questa consapevolezza:
l'esotismo più grande è quello che immaginiamo, più che quello
che realmente troviamo.
Katia Ciarrocchi
