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Si fa soglia il mare nel silenzio, di Mariangela De Togni, edito da Fara e prefato da Gregorio Iacopini

Si fa soglia il mare nel silenzio, di Mariangela De Togni, edito da Fara e prefato da Gregorio Iacopini

Si fa soglia il mare nel silenzio – Mariangela De Togni – Fara – Pagg. 56 – ISBN 978-88-9293-013-1 - Euro 10,00




Prefazione


La curiosità dell'uomo scruta il passato e il futuro, / Si aggrappa a quella dimensione. Ma comprendere / Il punto in cui l'eterno s'interseca col tempo / È occupazione di santi, anzi nemmeno occupazione, / Ma qualcosa che viene dato e preso / In una morte d'amore che è di tutta la vita, / Ardore ed altruismo e abnegazione.

Comprendere / il punto in cui l'eterno s'in­terseca col tempo / È occupazione di santi” cantava Eliot: mi è tornato alla mente mentre rimasticavo il bel titolo della raccolta di suor Mariangela De Togni, Si fa soglia il mare nel silenzio. E anche ricordavo quel piccolo espe­rimento che mi piace fare sulla spiaggia, vici­no alla riva: seduto e fermo, chiudi gli occhi, ascolti la risacca delle onde che lentamente porta via tutto ciò che ti sta attorno, e ti trovi in mezzo al mare, in un tempo di prima Cre­azione, in cui tutto quello che ti stava attorno inizia, assieme a ciò che era prima e a ciò che sarà dopo, te compreso.

È un titolo estremamente evocativo ma ancor più, necessario in questi tempi d'iso­lamenti. Perché esprime una declinazione pressoché sconosciuta della nostalgia che ci è tanto familiare. Sia la nostalgia d'infinito che proviamo davanti al mare, sia la stessa, eppure diversa, che proviamo alla finestra, davanti al cielo (“Trova un luogo / dove si veda il cielo / e si respira il mare”, scrive suor Mariangela al termine della raccolta). Provia­mo a chiudere gli occhi e accade che il reale e il sognato, il visibile e l'invisibile, cominciano a capovolgersi, e il visibile si fa pertugio per qualcos'altro, e ciò di cui sentivamo nostalgia comincia ad avvolgerci.

Davanti al mare, al cielo, al tempo che pas­sando sempre più ci spoglia, “siamo solo po­vertà”, eppure non possiamo non cercare una ricchezza infinita. Questo ci dicono il cielo e il mare. Questa è l'occupazione del santo, come canta Eliot. Questa è la preghiera: “Pre­gare è saldare / il silenzio delle stelle / con il frastuono dei giorni” scrive suor Mariange­la. E, naturalmente, anche perché di poesia stiamo parlando, questo è il lavoro del poeta. Ma continua, ancor più precisamente, la No­stra: “Pregare è aprire / un passaggio, / come si apre una diga.”

In tre versi ci rivela perché, più di qualun­que altra cosa, siano il santo, il poeta, l'uomo che prega, ciò di cui abbiamo veramente biso­gno. Perché senza di loro, facciamo quel che vogliamo, ma restiamo povertà, consumati da tignola e ruggine, scassinati e derubati, come ci dice il Vangelo di Matteo. Perché in­vece con loro entriamo a far parte di qualco­sa di più grande, poiché quando si apre un passaggio, quando si apre una diga, non lo si apre per se stessi solamente.

Basti pensare alle persone cui la poesia, la poesia degli altri poeti, ha salvato la vita con un nuovo sguardo.


L'autrice di questi versi ha chiarissimi i tempi che stiamo vivendo: “Forse la notte / ha perduto la sua cetra / lungo i sentieri / che ci portano al mare”, fatichiamo a udire il canto in ciò che si appresta a finire. Sono tempi in cui si ha paura del buio e non si conosce la luce. E il problema non sta in cielo; sta in noi che lo ignoriamo: “Ma negli occhi le ultime stelle / mi dicono l'aurora”. Non si ha timore della notte, se si sono amate le stelle così a lungo che queste ancora parlano ai nostri oc­chi. È un tempo difficile certamente, eppure non siamo senza speranza, perché: “Fatti di respiro come versi / di una poesia”. Che mera­viglia questa immagine: se ci guardiamo nella nostra nudità, non siamo forse questo respi­ro che ci sostiene? E di respiro non è fatto il verso? Di versi non è composta una poesia? E noi, come i versi, cosa siamo? “Indicibile / nel grembo dell'universo”. Qualcosa di inef­fabile, ci dice suor Mariangela, e lo ripete al­trove: “anche se soltanto / ci è dato vedere il rovescio / del grande arazzo”. Cristina Cam­po scriveva che

a un tappeto di meravigliosa complicazio­ne, del quale i l tessitore non most r i che i l rovescio – nodoso, confuso – fu da molti poeti, da molti savi, assimilato il destino.

Poi continuava:

Solo dal l 'altro lato del la vita – o per attimi di visione – è dato al l 'uomo intuire l 'altro lato, appunto: l ' inconcepibile di segno del quale si fa f i lo e nodo, bruno o verde ac­cordato ad altro bruno o verde, f rammento di figura, par te per il tutto.

Questa è la visione che la fede accende, del santo, del poeta e dell'orante. Perciò fidiamo­ci di suor Mariangela, lasciamoci accompa­gnare da questa donna di preghiera e di po­esia: “Indicibile / nel grembo dell'universo. / Se tu non ci raccogli / nelle tue mani.” Fino a sentire, intimamente, anche voi che “Ciò che cercate è in cerca di voi.” Allora: “Ciò che nella notte sentirai, / saranno i battiti / del suo stesso cuore.”


Gregorio Iacopini