La porpora delle api, di Anna Maria Ercilli, edito da Fara e prefato da Alberto Mori
La porpora delle api –Anna Maria Ercilli – Fara – Pagg. 56 – ISBN 978-88-9293-094-0 – Euro 10,00
Prefazione
La scia porpora riporta alle origini
Se è dato un luogo dove rimanere, una impronta incerta, una dimenticanza fortuita: Di quello che rimane / nessuno può sapere.
Queste parole fanno scendere un'ombra mentre, contemporaneamente, accolgono dove la foresta, non più selva, conosce l'autocoscienza del
potere incrinato ed è divenuta una guida naturale silenziosa alle ferite dell'uomo. Quando esse stesse si aprono, allora anche le ombre si dissolvono:
il ciclo continuo / bilancia del tempo si equilibra e leggiamo nella natura quello che sappiamo, ma in che direzione possiamo muovere?
Le luci e le ombre sono alterne nelle composizioni di Anna Maria Ercilli ed in alcuni casi possono abbagliare oppure all'opposto nascondere, ma soprattutto vengono assorbite in chiaroscuri dove si comprende meglio l'incerto, il tempo che passa nella vita di noi camminanti che lo attraversiamo.
Anche le voci sono plurime ed i linguaggi nel loro mescolarsi sembrano allontanare la meta del cammino: ma Vicino alla memoria il timbro / del
vento lascia alla memoria degli elementi il ricordo dell'essere. La poetessa cerca i segni, le tracce, i solchi, i passaggi e gli echi atavici del tempo, quelli
che da sempre risuonano e permangono anche quando cade la foresta e tutto sembra rovesciarsi e divenire introvabile. Ma loro ci sono, restano a dire proprio nella lingua della notte e dove travisano il senso / a te pensano.
È il momento della restituzione. La selva non è più oscura e parla, perché può essere nomata dal poeta.
Ritrova il ritmo per tornare all' inizio. Essere trovati da un inizio è sempre luogo dove si compone la conoscenza per la poesia, in quello che T.S. Eliot ha definito The still point of the turning wheel (“Il punto fermo della ruota che gira”) ed è
qui che la poetessa trova il miele fecondo, quella scia porpora delle api che riporta all'origine dell'io attraverso la poesia, quando l'essenza dell'amore
materno, nell'origine del grembo, era fertile comunicare: non esistevo, già ti pensavo. L'impotenza dichiarata dal primo verso d'apertura, dove nessun
meridiano e nessun approdo viene dato alla sua stessa esistenza, alla fine è chiamata a raccolta di miti che hanno solcato l'inizio del tempo e con loro
la natura che, accogliendo gli uomini nel mondo, è già vita del cosmo.
Divenire del vivente.
Ne La porpora delle api, Anna Maria Ercilli constata di passaggio in passaggio che dobbiamo attraversare un valico verso una consapevolezza ulteriore, poiché il pensiero non dà più nessuna prova salda alle domande dell'essere. Nel suo interrogarsi, il lettore è chiamato non più ad osservare soltanto il “paesaggio” dei versi, ma quasi a tendere a una sorta di migrazione spirituale verso un ambiente più compatibile con il proprio io, dove arrivano parole con altro ritmo, con quel fine ronzio delle api che sorprendono e riaccendono
le nostre veglie attentive e mentre se ne vanno attratte altrove, le accompagniamo insieme alla loro prospettiva feconda.
Alberto Mori
