Ipotetico approdo, di Claudia Piccinno, edito da Mediagraf e prefato da Brunello Gentile
Ipotetico approdo – Claudia Piccinno – Mediagraf – Pagg. 111 – ISBN 9788888484334
Prefazione
“…
arrivò
a scompigliare / giorni sempre uguali / ribaltando le rotte / di
viaggi mentali …” (poesia ‘Ipotetico approdo pensando al
Titanic'). Parole delle quali subito godi l'armonia del suono e
la delicatezza del richiamo poetico, ma poi ti fermi perché ti resta
l'impressione di non aver afferrato completamente il significato.
Rileggi e in quelle poche sillabe scopri, in straordinaria sequenza,
la monotonia della vita, la speranza di poterla domare, la ricerca di
qualcosa che ti ricostruisca dentro. Ne prendi nota, ma non afferri
il giudizio dell'Autrice, perché te lo ha nascosto in qualche
modo, lasciando a te la libertà di trarne una conclusione.
E'
questo, a mio avviso, il “costrutto poetico” di Claudia Piccinno,
che ti impone una fatica obbligata; o sei disposto ad affrontarla o
dei suoi versi ti resterà solo un suono affascinante.
In
alcune delle precedenti opere letterarie di Claudia, com'è mia
abitudine, ho letto i commenti di altri per confrontare la mia con la
loro impressione, e ne richiamo alcuni.
Antonella
Griseri, nella prefazione de “Il Soffitto”, dice: La bellezza del
cuore di Claudia Piccinno è della medesima natura dei suoi versi.
Puri e limpidi. Puliti e tersi. Sono attraversati da ciò che si può
definire un dolore latente ma incredibilmente dignitoso, che la
poetessa riesce a non far pesare, enunciandolo come
imprescindibilmente legato all'esistenza stessa. Slavica Pejovic,
in una nota sull'autrice dello stesso libro, commenta: Sembra
ricercare un equilibrio tra la conoscenza dei valori universali e la
verità interiore del singolo essere umano. Milica JeftimiJevi´c
Lili´c afferma su Claudia: Rivendica il diritto di una voce autentica
ad armonizzarsi con gli ascolti disattesi. Domenico Pisana,
commentando “Ragnatele cremisi”, sottolinea: Claudia Piccinno
orienta la sua versificazione nell'orizzonte dialogico tra cielo e
terra, tra pensiero ed azione, mostrando di credere nel sentimento e
nelle emozioni come elementi di importante alfabetizzazione e
finalizzati a stabilire una relazione positiva
anzitutto
con se stessa e, poi, con gli altri…
Quanto
da me inizialmente affermato non contrasta troppo con quanto già
rilevato da altri, ma in qualche modo si diversifica.
Invito
a leggere ‘L'urlo silente'. Certo, è l'autrice che parla di
sé e di un'altra creatura che le vive accanto, ma ho dovuto pesare
tre volte ogni parola per farmi una ragione mia del concetto
espresso, in un susseguirsi di apparenti contraddizioni: un male che
brucia contro un risorgere di forza dalle sue ceneri, una pazienza
che vacilla per una luce solo sognata contro la scia luminosa di
un'aurora esprimente il giorno. Ho dovuto lottare interiormente per
scegliere da solo chi poteva vincere.
La
forza di Claudia è in questa capacità di intrometterti in un mondo
di distrazioni universali, senza fornirti suggerimenti piuttosto che
certezze, logiche piuttosto che speranze. Ti fa comprendere quanto
profondo sia quel genere, pur suo, di stato d'animo, ma la sua
reale definizione resta un enigma da portarti dentro a lungo.
Se
la poesia è rappresentazione di verità, come qualcuno sostiene,
l'Autrice ti porta a considerare che potresti anche scoprire che
nemmeno quella esiste.
L'ossimoro,
insomma, sembra estendersi dal contradditorio del titolo – l'urlo
non dovrebbe essere silente - al contradditorio dei versi, in un
accostamento azzardato che è proprio la Vita a rendere
credibile.
Nella
Nota sull'Autrice di Angela Iantosca si legge a commento: “C'è
malinconia nelle poesie di Claudia, ci sono cicatrici che ancora
sanguinano e a cui vuole dar voce… È un ‘Cuore cucito' il suo
e forse il nostro, ma un cuore che attende anche un girasole…”.
Credo che tra questo e quanto da me affermato ci sia forse solo un
esprimere con parole diverse lo stesso concetto.
Per
Claudia la contraddizione arriva al punto di rendere ‘pigra' la
rotaia e non il mezzo che vi scorre sopra, ed è sempre la rotaia che
“stridula frenò / su un compromesso”.
In
‘Davide è il tuo nome' (dedicata a un bambino affetto da
autismo) Claudia sembra avvalorare la sua difficoltà a intraprendere
un dialogo con l'esterno, ammettendo che “non è facile decifrare
la bussola dei sensi / in tale marasma di stimoli sociali”. Sembra
quasi ammettere che nel “quotidiano” appare possibile, ma non lo
è, raggiungere risultati comunicativi, mentre si può tentare
perfino di più di fronte all'autismo: “scenderò a incontrare
l'oggetto che ti attrae / per accorciare la distanza / che ti tiene
relegato in una stanza”.
Ciò
conferma l'idea di quanto il pensiero poetico-filosofico
dell'Autrice sia profondamente complesso.
Il
mondo che Claudia osserva suscita in lei stupori negativi, di fronte
a un campo profughi (per farci assuefare / alla diaspora degli
innocenti / nell'ottusità delle nostre menti / al coraggio senza
pari dei perdenti) o perfino al concetto di divinità (Dio minore…
Chiamiamolo così / o forse despota del mare / suona meglio?).
Nella
sequenza delle sue osservazioni non tralascia nemmeno la fantasia:
simpatico quel ‘Fantasioso erede di Pitagora', che recita “non
amo gli utili, né il dividendo, / fui brevettato per divulgare /
multipli d'amore”, salvo tornare a dipingere i sentimenti usando
i colori delle abitudini sociali: “naufraghi in acque imputridite /
dalle ciance altrui. / Grazie del gentile riscontro”
Talvolta
l'Autrice azzarda un'esplicita dimostrazione intima al lettore:
in ‘Inchiostro di pace' pare svelarsi: “Rinchiusi nelle celle /
del pregiudizio, / muoiono piano / come all'ospizio, / valori
gravidi / di pace e amore”. Ma già in Parlami Padre (sull'eterna
tenzone fra fede e ragione) torna a lasciarlo solo: “Son prove
d'esame / del libero arbitrio / o forse espedienti / di un demone
antico?”.
A
ben vedere il pessimismo di Claudia è sì spontaneo, non è poi così
negativo. In ‘Cuore cucito' si legge: “Odio l'ignavia, /
l'ambiguità latente e la evidente, / odio il silenzio galeotto / e
complice del tornaconto.” Odiare l'ignavia ha come conseguenza
implicita amare l'alacrità e la solerzia.
Alternanze
dell'oggi e del passato, con gesti d'un tempo e mode
dell'attuale, sono simpaticamente rese in ‘Sui cavi': “Non
più piccioni viaggiatori / o serenate al chiaror lunare. / Eppure /
nei panni stesi ad asciugare / si condensa iridescente / voglia di
socializzare / per scongiurare con un bip / la desolazione di silenzi
/ troppo a lungo trattenuti.”
Alla
fine il lettore attento scoprirà d'essere stato condotto per mano
in un viaggio ‘semplicemente' difficile, ma ‘incredibilmente'
rigenerante. Si accorgerà d'aver incontrato realtà e fantasie,
aspetti terreni e misteri cosmici, in un caleidoscopio di emozioni,
che pretendono giudizi sull'esistenza, sulle tradizioni, sulle
mode, in sintesi su tutto ciò che ci attornia e che la non comune
capacità lirica di Claudia Piccinno altro non ha fatto che
rappresentare con sapienza e discrezione, incisività e
devozione.
Versi
da leggere e tornare a leggere per ritrovare se stessi prima ancora
di comprendere l'Autrice.
Brunello
Gentile
scrittore
e promotore culturale
