Roma consola, di Sergio Menghi
Roma consola
di Sergio Menghi
Bandiere che frustano il cielo, dodici stelle che non brillano ma comandano, e sotto il tricolore che resiste, sbatte, si allunga come se volesse volare via. Asfalto, vento, odore di benzina, gelsomino, cemento caldo. Foglie secche che girano su se stesse, piccole spirali di destino. Tutto accade insieme. Nessuno aspetta. Nessuno spiega.
Mi consola la forza degli elementi che non fanno filosofia ma sopravvivono. Il sole si alza senza chiedere il permesso. La pietra tiene memoria anche quando nessuno la tocca. L'acqua scorre sotto, invisibile, cerca la via, scava.
Treno in corsa, Roma-Palermo, carrozza rumorosa, occhi spenti nei telefoni, sonno precoce nei volti giovani. Fuori, silenzio visivo: campi, filari, mandorli, fiori che nessuno guarda, stormi che si alzano come pensieri interrotti. Il paesaggio non ha titolo, non ha musica. È tutto lì, gratis.
Roma consola anche quando non lo chiede. Nei muri graffiati, nei marciapiedi spezzati, nei mosaici che sbrillano sotto le scarpe sporche. Persone ovunque, flussi, accenti, pelle, passi. Multietnico non è un'etichetta, è un suono urbano.
Le mura Serviane? Non sono storia, sono glitch tra un supermercato e un centro TIM. Servio Tullio oggi starebbe su LinkedIn. I re ora si misurano in followers, ma il codice resta. Roma custodisce senza romanticismo. Ogni pietra è una notifica muta.
Qui tutto si tiene insieme: passato inciso, presente liquido, futuro incerto. Cultura che scorre come wifi pubblico: aperta, lenta, necessaria.
E noi? Dentro questa corrente. Essere umani compressi tra algoritmi e alberi, tra dati e stagioni. La resilienza non è un'idea: è il corpo che si alza, la mente che cerca senso, la voce che dice ancora.
Abbiamo una forza, e va protetta. Non con retorica, ma con atti. Con scelte che sembrano piccole e invece sono fondamento. La scienza non è lontana: è nei dettagli. L'istruzione non è un dovere: è l'unico strumento. I giovani devono camminare avanti, e chi è più vecchio deve aprire la strada, non chiuderla.
Non abbiamo tempo per altro. Eppure abbiamo tutto il tempo, se lo usiamo bene.
Roma, 18/05/2024
