Si può suonare un notturno su un flauto di grondaie?, di Mariangela De Togni, edito da Fara e prefato da Rosa Elisa Giangoia
Si può suonare un notturno su un flauto di grondaie? – Mariangela De Togni – Fara – Pagg. 56 – ISBN 978 97441 88 5 – Euro 10,00
Prefazione
Questa nuova silloge di Mariangela De Togni, dal suggestivo titolo in distico Si può suonare un notturno su un flauto di grondaie?, prosegue l'ormai lungo canto ininterrotto che la poetessa porta avanti da diversi decenni nel susseguirsi delle sue sillogi, tutte incentrate sullo stupore e sulla meraviglia per il mondo che la circonda. Un incanto che non si interrompe, ma si modula in sempre ricercate e fascinose espressioni poetiche modulate in melodiosa musicalità.
Anche da queste nuove liriche emerge lo spiegarsi di un mondo intorno a noi che nelle sue sfaccettate componenti di terra, mare e cielo, arricchite dalla presenza del mondo vegetale e di quello animale, ha in sé i caratteri della bellezza e della sapienza finalistica. È «una bellezza che travolge / anche i pensieri» (La magia di un soffio di mare), come dice appunto la poetessa nella consapevolezza che questo “travolgere i pensieri” non è un allontanare dalla problematicità dell'esistere, ma è un abbandono fiducioso, sostenuto dalla certezza che la bellezza e la sapienza del mondo fenomenico hanno la loro ragione d'essere nell'impronta inconfondibile della creazione divina.
È un mondo che l'autrice contempla come spettatrice, trovando il suo coinvolgimento in una piena sintonia con gli elementi della natura, in particolare il sole e il mare nell'intreccio delle loro policrome movenze combinate («Sul colore del tramonto / la sua danza nel battito / profondo del respiro» ne La magia di un soffio di mare). La percezione profonda è che il cuore umano e il respiro vitalistico della natura palpitino all'unisono fino a confondersi nel mistero del vivere («mi confondo / in altri orizzonti d'alba» in Posso vegliare) , contrassegnato da quell'«impronta divina» da ricercare appunto «nel sospiro / delle cose» (Attesa leggera). Il mondo della natura è quindi pervaso da un mistero, motivo di fascino e d'attrazione, che si coglie solo nel «silenzio» favorito dalla «solitudine», elementi entrambi tipici nel connotare la cifra caratterizzante la poesia di Mariangela De Togni, pur rendendola percorsa da una nota di soffusa e contenuta malinconia.
La solitudine fa risplendere la Verità «nel deserto fiorito / dell'anima» (Come allora), permette di oltrepassare i «limiti del tempo» (Dal bianco del pennello), di percepire il «candore del diamante / dentro l'oscurità» (Un riflesso d'amore). Nel silenzio si coglie la voce del Signore che chiama le Sue creature, dal silenzio scaturiscono «frammenti di cielo» (Quali frammenti di cielo), nel silenzio si vive lo stupore di fronte alla meraviglia del creato (Chi ama è prodigo). Silenzio e solitudine, cercati e accettati per una più intensa e consapevole penetrazione nel sapere, diventano elementi indispensabili per gratificanti sensazioni di consonanza e di immersione nella realtà che appare luminosa in una policromia sfaccettata di trasparenze in cui prevalgono le tonalità e le sfumature dell'azzurro del cielo e del mare. Ma il silenzio e la solitudine si annullano nella percezione della presenza di Dio nel proprio cuore (E dove le ali ) che permette di intessere un dialogo silenzioso, ma profondo e illuminante. Un'esperienza che va rivissuta, oggettivata verbalmente per poter essere comunicata, ragion per cui per la poetessa diventa di determinante importanza Scrivere, tematica a cui dedica diverse liriche nella consapevolezza che «Scrivere è cogliere lo stupore / dentro il calice del sospiro», quel sospiro che appunto si avverte solo nel silenzio, ma che poi si dilata ed arricchisce, diventando quella voce di mistero e di verità che l'animo del poeta coglie e che la sua poesia esprime e comunica.
Questo mondo poetico, nel suo silenzio e nella sua solitudine, è privo di presenze umane: il dialogo interpersonale è sempre con il divino, in momenti di più intensa ed approfondita riflessione sui misteri cristiani (Settimana Santa) , nel ripercorrere con la memoria e la fantasia le regioni della Terra santificate dalla presenza divina nella Storia, in un colloquio personale di dialogo e di ricerca (O Divina Madre, Vergine della Solitudine, Cercarti ) nell'attesa e nella speranza. Unica presenza umana, nella sua dimensione trascendentale tra terra e cielo, è Celina, a cui è dedicata l'intensa e commossa lirica Un raro fiore : si tratta di una consorella orsolina indiana la cui vita è stata contrassegnata dalla stupefacente presenza del divino e di cui è in corso la causa di beatificazione.
Così la poesia di Mariangela De Togni si conferma contrassegnata da un'ispirazione persistente e unitaria, tesa a dire l'indicibile che solo il cuore coglie e che solo la poesia, con la ricchezza delle sue immagini e l'espressività sottile e profonda dei versi, può esprimere, in un'elegante ricercatezza formale che proietta
il dire poetico al di là del tempo e della storia in una dimensione di continuità e persistenza della natura che diventa metafora dell'eterno e tensione verso l'assoluto.
Per Mariangela De Togni scrivere poesia rappresenta il modo più autentico ed efficace di comunicare in un dialogo che vuol essere aperto a tutti e tutti vuole coinvolgere nella contemplazione del mistero della creazione.
Rosa Elisa Giangoia
