Quello che ancora restava da dire, di Giuseppe Carlo Airaghi, edito da Fara e prefato da Alessandro Ramberti
Quello che ancora restava da dire – Giuseppe Carlo Airaghi – Fara – Pagg. 104 – ISBN 978-88-9293-004-9 – Euro 10,00
Prefazione
La confessione del poeta
Per scrivere poesie vere
non si potrà più mentire,
ci toccherà colpire,
svelare il sudario,
lacerare la benda
per mostrare la ferita
viva.
Chi scrive versi sa che non può fingere, può forse schermirsi, ricorrere a parabole, metafore, correlativi oggettivi… ma se desidera arrivare non può essere un mentitore. Lo stesso Pessoa, che si “distribuiva” in diverse personalità, restava coerente alla poetica di quell'autore e il suo eteronimo era comunque una (vera) parte di sé.
I giurati che hanno votato questa raccolta ne hanno evidenziato la sincerità (Daniela Monreale) e l'avvolgente spiritualità (David Aguzzi) e del resto l'onestà, la misericordia, l'umiltà e la fortezza sono componenti indispensabili di ogni cammino spirituale e di ogni poetica che non sia un mero esercizio di stile. Nella seconda parte di Per scrivere poesie, di cui abbiamo riportato un brano qui sopra, Giuseppe Airaghi confessa che questa propensione alla verità ha un costo:
Se scrivessi davvero poesie sincere
sarei condannato alla solitudine,
bandito, messo all'indice,
scacciato oltre le mura della città,
nei boschi profondi dai quali
non sarei più in grado di tornare.
E allora il poeta dice di accontentarsi di versi “che non siano chiodi”… starà a chi li ascolta/legge verificare se le cose stiano proprio così. In noi si sono fissate molte parole, molte immagini hanno suscitato emozioni profonde, perché la (vera) poesia è una radiografia dell'anima e chi la ama sa che a sua volta ne sarà commosso: non c'è forse empatia più alta di quella che si prova fra chi la crea e chi la fruisce.
I sentimenti d'amore, i trasporti, le delusioni, le batoste, le sofferenze, gli ostacoli, la bellezza, la condivisone, l'amicizia, le domande ineludibili sono il tessuto vivente dell'esistenza che Giuseppe ci offre con intensità, ricordandoci che sempre c'è un resto, un non detto, e così siamo implicitamente provocati a scendere in noi stessi, a dircelo (personalmente e reciprocamente) quando è bene farlo.
Ecco infine, per terminare questa breve prefazione, gli splendidi versi che chiudono La luce precede la pioggia, con l'invito a immergesi subito nelle pagine di questo taccuino poetico che faremo senz'altro nostro:
e richiudevi per poco un libro
che avevi già letto in passato
e mi volgevi le palme aperte
su cui cadeva la luce
che assecondava la pioggia
e disponeva arcobaleni.
Alessandro Ramberti
