logo
homeLetteraturasep
Una luce perenne contro l’oscurità. Alocución al pueblo de Fuente Vaqueros, di Federico Garcia Lorca, traduzione e note a cura di Franca Canapini, edito da Helicon

Una luce perenne contro l’oscurità. Alocución al pueblo de Fuente Vaqueros, di Federico Garcia Lorca, traduzione e note a cura di Franca Canapini, edito da Helicon

Una luce perenne contro l'oscurità

Alocución al pueblo de Fuente Vaqueros

di Federico García Lorca

Traduzione e note a cura di Franca Canapini

Prefazione di Lorenzo Spurio

Edizioni Helicon

Pagg. 194

ISBN 9791281748941

Prezzo Euro 18,00



Quando Federico Garcia Lorca pronuncia la sua Alocución al pueblo de Fuente Vaqueros siamo nel 1931, un anno importante per la storia della Spagna che vide la proclamazione della Repubblica e il volontario esilio di re Alfonso XIII. Nel clima entusiasta suscitato dal trionfo dei progressisti diventa centrale il tema della Cultura, considerata strumento fondamentale per aiutare il popolo ad uscire dall'ignoranza, dalla miseria e dall'oscurantismo in cui lo avevano tenuto le forze reazionarie e la Chiesa.

È in questo contesto politico e culturale che nel settembre 1931 Lorca legge la sua Alocución in occasione dell'inaugurazione della Biblioteca Pubblica di Fuente Vaqueros, suo luogo natale, non lontano da Granada. La decisione di non parlare a braccio come facevano gli oratori nasce in lui da una precisa scelta, perché – dice – la parola scritta è molto più stabile e duratura e tale che può essere letta anche da altri. Esprime poi la sua gratitudine per questo paesello, del quale tesse l'elogio arrivando a dire che «gli abitanti di questo paese possiedono sentimenti artistici autoctoni […]. Sentimento artistico e senso di allegria che è come dire senso della vita». Al contrario – dice Lorca – esistono milioni di uomini che «parlano, vivono, guardano, mangiano ma sono morti» perché non hanno un'idea o una fede o il desiderio di uscire dal buio in cui si trovano, molto spesso per mancanza di mezzi, costretti a una vita di stenti il cui unico scopo è la sopravvivenza. Ma – dice Lorca – «Non solo di pane vive l'uomo»: «Se fossi un accattone, non chiederei un pane ma mezzo pane e un libro». Puntuale nel commento Franca Canapini osserva che questa che può essere considerata una provocazione, in realtà sta a significare che ai bisognosi siano dati non solo i mezzi per sopravvivere, ma anche gli strumenti per la formazione di uno spirito critico che li liberi dalla schiavitù intellettuale, grazie alla quale altri decidono per loro.

E arriviamo così alla famosa affermazione del capitolo 7 «Libri! Libri!» una parola magica che sta a significare – dice Lorca -: «amore, amore, e che la gente deve chiedere come chiede il pane e come anela la pioggia per i propri campi seminati».

Da qui la sua felicità per l'inaugurazione della Biblioteca Pubblica di Fuente Vaqueros, perché, dice, lo sforzo per produrre un libro è enorme e per questo «Il libro è senza dubbio l'opera maggiore dell'umanità»; così quando un popolo dorme o se ne sta quieto come «l'acqua di uno stagno in un giorno senza vento», un libro o alcuni libri hanno il potere di scuoterlo e «indicargli nuovi orizzonti d'eccellenza e concordia». E partendo dal concetto che «tutto il mondo civilizzato è governato da alcuni libri», come afferma Voltaire, Lorca ripercorre a grandi linee la storia della scrittura partendo dalle incisioni graffite sulla roccia per approdare alla diffusione della carta e, infine, alla stampa e all'evoluzione delle tecniche che l'hanno caratterizzata e hanno consentito di realizzare il libro di carta, destinato a segnare una profonda differenza rispetto a tutte le trasformazioni che lo avevano preceduto, in quanto da questo momento – dice Lorca - il libro diventa «un tremendo fattore sociale». Contro il libro infatti non valgono le persecuzioni né le fiamme perché «potete far scomparire un'opera, ma non potete tagliare le teste che hanno appreso da essa»: grande, importante affermazione che ci fa pensare al tremendo rogo dei libri avvenuto in Germania solo due anni dopo, (maggio 1933), durante il quale furono bruciati venticinquemila libri ritenuti pericolosi.

E tornando alla Biblioteca di Fuente, Lorca si augura che libri e lettori crescano a dismisura perché – afferma - «non lavoriamo per noi ma per le generazioni che verranno dopo», che è poi in sostanza «il sentimento vero della vita».

Si giunge quindi al finale, ai ringraziamenti a quanti hanno voluto questa Biblioteca in particolare al Partito Socialista e al sindaco di Fuente fino a giungere a quell'ultimo saluto a tutti che ha il sapore di una poesia che nasce dall'anima: «E un saluto a tutti. Ai vivi e ai morti, giacché vivi e morti compongono un paese. Ai vivi per augurargli felicità e ai morti per ricordarli con affetto perché rappresentano la tradizione del popolo e perché è grazie a loro se siamo tutti qui». Dopo questo congedo che può essere considerato un testamento universale, come afferma Lorenzo Spurio, l'impegno di Lorca proseguirà sia in poesia che nel teatro con la fondazione della celebre Barraca, in cui spenderà gran parte delle sue energie.

Federico Garcia Lorca morirà durante la guerra civile spagnola (1936 – 1939) cui seguirà la lunga dittatura fascista di Francisco Franco (1936 – 1975).

Non mi soffermo sul prezioso lavoro svolto da Franca Canapini perché molto è già stato detto anche da Lorenzo Spurio sia in prefazione al testo che in una recensione. Devo a lei il piacere di aver potuto gustare sia in lingua che in traduzione un testo che non conoscevo e che mi pare tanto più significativo per i tempi in cui viviamo. Franca Canapini ha infatti prodotto non solo una scansione tematica che consente di seguire il percorso culturale e ideale di Lorca, ma anche un'attualizzazione dei problemi che ci aiuta a riflettere sull'oggi in vista del futuro. Di questo le siamo profondamente grati.

Arezzo, 7 giugno 2025

Fernanda Caprilli