L’anniversario, di Andrea Bajani, edito da Feltrinelli e recensito da Katia Ciarrocchi
L'anniversario – Andrea Bajani – Feltrinelli – Pagg. 128 – ISBN 9788807036422 – Euro 16,00
Ho
appena finito di leggere L'anniversario di Andrea
Bajani e
sento il bisogno di mettere nero su bianco ciò che mi ha lasciato. È
un libro sottile, poco più di cento pagine, ma dentro contiene il
peso di anni, di silenzi, di fratture mai sanate, un romanzo che non
grida, ma che sussurra in modo così preciso e affilato da arrivare
dritto dove fa più male.
Il
protagonista – e narratore – ha tagliato i ponti con i genitori
dieci anni prima. Senza una parola, senza spiegazioni, si è spostato
di continente, ha cambiato numero di telefono, identità sociale,
forse anche pelle. Non ci viene raccontato tutto, eppure si intuisce
l'incolmabile abisso tra lui e quella famiglia che non ha saputo
essere accoglienza, ma gabbia.
Il
padre è una figura dominante, autoritaria, che occupa lo spazio e il
tempo con la sua presenza soffocante. La madre, invece, è una donna
che si è arresa, sottomessa a un copione scritto da altri, incapace
di opporsi o proteggere. È nel triangolo di queste presenze –
padre, madre, figlio – che si gioca tutto il senso del
romanzo. Bajani non
descrive mai in modo esplicito, ma lascia emergere il dolore tra le
righe, nel non detto, nelle assenze.
C'è
una calma quasi inquietante nella sua scrittura. Una compostezza che
non è freddezza, ma misura; ogni frase è cesellata, pesata, come se
l'autore stesse camminando su una corda tesa sopra il vuoto. E in
questo equilibrio precario, ciò che emerge è il bisogno profondo di
riconoscimento, la lotta per la propria identità, il desiderio –
umano, disperato – di liberarsi da ciò che ci è stato imposto e
che ci ha fatto male.
Uno
dei passaggi che mi ha colpito di più è la descrizione del corpo
della madre, non in termini fisici, ma come metafora di una vita
vissuta in sottrazione, in silenzio, quasi in dissolvenza. Una donna
che ha smesso di esistere come individuo per diventare una funzione:
moglie, madre, testimone muta di un disamore. E poi c'è la figura
del padre, ingombrante anche nell'assenza, in grado di modellare le
vite altrui come un architetto del destino.
Quello
che L'anniversario lascia
è una sensazione straniante: ci si sente coinvolti, toccati, eppure
mai completamente dentro, forse perché anche il narratore resta
distaccato, forse per protezione, forse perché non ha ancora
elaborato tutto. E in fondo è giusto così. Non tutti i dolori hanno
bisogno di essere spiegati: alcuni vanno semplicemente
attraversati.
Non
posso dire che questo sia un libro “consolatorio”. Non lo è
affatto. Ma è un libro vero, onesto, che guarda negli occhi una
verità scomoda: a volte per salvarsi bisogna sparire, tagliare,
dimenticare. E poi, un giorno, magari tornare. Anche solo per vedere
se qualcosa, nel frattempo, è cambiato.
Lo
consiglio? Sì, a chi non ha paura di scavare. A chi cerca nella
letteratura non solo evasione, ma anche confronto. A chi ha voglia di
leggere una voce limpida, capace di affrontare il dolore senza mai
urlare, ma senza nemmeno scappare.
Katia Ciarrocchi
