Fuochi di Lisbona, di Paolo Ruffilli, edito da Passigli e recensito da Patrizia Fazzi
Fuochi di Lisbona – Paolo Ruffilli – Passigli – Pagg. 176 – ISBN 9788836821143 – Euro 17,50
Già in Affari di cuore, stupenda silloge del 2011, Paolo Ruffilli aveva affrontato il tema dell'amore, narrandolo in versi in tutte le sue sfumature ed esperienze vitali. Nel romanzo Fuochi di Lisbona (Passigli, 2025) questo tema è approfondito e messo al centro della vicenda, fulcro di tutti gli eventi, spunto continuo di riflessione, interrogarsi, dibattersi dell'io narrante. La trama prende avvio dall'incontro del protagonista con Vita, femmina portoghese conosciuta a Lisbona e con la quale intreccia una relazione intensa, vero ‘fuoco' che arde nello scenario del paesaggio urbano e naturale della città.
Titolo quindi ampiamente adeguato e incisivo come la copertina del libro, ove non a caso prevale il colore rosso e che riproduce l'opera Bad boy, good girl di Jack Vettriano. Due personaggi che si guardano, attratti l'uno dall'altro e insieme quasi in atteggiamento di sfida, come nello snodarsi della loro relazione, scintilla scoccata al primo sguardo e trattenuta dapprima con paura, sentita poi come imprescindibile esperienza vitale.
Suddiviso in venti capitoli e narrato in prima persona dal protagonista maschile – di cui non si dice mai il nome - il romanzo si apre con l'affaccio su un altro importante tema, quello del viaggio, inteso come il tagliare i “ponti con tutto il resto”(p.7), pausa liberatoria che trova il suo mezzo di trasporto più efficace nell'aereo, con “l'emozione del decollo”(p.7), del sollevarsi non solo metaforicamente da terra, entrando in vibrazione con le nuvole e l'aria, quasi sentendosi angeli alati che vedono natura, paesaggio e cose da un'altra dimensione. E proprio questo distacco è propedeutico alla prospettiva nuova che il viaggio aprirà.
La meta da raggiungere è anch'essa particolare, straniante e insieme intrecciata continuamente con lo snodarsi delle pagine: ripercorrere, con l'alibi di un convegno dedicato a Fernando Pessoa, le orme dello scrittore portoghese vissuto tra fine Ottocento e anni Trenta e soprattutto mettere a fuoco il rapporto amoroso da lui intrecciato con la giovane Ophélia. Una relazione che si ricostruisce lentamente nelle citazioni in corsivo inserite nel testo: versi e frasi di Pessoa o passi di lettere scambiate tra i due amanti. Citazioni che percorrono la narrazione, a sottolineare momenti, emozioni, riflessioni, andando di pari passo con il nascere ed evolversi delle varie situazioni. Pessoa, lo scrittore fortemente amato e anche tradotto da Paolo Ruffilli, diviene un alter ego del protagonista e al tempo stesso lo diviene l'amore intenso intercorso tra i due tanti anni prima proprio a Lisbona.
Il protagonista ne ricerca le tracce e i luoghi d'incontro insieme a Vita e l'onda lunga di quella passione “straziante e imperativa” si rovescia nelle vie, nei cafè, nei tramonti sul mare, nel pullulare di vita che la capitale portoghese incarna, nel suo essere situata al confine dell'Occidente, aperta sull'Oceano e soprattutto “città dal corpo femminile”, accogliente verso chi soffre e chi ha desiderio di amore, come, al suo arrivo, subito gli dichiara l'amico Henrique.
Il primo incontro tra Vita e lo scrittore è narrato attraverso un vivacissimo dialogo (pp. 37-42), un testo pronto per una probabile e auspicabile sceneggiatura dell'intero romanzo, che comunque non si riduce ad una romantica storia d'amore e passione, proprio grazie alla sapiente scrittura ruffilliana e alla sua lucidissima e arrovellante messa a fuoco di ogni sfumatura psicologica e esistenziale, di ogni fase dell'incontro-scontro tra due persone già legate ad altri partner e travolti invece, “senza difese”(p.73), da un'esperienza irrinunciabile.
L'abito rosso pieno di lune le si gonfiava palpitandole addosso ad ogni soffio. Ed io le parlavo per bocca di Pessoa, guardandola negli occhi, sotto un ombrello aperto per ripararci dalla polvere dell'acqua… In ogni caso, delle parole che pronunciavo io, non riusciva più a fare senza. E le mancava sempre più la volontà di resistenza. Nonostante gli sforzi messi in atto ad arginarla, la sentiva come la cosa più irresistibile di tutta la sua vita.” (pp.85-86)
Il tutto sempre nello sfondo del quasi analogo rapporto intercorso tra Pessoa e la giovanissima Ophélia ma soprattutto dei paesaggi di Lisbona, nelle sue albe e notturni dalle infinite cromie, e delle canzoni di Amalia Rodriguez che risvegliano e incarnano la suadade, trasportando in un'altra dimensione chi vi si immerge alla ricerca di “un'altra vita”, titolo questo di un precedente e intrigante romanzo di Paolo Ruffilli.
Dalla finestra il Tago era un magma incandescente e a ondate si espandeva nella stanza. Batteva il suo duro suono dentro la fusione del metallo. Pulsava e ribolliva nel tramonto. I fuochi di Lisbona. Le tende, le pareti, i cuscini, le lenzuola, i corpi di noi due amanti…Carminio, scarlatto, vermiglio, porpora, amaranto. Non era rosso la tinta dell'amore? (p.134).
Cos'è l'amore? Si chiede più volte il protagonista, precipitato quasi suo malgrado nel mistero di questo sentimento, ma al tempo stesso lieto e avvinto dall'esperienza mai provata così forte, un'esperienza totalizzante, di cuore e pelle, che gli fa scoprire aspetti nuovi di sé e leggi inesorabili delle relazioni sociali che frenano e confondono le scelte libere:
“Tradire nient'altro voleva, in fondo, dire che consegnarsi interi alla propria libertà: la scelta di violare il vincolo per poi affrancarsi. Non occorreva disobbedire infatti se si voleva conoscere qualcosa, decidendo di incontrare prima o poi se stessi? (p. 113).
Un paesaggio umano aperto all'ignoto come quello che si spalanca dalla foce del Tago e vecchio di millenni come i tanti amori sbocciati e approdati lì, a Lisbona - o altrove – a trovare un'impossibile quiete. Perché l'amore non ubbidisce alla ragione e resta comunque avvolto nel mistero dell'incontro tra corpo e anima. Scrive Ruffilli a p. 76:
“Il corpo in verità conquista quello che l'anima sente di volere. E l'anima ottiene quello che il corpo istintivamente vuole… Ma è mai possibile distinguere l'una dall'altro? Dentro l'amore si incontrano il segreto e il sacro. Avevano ragione i greci a parlarne con timore nei Misteri.”
E di rimando Pessoa scriveva ad Ophélia: “A stringerlo così nella realtà carnale, il tuo corpo mi sembra l'incarnazione stessa del mistero…sta lì l'arcano della cosa, nel mescolarsi ad un'altra intelligenza e nel baciare sulla bocca una coscienza” (p.145).
Quello che non si può descrivere con una semplice recensione è la bellezza dello stile ruffilliano, della sua prosa ritmica e avvolgente, che trascina e sorprende pagina dopo pagina, in alti e bassi di descrizioni e passaggi che rimandano alla scansione netta delle sue poesie e si pervadono di rime, strutture metriche nascoste, parallelismi e metafore che impreziosiscono senza stancare, scorrono silenziose o impetuose come le acque dell'esistenza, in cui continuamente l'autore cerca un filo di lettura e di accettazione libera.
Il romanzo si chiude, quasi ciclicamente, con un altro volo in aereo, fluttuante ancora di monologhi, pensieri, sogni e ricordi, che si compongono rivivendo non solo l'esperienza appena conclusa, ma tutta la vita del protagonista sotto l'ombra illuminante dell'amato Pessoa, di cui si sente quasi una reincarnazione oppure ormai “una copia opaca” (p. 166), ma in via di raggiunto equilibrio.
Un romanzo da leggere come un viaggio nella vita, nell'amore, nel vortice di una vicenda in cui molti o si interrogheranno stupiti e si riconosceranno quasi commossi.
1 giugno 2025
Patrizia Fazzi
