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Conversazione su Dante, di Osip Mandelstam, edito da Adelphi e recensito da Siti

Conversazione su Dante, di Osip Mandelstam, edito da Adelphi e recensito da Siti

Conversazione su Dante – Osip Mandelstam – Adelphi – Pagg. 116 – ISBN 9788845935657 – Euro 13,00


Recensione di Siti


Un nuovo sguardo sulla Commedia in questo anno dantesco potrebbe far piacere. Un anno in cui abbondano le pubblicazioni su Dante è più pericoloso di tutti gli altri, anonimi , che hanno comunque già fatto fiorire una delle bibliografie più consistenti del panorama della critica letteraria. Allora, per non correre il rischio di incappare in studi inutili, tediosi e perfino capziosi, è meglio volgere lo sguardo indietro, verso la figura del poeta tra i fondatori dell'acmeismo, quello stesso poeta che dopo un'accoglienza promettente delle sue primissime raccolte di versi, “Pietra”, “Tristia”, “Il rumore del tempo”, si vide relegato ai margini del mondo intellettuale e poi estromesso del tutto con la condanna per “attività controrivoluzionaria”, morendo da deportato nel 1938, lontano dagli amici come Anna Achmatova e dalla amata moglie Nadja Chazina.
Lo sguardo di un poeta su un poeta è quanto di più illuminante ci possa essere per il comune lettore. Si tratta di entrare in contatto con una sensibilità unica che permette di leggere Dante ricordando che egli fu il sommo poeta. Suono e discorso, intrecciati, in presa diretta creano immagini fruibili solo al momento, la poesia non è riproducibile e tanto meno parafrasabile. La poesia è suono, pura fonetica, e l'italiano ha la capacità di riprodurre atavici suoni dal carattere infantile che le imprimono così una sorta di caratterizzazione quasi dadaista. Non solo, la poesia è materia, M. attribuisce alla poesia di dante tutte le forme di energia note alla scienza moderna: “l'unità di luce, suono e materia costituisce la sua natura intrinseca”. Suggestivi i passi in cui l'autore paragona la poesia di Dante al movimento, l'”Inferno” e il “Purgatorio” che “celebrano la camminata umana, la misura e il ritmo dei passi, il piede e la sua forma”, un movimento in cui “anche la sosta è una varietà di movimento accumulato : la piattaforma per una conversazione viene creata a prezzi di sforzi da alpinista. Il piede metrico è inspirazione, ed espirazione è il passo. Un passo che deduce, vigila, sillogizza.” Suggerisce inoltre, se questo già non bastasse, una lettura dei versi danteschi cercando di sforzarci a imparare a discernere al loro interno la musica prodotta dai singoli strumenti. In questo modo legge per noi il canto di Farinata aprendo la nostra mente ad altre suggestioni circa il comportamento di Dante, sempre inadeguato e impacciato, dentro il non luogo dell'inferno. O ancora, M. ritiene la D. C. un poema costituito da un'unica strofa, unitaria e indivisibile, “una figura cristallografica”, un poliedro a tredicimila facce, mostruoso per la sua regolarità”. Si sofferma poi sulla sovrapposizione stratigrafica della materia come tipico della cristallografia, ci illumina sulla presenza del colore nell'inferno e di come si possa allontanare l'idea che sia un poema a tinte fosche. Le pagine poi sulla lettura del XXVI della prima cantica sono bellissime, dense e complesse, stordiscono. Occorrerebbe citarle perché ogni piccola frase nella sua estrema sintesi racchiude una serie di sviluppi così che occorrerebbero delle pagine intere per renderle perfettamente intellegibili. Eppure, seppur in superficie ne cogliamo l'essenza. Come la poesia, le pagine di M. non si possono parafrasare. Posso solo invitarvi a leggerle, mettendo bene in evidenza che ho tralasciato di parlarvi di tanti altri spunti contenuti in un libello che contiene appena un centinaio di pagine.