Modalità pausa, di Patrizia Fazzi, edito da Prometheus e introdotto da Evaristo Seghetta Andreoli
Modalità pausa -. Patrizia Fazzi – Prometheus – Pagg. 80 – ISBN 978-88-8220-357-3 – Euro 15,00
Introduzione di Evaristo Seghetta Andreoli
Lo strapiombo dei cuori
Quanto sia difficile vivere e quanto sia complicata la vita è il tema di fondo della letteratura universale e ad esso, inevitabilmente, si attiene Patrizia Fazzi
anche in quest' ultima raccolta Modalità pausa, che si lega indissolubilmente a tutta la sua produzione poetica, avviata con Ci vestiremo di versi, raccolta
pubblicata un quarto di secolo fa, sino a Il tempo che trasforma, uscito nell'ottobre del 2020. E così la poetessa aretina prosegue a sfogliare il tempo con il linguaggio che le è più consono e naturale, ovvero quello lirico, perché di lirica si tratta e il canto trabocca da ogni pagina grazie alla capacità rara di saper cogliere gli aspetti del reale e del fantastico con l'acume proprio di chi ha fiuto per la poesia.
I primi testi rappresentano il manifesto poetico a cui fanno capo tutti i componimenti che seguono e la poesia di apertura è una sorta di proemio come usavano i classici. Certo, in questo caso, con il linguaggio del nostro tempo, ma che contiene tutta la forza dell'invocazione a dei e muse e, perché no, a sibille, che sembrano averci abbandonati in questo viaggio dentro “la capsula del tempo”, nascoste non si sa dove, oltre le dimensioni razionali:
Essere in una capsula del tempo
che nel cosmo viaggia
tra miriadi di stelle impazzite...
... intermittenti puntini di luce
a bucare la carta
dove come sibilla
trasformi visioni
in parole cometa. (La capsula del tempo)
Non ci sono più quelle divinità lucreziane, forse non c'erano neanche per lui, ma l'aspirazione umana a cercare il punto di riferimento metafisico resta immutata. Gli dèi, non citati esplicitamente, sovrastano gli spazi cosmici entro cui ci è dato di esistere. E cosa può fare l'uomo se non cercare di convivere con
una complessità così vasta che oltrepassa le capacità visive e logiche, se non affrontare con quel mix di fantasia e realtà il contingente? Le parole selezionate, soppesate, calibrate della poesia introduttiva, come del resto di tutti i testi, sono l'arma più potente che l'Autrice ha a disposizione e che sa usare per condurre il lettore in un viaggio che non conosce confini.
Un riferimento voluto alle teorie cosmogoniche la cui portata schiaccia l'uomo su questo sassolino ai margini della nostra galassia, ai margini dell'universo, ma anche in un viaggio interiore, alla fonte del pensiero o, meglio, ancor più in profondo, alla sorgente del sentimento.
Gli elementi salienti, frutto dell'audace spirito di osservazione operato su se stessa, ci forniscono il quadro del senso di solitudine e di disperazione che
affligge da sempre la condizione umana. Alle “parole cometa”, guida e mappa nella comprensione del tutto, ci possiamo affidare per circoscrivere qualcosa di
indefinito, quell'àpeiron che atterriva i pensatori greci arcaici e anche noi.
Gli interrogativi a cui l'intelligenza umana viene sottoposta sono un intreccio tra il macro e il micro, dalle succitate comete ai semi neri del kiwi, gli estremi, gli opposti, la luce e lo scuro, il giorno e la notte, in questa contrapposizione eraclitea di immagini in cui si sviluppa la dialettica lirica dell'opera di Patrizia Fazzi.
Ha il sapore acido del kiwi
il risveglio del mattino,
verde tenue con pallini neri
come gli aghi che bucano nascosti
e vogliono un sapore prelibato
per addolcire le spine incuneate...
(Il sapore del risveglio)
Si procede con il ricordo, con gli affetti, con i temi umani più vicini e quel sentore di nostalgia lacerante, ma non distruttivo, che piano piano cuce una trama che è poi quella della vita. E così si aprono, come tele sgargianti, riferimenti agli anni adolescenziali, a quelli degli studi seri e profondi, alla sete dell'Autrice di conoscere tutto il possibile per poi scontrarsi, purtroppo, come sempre accade, con il limite non solo della conoscenza quanto con quello della realtà spietata, insensata, che ti strappa gli affetti e il fegato, perché ciascuno è per se stesso il Prometeo di turno di fronte agli accadimenti che ci mettono a dura prova.
...Bisogna essere avvolti dal dolore
come una sindone che rivela l'essenziale,
scartavetra gli orpelli, li getta nel cestino
e ridà forma al sole che filtra dai vetri.
Bisogna perdersi nel labirinto del dolore
per ritrovare il filo più sottile
e tenace, il filo dell'amore. (Il dolore)
Nel procedere il canto si amplia e si arricchisce di colori descritti e inseriti con arte, un po' in tutte le liriche, tavolozze e tele che si ripropongono alla lettura
poetica, rivenienti da quel vasto substrato culturale, in questo caso artistico, su cui si fonda l'esperienza della nostra autrice. Poi il latino, il tanto amato latino a cui viene riservato un testo (Amoris vis) con devozione sacrale:
Longam amoris nostri historiam repeto,
in memoria quaerens pulcherrima nostrum,
in temporis linea ponens
initii prodigium - primum impraevedibile basium -
et ceteros novos dies, cordis laetitiam et crucem,
omnia superata spe ac timore... (Amoris vis)
Dal punto di vista tecnico si assiste allo sviluppo di un linguaggio musicale che, pur non seguendo letteralmente il canone, alterna versi quinari, ottonari
e endecasillabi che, nell'attenta disposizione degli accenti, dota l'intero lavoro di una musicalità piacevole quanto indispensabile per chi apprezza questo tipo
di espressività. In sintesi, nelle sei sezioni di cui si compone Modalità pausa, assistiamo ad un'elegia del XXI secolo scritta con grazia e leggiadria, ma anche
con vis e sincerità a tratti disarmante, con la volontà di racchiudere nel cuore l'universo inteso in senso stretto e le piccole cose quotidiane che compongono la miriade di mattoni su cui poggia la nostra esperienza di vita. E tutto sta in quella geniale diade con cui termina l'ultimo verso del primo componimento e con cui si chiude la raccolta: “parole cometa”.

