logo

L’annuncio

L'annuncio

di Renzo Montagnoli



Più rari sui quotidiani nazionali, quelli a grande tiratura, e più frequenti in quelli locali, fra i servizi figurano anche gli annunci mortuari, sovente occupanti la penultima o l'ultima pagina.

Non ho mai avuto una particolare passione a leggerli, ma da un po' di tempo, complice l'inesorabile avanzare dell'età, non passa giorno che diventino le prime notizie che vado a cercare. Fra i miei amici, quasi tutti diversamente giovani come me e anche loro interessati a quel servizio, si dice ridendo e con spirito scaramantico che si va subito a vedere se lì figurino anche i nostri nomi e che in assenza vuol dire che siamo vivi e che si può dare inizio alla giornata.

Ogni tanto non mancano le sorprese, nel senso che si apprende della scomparsa di gente che si conosce, ma di quello che è accaduto una decina di giorni fa mi corre l'obbligo, anche per uno sfogo, di parlarne un po'.

Ebbene, era un lunedì, giornata campale per i necrologi, perché la gente sembra morire soprattutto la domenica, quando scorrendo i vari annunci la mia attenzione è stata attratta da uno in particolare con cui si comunicava l'avvenuto decesso di Alberto Dimarco, di anni 72, come i miei, decesso avvenuto ad Asola, paesone della provincia; seguivano come d'uso l'indicazione della moglie affranta e dei parenti tutti, nonché la data fissata per il funerale (il giorno dopo). Mi è venuto quasi un colpo, perché Alberto è stato un amico d'infanzia, un vero amico, anche se era da una ventina di anni che non ci frequentavamo e non ci sentivamo. Problemi familiari miei (un divorzio) mi avevano indotto a gettarmi nel lavoro e grazie alla multinazionale dove ero occupato mi ero recato, per un incarico di alta responsabilità, in Venezuela. Là sono rimasto fino a poco tempo fa, senza avere più i contatti consueti, tanto più che ho trovato da consolarmi con una nuova moglie, molto più giovane di me.

L'annuncio funebre mi ha richiamato alla realtà, mi ha fatto comprendere che i ponti che credevo tagliati con il passato invece erano ben saldi, e così ho deciso di andare il giorno dopo ad accompagnare nell'ultimo viaggio il caro Alberto, una persona solare, un uomo che aveva una buona parola per tutti.

Da Mantova ad Asola sono pochi chilometri e sono arrivato velocemente, ma avevo letto male l'orario così che davanti alla chiesa ho trovato il feretro che ne usciva e quindi non mi restava altro che unirmi ai numerosi presenti e andare al cimitero.

Lì è avvenuta la tumulazione e una signora in gramaglie, la vedova, ha ritenuto opportuno ringraziare uno a uno gli intervenuti per la partecipazione. A onor del vero mi ricordavo diversa Elena, alta, slanciata e anche magra, e invece l'attuale era bassa e tracagnotta. Mi sono detto che con l'età tutti cambiamo, come sono mutato pure io, ma quando arrivata davanti a me mi ha teso la mano e mi ha chiesto chi fossi, al mio nome (Sergio Mazzoni) ha fatto un volto dubbioso, il che mi ha provocato una strana sensazione, perché anche in me stava sorgendo un dubbio e allora le ho chiesto: - Ma tu non sei Elena?

Lei mi ha guardato con un'espressione interrogativa, rispondendo semplicemente: - Sono Marisa.

Mi era rimasta un'ultima speranza e cioè che lei fosse una seconda moglie, ma mica potevo chiederle una cosa del genere, e allora mi sono ricordato che Alberto aveva un fratello più giovane, Giuseppe, e mi è venuta l'idea. - Scusi, non ho visto fra i presenti suo fratello Giuseppe.

- Suo fratello Giuseppe? Alberto era figlio unico! - è stata la risposta.

Sono diventato camaleontico, con il viso che si arrossava per poi arrivare al grigio opaco e ho balbettato : - Mi scuso, c'è stato un equivoco.- e sono corso via.

Con la coda dell'occhio ho visto la signora che mi indicava ad altri presenti e ho avuto chiara la certezza di aver fatto una figura…, insomma, non lo dico per decenza, ma è quella roba che si va a fare in bagno.

Ritornato a casa mi sono reso conto che almeno un aspetto positivo c'era, e cioè che che Alberto Dimarco, il mio amico, non era quello del necrologio e allora ho desiderato riallacciare i rapporti. Ho cercato su internet il suo numero di telefono, ma per Mantova città non l'ho trovato, ho provato a guardare in provincia e a Poggio Rusco ho trovato un Dimarco Giuseppe. Erano ormai le 21, ma ho deciso di chiamare lo stesso. Mi ha risposto una voce femminile chiedendo chi fossi.

- Sono Sergio Mazzoni.

C'è stato un attimo di silenzio, poi: -- Sergio, quanto tempo è passato, sono Elena.

- Scusa il disturbo, Elena, e scusa anche per i rapporti interrotti.

- Ti scuso, abbiamo capito quello che ti era successo con il divorzio, poi tu che sei andato a lavorare all'estero, ce ne siamo fatti una ragione.

- Ecco, se possibile, intendo rimediare, incontrarci di nuovo, e dato che mi sono risposato farvi conoscere mia moglie. Se puoi passarmi Alberto?

Un altro attimo di silenzio, indi: - Non è possibile, si vede che non hai saputo.

- Cosa non ho saputo?

- Dopo che eri partito per il Venezuela, non erano trascorsi nemmeno due mesi che Alberto ha avuto un incidente con la moto, un grosso incidente. Si è ferito gravemente, i medici hanno tentato quanto possibile, ma lui non è riuscito a uscirne vivo.

Credo di essere rimasto zitto abbastanza a lungo, perché la notizia mi ha sconvolto, e poi Elena si è rifatta viva chiedendo se ero ancora lì.

- Si sono ancora qui, sconvolto.

- E' stata dura, ma per fortuna che c'era Giuseppe che mi ha sostenuto, mi è stato vicino, e poiché da cosa nasce cosa, insomma per farla breve ci siamo sposati.

- Ah – e non credo di aver detto altro, anzi sgarbatamente ho messo giù il telefono.

Non potevo sapere di quel decesso, là il quotidiano locale non arrivava e io avevo rotto i ponti con il mio passato.

Non ho pianto, ma è come se fosse venuta a mancare una parte di me, per un breve istante ho rivisto dei volti più giovani, ridenti, amici dall'infanzia. E così anche Alberto era una pagina chiusa del mio diario, l'unico vero amico non c'era più; restavano i conoscenti, qualcuno più stretto, ma non ancora autentico amico. Camminare lungo questa lunga strada del tramonto senza un legame stretto (a parte mia moglie) non è poi così male, evita di soffrire quando qualcuno mi lascia, ma sarebbe anche di conforto sapere che c'è qualcuno che alla mia dipartita potrebbe provare il dolore che mi ha aggredito alla notizia della scomparsa di Alberto, sia quando ho letto il necrologio, sia soprattutto quando me l'ha detto Elena dopo che mi era nata invece la speranza di trovarlo vivo.

E' forse una consolazione da poco, ma avrebbe il significato che in questo percorso terreno si è rimasti nel cuore di qualcuno, e non mi si dica che è poco, perché invece è tanto.