Ballata di James Parcell, di Gianluca Ferrari
Ballata di James Parcell
(un senzatetto)
di Gianluca Ferrari
Ad ogni passo frantumo e ricompongo
il gregge esoso dei miei giorni sull'asfalto;
al fianco l'esile sogghigno di un carrello
da supermarket squassato dal latrato enorme
dell'avenue 328, da questo vento che sferza
cupe saracinesche, sgargianti
come barriere di corallo.
Sul petto di cartone ho scritto: canto,
t'insegno a cantare se mi salvi dalla dannazione –
il cielo è rubinetto sempre aperto
che scroscia inferni di silenzio.
Le mie nuvole – tersi smeraldi
incastonati nel cemento, fanno muovere soltanto
le speranze degli altri: sono i cartelli verdi
dei grandi raccordi.
Primavere graffiano le vertebre
simili agl'inverni, nei fianchi l'eco felina
delle buie arcate di ponte, di rapidissime comete
che perdono la scia rovente della subway
per lasciarmi sulla schiena un solo, beffardo secondo
di un mondo che più non riconosco.
Da Acquerelli gotici (edito in proprio, 2020)