L’occhio dei poeti, di Patrizia Fazzi, pubblicato da Edizioni del Leone e recensito da Giuseppe Marchetti
L'occhio dei poeti – Patrizia Fazzi – Edizioni del Leone – Pagg. 128 – ISBN 978-8873143475 – Euro 15,00
Affetti e viaggi nelle poesie di Patrizia Fazzi
Presentando la raccolta di Patrizia Fazzi, L'occhio dei poeti, pubblicata delle Edizioni del Leone (presentazione alla Corale Verdi oggi alla 17,30), Paolo Ruffilli scrive: “C'è, nella poesia di Patrizia Fazzi, una tenerezza espressa con eleganza di strutture, padronanza estrosa degli strumenti stilistici, delicatezza di modi e di toni, plessibilità melodica, leggerezza e insieme forza incisiva di immagini sempre nuove che sgorgano dal ‘laboratorio delle sue parole'”. E' un giudizio perfetto e ben argomentato. Ma potremmo aggiungere che “L'occhio dei poeti” vede anche oltre“, in un talvolta distinto e talaltra indistinto territorio del tempo e delle creature dove “la vita ha un suo soffio gentile | anche quando graffia | squarta la carne del cuore | inopinatamente arriva | – temporale estivo – | scuote le radici, | le tenere gemme sapzza | rivolta la terra dove | fino allora camminavamo lieti...”. E dunque questa poesia si si diffonde (e spesso anche si effonde) lungo margini che comprendono gli affetti, i sentimenti ispiratori della pittura, le dediche agli eventi e ai personaggi, i viaggi, le “soste del capogiro” come diceva Comisso, e le realtà di una vivacissima esistenza che appunto s'affida all'occhio dei poeti e della poesia per esistere. Patrizia Fazzi giunge a questa sua raccolta dopo una lunga interrogazione intima che l'ha portata a considerare l'esperienza letteraria come un'unica definizione della memoria, dei sensi e delle conoscenze culturali. Perciò la sua è una poesia aperta, che si china cioè sulle cose, le persone e i paesaggi – quelli esteriori della sua Toscana e quelli interiori dei dubbi e delle più silenziose interrogazioni – “sul filo stordente del tempo” e accanto ad una sottile compiacenza dell'essere e dell'esistere, che sono i termini ultimi della vocazione poetica là dove “l'infinito verbo” racchiude e custodisce voci e dediche e la paziente armonia dei giorni versati nei ricordi.
E così, allora, si ha la sensazione che l'ultima parola non sia mai detta e che l'occhio dei poeti diventi mente e cuore, scrittura e sogno, tempo di ore e tempo indefinito : una poesia che comprende se stessa, insomma, totale e “storica”, oltre ogni altra definizione.
Giuseppe Marchetti
