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Il rosmarino non capisce l’inverno, di Matteo Bussola, edito da Einaudi e recensito da Katia Ciarrocchi

Il rosmarino non capisce l’inverno, di Matteo Bussola, edito da Einaudi e recensito da Katia Ciarrocchi

Il rosmarino non capisce l'inverno – Matteo Bussola – Einaudi – Pagg. 160 – ISBN 9788806254483 – Prezzo Euro 16,50



Il rosmarino non capisce l'inverno” di Matteo Bussola è come una carezza inaspettata in una giornata fredda: ti scalda l'anima e ti invita a fermarti, a riflettere. Ogni pagina trasuda emozioni autentiche, delicate come la rugiada che si posa su un ramo di rosmarino al mattino. Attraverso un mosaico di storie intrecciate, Bussola ci accompagna alla scoperta di donne all'apparenza ordinarie, ma che rivelano una forza e una vulnerabilità capaci di togliere il fiato. Sono racconti di vita quotidiana, sì, ma con un'eco universale, capace di risuonare nel cuore e lasciare un segno profondo.
Le vite delle protagoniste si intrecciano come fili di un arazzo, creando un quadro vibrante della quotidianità femminile: Margherita, un'infermiera oncologica, vive ogni giorno a contatto con la malattia e la morte, scoprendo però che la sua scelta di vita è più una questione di dovere che di passione. Aurora, al contrario, sfida i pregiudizi radicati nella società con la sua decisione di non diventare madre, un atto di coraggio che difende con una determinazione ammirevole.
Poi ci sono Sara, Aika e Marika: tre donne che ridefiniscono il concetto di famiglia, costruendo insieme una casa che accoglie, riscalda e allontana il gelo dell'indifferenza. Tra queste pagine incontriamo anche una giovane donna che lotta con il cancro al seno, e sua madre anziana che, pur perdendo i ricordi, non smette di emanare una forza interiore straordinaria.
Al centro di tutto c'è l'amore: quello che sboccia contro ogni aspettativa, come l'infatuazione per un migrante, o quello che fiorisce in tarda età, con una bellezza senza tempo; le relazioni umane sono il cuore pulsante di queste storie, rivelando come ognuna delle donne ritratte da Bussola sia un tassello indispensabile di un grande mosaico.
Come il rosmarino che resiste al gelo e rifiorisce, le protagoniste affrontano il dolore e le avversità con una forza sorprendente, trasformando le cicatrici in germogli di speranza e rinascita.
La struttura narrativa è avvolgente, come un cerchio che unisce passato e presente, intrecciando vite e legami in un tessuto ricco e affascinante. Bussola scrive con delicatezza e intensità, portando il lettore in un viaggio che tocca le corde più profonde dell'anima.
Leggere Il rosmarino non capisce l'inverno è come conversare con un amico di vecchia data, ascoltando storie che parlano direttamente al cuore. È un invito a trovare forza e bellezza anche nei momenti più difficili, ricordandoci che la vita, proprio come il rosmarino, può rifiorire anche dopo gli inverni più rigidi.
In poche parole, questo libro è una gemma rara, e lascia nel lettore una sensazione di calore e speranza.



Citazioni tratte da: Il rosmarino non capisce l'inverno di Matteo Bussola

A cosa pensa una donna quando lascia qualcuno? Quando si innamora senza scampo? Quando non viene ritenuta all'altezza, quando le dicono che è troppo o troppo poco, quando le sembra di non capire una figlia, o una madre, quando comprende la fragilità di un padre, quando rifiuta destini già scritti o quando invece li accoglie, quando cerca di cavare il meglio che può dal poco che ha, quando viene ferita, tradita, umiliata, derisa, quando si ammala e il mondo la ignora o quando ha paura e nessuno la sente? Quando è triste o felice o arrabbiata o risoluta o crudele? Quando è accudente come una nonna oppure spietata come un nemico? Quando fin da piccola viene educata alla colpa, alla vergogna, a essere soppesata da occhi estranei, quasi che il suo corpo e la sua vita non fossero mai davvero suoi, ma sempre anche di qualcun altro? Quando si deve giustificare per la voglia di fare sesso o per quella di non volerlo fare? Quando deve soddisfare aspettative, aderire a immaginari, quando è troppo magra o troppo grassa o troppo giovane o troppo vecchia o troppo ignorata o troppo guardata e però mai, mai davvero vista? Quando si accorge che la maggior parte degli incontri è come il tramonto in autunno, dove una volta sparito il sole tutto si raffredda velocemente? Quando non si fida piú delle promesse? Quando non si arrende nonostante questo? Quando non crede alla vita dopo la morte ma vede invece la morte dentro ogni vita, come se tutto fosse sempre sul punto di cadere, nell'apparente fissità dei giorni?
A cosa pensa una donna quando, assordata dalle voci di tutti, capisce all'improvviso di avere soffocato la propria? Di non essersi mai davvero prestata ascolto?
Cos'hai pensato, tu, la mattina o il pomeriggio o la notte in cui, per la prima volta, lo hai capito?

Non posso fare a meno di pensare a quanto l'inizio e la fine, nelle nostre vite, convivano separati da una linea sottilissima. Come questo cancello arrugginito che divide chi resta da chi si congeda.

a volte ci sono cose che facciamo perché dobbiamo. Altre che invece facciamo perché vogliamo. Quasi fossimo abitate da due anime diverse. Di solito fare quello che vogliamo è un atteggiamento piú frequente nella nostra giovinezza, insomma nella prima parte della vita. Io invece ho invertito l'ordine degli addendi, diciamo ».

È solo che, magari, ogni tanto, ci illudiamo di salvare chi amiamo provando a salvare qualcun altro che ce lo ricorda, tutto qui. Ma le persone perdute restano perdute. E noi restiamo noi, disperati e alla ricerca di un'infinita redenzione, di una felicità uguale a quella di prima. Che non arriverà.

l'essere genitore non ti trasforma in automatico in una brava persona. E che l'avere tredici anni non ti mette in salvo da niente.

Un'infanzia felice può essere la peggior preparazione al seguito.

Childfree, ci chiamano, perché c'è un inglesismo pronto a indorare ogni giudizio non richiesto. Free come fossimo del tutto libere, e invece siamo costantemente prigioniere dei pregiudizi, delle aspettative sociali, delle speranze mal riposte.

Quand'è che le parole d'amore diventano di seconda mano? Dopo essere state usate quante volte, ascoltate da quante orecchie? Da quante persone differenti?

La cosa che mi distrugge è che il tuo tradimento getta la sua ombra anche su ciò che è stato prima, come quando scopri che la diagnosi di una patologia non è che l'evidenza di un male che ti stava divorando dentro da anni, in attesa solo del momento buono.

Un'assenza può continuare a essere una presenza, se in vita si è stati persone degne.

Nell'innocenza del nostro desiderio di incoraggiare, bisognerebbe badare un po' di piú alle parole. Se non sopravvivi a una malattia non significa che non sei stato abbastanza guerriero, o che hai combattuto di meno. Chi ce la fa, a volte, ha solo avuto piú fortuna. E bisognerebbe lasciare il sacrosanto diritto, a un malato, di sentirsi fragile, debole, sconfitto o incazzato. Bisognerebbe evitare di caricargli, oltre al peso della malattia, quello del dover guarire per non deludere le persone a lui care, che gli dicono «forza, sei un guerriero, ce la fai».

* Nelle citazioni riportate, non ci sono i riferimenti alle pagine, perché ho ascoltato il libro su Audible.



Katia Ciarrocchi


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