Ai margini del bosco, di massimolegnani
Ai margini del bosco
di massimolegnani
Qualcuno gli aveva parlato di un percorso antico, il sentiero del viandante, che di recente era stato ripristinato da un'associazione ambientalista locale. Gregorio Lizzi si era subito informato presso l'agenzia del turismo, procurandosi brochure esplicative e mappe dettagliate: il tracciato, che si snodava dalla periferia nord della città per una decina di chilometri, attraversava la campagna, sfiorava il lago, scavalcava due colline e infine s'inerpicava sul poggio dominato dal castello, visibile sin dalla partenza e circondato da un bosco di castagni. Incuriosito dai riferimenti storici, la ricostruzione di un insediamento dei Salassi nei pressi del lago, il selciato romano riaffiorato in qualche tratto, le pietre numerate che scandivano i tornanti nella salita finale un tempo utilizzata dalle carrozze, aveva deciso di affrontare la camminata, nonostante lui fosse uomo da libri e da eventi di città più che da immersioni nel verde della natura.
Era partito di buon mattino, scarponcini comodi, bastone da passeggio, giacca a vento che dopo poco si tolse, la giornata di inizio primavera si prospettava più calda del previsto.
Gregorio procedeva di buon passo ma ben presto si rese conto che qualcosa non andava, una sorta di malessere che andava aumentando. Non capiva se a tradirlo fossero le gambe con una fiacchezza imprevista o la testa, che vagava distratta, incapace di sintonizzarsi con i messaggi che i cinque sensi le inviavano. È che lui al potere dei sensi non aveva mai creduto, li considerava unicamente come un supporto alla ragione, mai come fonte autonoma di emozioni. La giornata che aveva predisposto con tanta cura stava naufragando in un mare d'apatia. Provò a contare i passi per sapere la distanza che mancava e a calcolare l'età delle pietre come se in questo modo potesse riprendere il controllo del tempo e dello spazio e raddrizzare la giornata.
Gregorio con tutto il suo sapere razionale non capiva che quella camminata, per riuscire bene, non richiedeva calcoli e controlli quanto ascolto e contemplazione, cose di cui lui era sprovvisto. Ancora non aveva alzato una volta gli occhi al cielo terso solcato da uccelletti cinguettanti a cui comunque non avrebbe saputo dare un nome, né si era ancora accorto della fioritura che proprio in quei giorni era esplosa e riempiva di mille colori il suo cammino.
Quasi di malavoglia era arrivato alla base dell'ultimo poggio, ma ai margini del bosco si arrestò: lì era racchiuso un mondo che non lo interessava, il fogliame che rinverdiva, le ghiandaie che sfrecciavano da un albero all'altro, i ciuffi di primule disseminati sui bordi del sentiero, le macchie gialle delle ginestre, i profumi e i suoni sconosciuti della natura in risveglio, i suoi sensi registravano ogni cosa senza però innescare in lui alcuna emozione. Avrebbe dovuto lasciarsi andare, penetrare nel bosco con l'umile curiosità del novizio, farsi coinvolgere dai sensi, sentirsi piccola parte di un tutto ben più grande, ma Gregorio non ne fu capace.
Cavò di tasca il cellulare e consultò gli orari delle corriere dal paese più vicino. Per lui la gita finiva lì.