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Perduto è questo mare, di Elisabetta Rasy, edito da Rizzoli e recensito da Katia Ciarrocchi

Perduto è questo mare, di Elisabetta Rasy, edito da Rizzoli e recensito da Katia Ciarrocchi

Perduto è questo mare – Elisabetta Rasy – Rizzoli – Pagg. 240 – ISBN 9788817176576 – Euro 18,00




Una lettura che non sono riuscita ad abitare


Mi capita raramente di sentirmi spaesata dentro un libro, ma con Perduto è questo mare di Elisabetta Rasy è successo. L'ho ascoltato in versione audiolibro, sempre per la serie “i candidati al Premio Strega 2025”, attratta soprattutto dal titolo evocativo e dalla promessa di una narrazione colta, intima, nostalgica. Avevo alte aspettative: una scrittrice dalla prosa raffinata, una trama che annuncia un viaggio nel passato, un legame complesso tra padre e figlia, la Napoli degli anni Cinquanta a fare da sfondo. Eppure, qualcosa non ha funzionato. Con questo romanzo non sono riuscita a entrare in sintonia, a farmi portare dalla corrente del suo “mare”.
La voce narrante dell'audiolibro – impeccabile per dizione e tono – non è bastata a farmi sentire dentro la storia, forse è stata proprio la scelta dell'ascolto, invece della lettura cartacea, a impedirmi di cogliere tutte le sfumature di una scrittura che, indubbiamente, ha una sua densità poetica. Ma forse c'è di più.
La narrazione si muove in modo circolare, frammentato, quasi onirico, non c'è una trama lineare da seguire passo dopo passo: i ricordi si accavallano, i piani temporali si sovrappongono, e il senso di smarrimento diventa presto predominante. Rasy intreccia esperienze personali e riflessioni letterarie, e lo fa con grande consapevolezza stilistica, ma io – lettrice – non sono riuscita a trovare un appiglio. Non ho sentito quella scintilla emotiva che mi fa affezionare ai personaggi o che mi fa desiderare di voltare pagina, o – in questo caso – di ascoltare ancora.
La figura del padre, centrale eppure sfuggente, mi è sembrata tratteggiata più come un'ombra che come una presenza viva. E forse è proprio questa l'intenzione dell'autrice: raccontare l'assenza, la perdita, la distanza. Ma io non sono riuscita a sentirla vibrare davvero, quella mancanza. E quando nel testo compare Raffaele La Capria, nella cornice della sua morte recente e nel suo ruolo quasi guida, ho sentito che stavo leggendo un libro per chi ha già condiviso un certo linguaggio, una certa memoria letteraria. Io, invece, mi sono sentita un po' esclusa.
Mi sono chiesta più volte se fosse un mio limite, forse non era il momento giusto per questa lettura, forse non avevo gli strumenti giusti per decifrarla. Eppure, mi piace pensare che ogni libro incontri ogni lettore nel tempo opportuno, e che, se qualcosa non scatta, non è per forza colpa di nessuno. Alcuni testi hanno bisogno di essere riletti, magari in silenzio e su carta, per svelare il loro cuore; sicuramente Perduto è questo mare merita un secondo approccio, in un altro tempo.
Per ora, rimane per me un libro elegante ma distante, prezioso ma non coinvolgente. Un'opera che – lo riconosco – ha una scrittura solida e un'intelligenza narrativa notevole, ma che non sono riuscita ad amare. Non tutti i mari si lasciano attraversare facilmente, e questo, almeno per me, è rimasto perduto.


Katia Ciarrocchi


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