L’Agnese va a morire, di Renata Viganò, edito da Einaudi e recensito da Franca Canapini
L'Agnese va a morire – Renata Viganò – Einaudi – Pagg. 250 – ISBN 9788806222178 – Euro 12,00
Qui le donne reali e immaginate “sono in guerra”; combattono al pari degli uomini.
L'autrice infatti, ex tenente partigiana nelle valli di Comacchio, inventa e ci consegna un personaggio femminile ispirato a una partigiana conosciuta direttamente.
Agnese è una delle tantissime persone che la guerra non l'hanno voluta, ma ne hanno subito tutto l'orrore. Lei, contadina e lavandaia, con l'amato marito a carico perché ammalato di tisi si trova suo malgrado nel ciclone.
Dopo l'8 settembre, l'invasione tedesca d'Italia, la formazione delle Repubblica di Salò, i Tedeschi catturano il marito (Palita) il suo unico affetto e lo deportano perché antifascista. Lei capisce che, debole e ammalato, morirà, non lo vedrà più. Le rimane il gatto caro a Palita, ma un Tedesco ubriaco gli spara uccidendolo. Il dispiacere si trasforma in furia, e quando il Tedesco Kurt si addormenta, gli spacca la testa con il calcio del mitra.
E' così che “L'Agnese va a morire”. Presa coscienza di ciò che ha fatto, corre ad avvertire i partigiani, per i quali già faceva la staffetta, del pericolo di rappresaglia. Intanto i Tedeschi sterminano i vicini e le incendiano la casa.
Ora non ha più niente della vecchia vita. Inizia la sua seconda vita di attempata, grossa donna goffa, lavoratrice instancabile fino a sanguinare per la causa, per la libertà dal nazifascismo e soprattutto per quei giovani combattenti per i quali diverrà la “grande madre”.
Tante e terribili le prove che dovrà affrontare prima della morte annunciata.
Agnese è la donna che conosce e accetta il SACRIFICIO per il bene degli altri, prima del marito poi del comandante, dei giovani combattenti, della causa. E' la donna all'inizio timida e ubbidiente che non si prende mai cura di sé, pur avendone bisogno. Serve tutti, vuole il bene di tutti prima del suo e affronta prove estreme per nutrirli, scaldarli, curarli.
Vittima dei potenti che decidono le guerre e le fanno subire alla povera gente, sola, Agnese si ribella all'ingiustizia, alla derisione, alla crudeltà, sceglie da che parte stare e “fa quello che va fatto”.
Giorno dopo giorno, vicenda dopo vicenda, impara, trova soluzioni ai problemi, diviene sempre più consapevole e sicura di sé: lei è lì perché i Tedeschi le hanno ucciso Palita e il gatto di Palita e lei ha ucciso il tedesco che ha ucciso il gatto. Lei è lì per aiutare, fare, rifocillare e non si riposa mai, anche quando sente che il cuore non ce la fa più.
E'una storia dura quella di Agnese che ci racconta la lotta partigiana nelle valli di Comacchio con grande realistica crudezza. I Tedeschi ammazzano i singoli, compiono stragi, torturano, impiccano, sbudellano donne; i partigiani, relegati nei casotti delle paludi, d'estate dentro i canneti, d'inverno nelle case allagate o isolate dalla palude ghiacciata, organizzano azioni, assalti, colpi. A volte tornano vittoriosi contando i nemici uccisi, a volte sconfitti contando i propri morti.
Intanto gli angloamericani bombardano e distruggono paesi e campagne. Paracadutano armi e viveri per i partigiani ma, in vista dell'inverno, rallentano la marcia verso Nord, lasciandoli soli. Mitragliano pure dove non dovrebbero, distruggendo anche i rifugi dei resistenti e alla fine della vicenda, nell'azione partigiana che prevede di oltrepassare le linee nemiche per unirsi agli alleati, quest'ultimi sparano nel mucchio uccidendo consapevolmente anche i patrioti.
Poco dopo anche la grande madre viene riconosciuta dal maresciallo amico di Kurt e viene abbattuta. Tanto lo si sapeva fin dall'inizio che per lei non ci sarebbe stata speranza di futuro.
Renata Viganò ci offre un quadro impietoso e realistico di ciò che è la guerra, ogni guerra. Il coraggio dei combattenti, il loro sacrificio, come quello della titanica Agnese, non ne riscatta gli orrori, la bestialità, l'abbrutimento di tutti.
Da augurarsi che possano avverarsi le parole che Agnese rivolge al giovane Clinto nel salutarlo
“…Dopo sarà un'altra cosa. Io sono vecchia e non ho più nessuno. Ma voialtri tornerete a casa vostra. Potrete dirlo quello che avete patito, e allora tutti ci penseranno prima di farne un'altra di guerre…”
Ecco…PENSIAMOCI!
Franca Canapini
