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La ballata della Città Eterna, di Luca Di Fulvio, edito da Rizzoli e recensito da Katia Ciarrocchi

La ballata della Città Eterna, di Luca Di Fulvio, edito da Rizzoli e recensito da Katia Ciarrocchi

La ballata della Città Eterna Luca Di Fulvio – Rizzoli – Pagg. 240 – ISBN 9788817153942 – Euro 20,00


Roma, fuoco e cuore. La mia prima volta con Luca Di Fulvio


La ballata della Città Eternaè il primo libro che leggo di Luca Di Fulvio, e mi ha conquistato. È un romanzo storico ambientato nella Roma del 1870, ma soprattutto è una storia di giovani, di sogni e di lotta. Un libro che mi ha sorpreso per la forza dei personaggi e per la capacità dell'autore di intrecciare avventura, sentimento e impegno civile con una scrittura viva e coinvolgente.
La storia prende forma in una Roma sospesa tra l'eco di un impero perduto e il grido di un popolo che sogna la libertà. Una città viva, polverosa, sporca e bellissima, che non fa da sfondo, ma respira e si muove insieme ai suoi protagonisti, è una Roma che ammalia e ferisce, che accoglie e tradisce.
Ho amato Pietro, orfano, ferito dalla vita, arriva a Roma senza radici ma con uno sguardo pulito, desideroso di capire il mondo, e proprio quello sguardo diventa la sua forza: la fotografia. Una macchina tra le mani, e la realtà che prende forma, resta, testimonia, in un tempo in cui le parole spesso non bastano, Pietro scatta, e ogni scatto è un gesto di resistenza, una verità che non può essere taciuta.
Eppure, a far crescere Pietro non è solo il suo talento, è anche l'amore, discreto ma potente, di una donna straordinaria: colei che lo ha adottato e che ha scelto di proteggerlo con coraggio e dignità, in una società che non perdona chi va controcorrente. È una figura femminile di rara intensità: forte, generosa, capace di combattere con le unghie e con l'intelligenza. In un mondo ancora dominato da uomini e potere, lei è la prova che la forza si può incarnare anche nella tenerezza, nella tenacia silenziosa, nella scelta di dare futuro a chi non ne aveva più.
È grazie alla fotografia che Pietro diventa testimone e protagonista di un tempo che cambia. È attraverso l'obiettivo che scopre il volto di Marta, così diversa, così viva, Marta, cresciuta tra le tende del circo, ma destinata a qualcosa di più grande. Anche lei, come Pietro, porta dentro una fame di giustizia, di riscatto, non solo per sé, ma per tutti, per un'Italia che ancora non esiste, ma che nei sogni di questi giovani comincia a delinearsi.
Accanto a loro si muove un gruppo eterogeneo di giovani appassionati, ribelli e sognatori, si incontrano in una Roma che sa essere crudele, ma che è anche grembo di rivoluzione. Ragazzi e ragazze che credono davvero di poter cambiare la storia, che parlano di repubblica, di uguaglianza, di un'Italia libera e unita.
In questo fermento di idee e ideali, spicca una figura che ho trovato profondamente toccante: il nonno di Marta. Un uomo saggio, ruvido, ma giusto. Un uomo che ha attraversato gli anni e le lotte e che, con i suoi silenzi e le sue parole misurate, rappresenta il ponte tra il passato e il possibile futuro.
Luca Di Fulvio ha una penna che avvolge: racconta con la naturalezza di chi ha interiorizzato la Storia, ma non te la impone mai, te la fa vivere, ti fa sentire l'odore acre della polvere da sparo, la stretta dei vicoli, il calore del circo, la freddezza dei palazzi nobiliari, il tremore delle mani giovani che stringono volantini sovversivi.
Certo, alcune svolte sono forse un po' cinematografiche, e c'è chi potrebbe trovare certi passaggi fin troppo luminosi in un'epoca così buia. Ma è proprio questo che rende il romanzo una ballata: ha il ritmo della vita che sogna, che lotta, che non si arrende.
Quando ho chiuso il libro, ho sentito quel leggero spaesamento che solo le storie che ti coinvolgono davvero sanno lasciarti. E la voglia di leggere ancora Di Fulvio, per continuare a esplorare mondi così pieni di umanità. Se volete perdervi in una città eterna e ritrovarvi un po' cambiati… allora questa ballata è anche per voi.


Citazioni tratte da: La ballata della Città Eterna

«Ma la vita è così. In particolare quella dei pezzenti come noi. Ora scegli. Puoi piangerti addosso, o rimboccarti le maniche. È un bivio. O eterna vittima o protagonista del tuo destino.»

«Ringrazia Dio di essere qui» riprese Nella. «E sai perché? Perché in un mondo così schifoso è più facile sognare. Non hai altro che quello.» Abbassò la voce. «Ma se smetti di sognare… se molli, allora sei fregato.» Indicò dei passanti che ciondolavano per strada. «Quasi tutti quelli che invecchiano qui sono persone che hanno smesso di sognare. Li vedi come trascinano i piedi? Stanno aspettando la morte, rassegnati. Chi invece ha lottato per i propri sogni non è più qui. Se ne è andato.» Individuò tra la folla un vecchio. «Ma guarda lui, per esempio. Lo vedi che ha un sorriso sottopelle? Che cos'ha da sorridere se è ancora qui? Io lo so. Quel vecchio ha sognato per suo figlio, ci scommetto. E suo figlio non è più qui. E per quel vecchio è come se ce l'avesse fatta lui stesso.» Prese tra le mani la testa di Pietro. «Ti è chiaro? Tu sei uno di quelli che ce la faranno, credi a me. Ma devi sognarlo.»

«La fotografia è la mia più grande passione, signore.» Pietro gli allungò gli scatti del giorno precedente.
«Ah, ottimo!» fece il principe. Guardò la prima. «E questa cosa sarebbe?» disse storcendo la bocca.
«La foto di un gatto che mangia un topo morto.»
«Lo vedo» commentò il nobiluomo, scuotendo il capo. Guardò anche la seconda e poi la terza. «Un barbone e dei ragazzini che giocano con lo sterco dei cavalli? Mi stai pigliando in giro?»
«Neanche per sogno, signore.»
«Io invece credo di sì» fece il principe, piccato e irritato. Agitò in aria le fotografie. «Questa è robaccia!»
«Signore, questa è la vita vera» gli tenne testa Pietro.
«Il fine dell'arte è mostrare il bello!»
«Io non so se la fotografia è un'arte, signore» rispose Pietro. «Per me deve mostrare la realtà.»
«Tu devi dare speranza!»
«E non verità?»
«E che verità sarebbe questa?» il principe perse le staffe.
«Voi avete guardato il barbone» rispose Pietro. «Io invece vedo l'uomo in marsina. Un uomo ricco che ne scavalca un altro, miserabile e disperato, come se non esistesse.»




* Nelle citazioni riportate, non ci sono i riferimenti alle pagine, perché ho ascoltato il libro su Audible.



Katia Ciarrocchi



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