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L’arte della gioia, di Goliarda Sapienza, edito da Einaudi e recensito da Katia Ciarrocchi

L’arte della gioia, di Goliarda Sapienza, edito da Einaudi e recensito da Katia Ciarrocchi

L'arte della gioia – Goliarda Sapienza – Einaudi – Pagg. 540 – ISBN 9788806219673 – Euro 16,00



L'arte della gioia di Goliarda Sapienza edito Einaudi è la mia scoperta letteraria del 2025.
L'ho trovato quasi per caso, incuriosita da un titolo che suonava come una promessa e anche un enigma. Non sapevo cosa aspettarmi, e invece ho incontrato il romanzo che porterò con me più di ogni altro. Un libro che non si lascia definire, che straripa dai confini di genere, di morale, di tempo, un libro che è un viaggio, un'esperienza, un impatto, e che ha una protagonista, Modesta, capace di restare dentro per sempre.
Goliarda Sapienza ha scritto L'arte della gioia tra il 1967 e il 1976, in un momento di profonda solitudine creativa. Nessun editore volle pubblicarlo allora: troppo lungo, troppo scandaloso, troppo libero. Fu definito “inadatto al pubblico italiano, un giudizio che oggi fa quasi sorridere, se non fosse tragicamente simbolico. Solo dopo la morte dell'autrice, nel 1996, il romanzo è stato recuperato grazie all'instancabile lavoro del compagno Angelo Pellegrino, che custodì gelosamente il manoscritto.
L'arte della gioia racconta la vita di Modesta, nata il 1° gennaio 1900 nella campagna siciliana, in una famiglia devastata dalla miseria, dalla violenza e dalla superstizione. A dieci anni, Modesta prende in mano il proprio destino con un gesto ambiguo e crudele, e da lì comincia il suo cammino verso una forma di libertà che non ha precedenti nella letteratura italiana. Passa dal convento alla nobiltà, dalla povertà all'agiatezza, da un amore all'altro senza mai appartenere a nessuno. Rifiuta ogni etichetta, ogni ruolo prestabilito, ogni morale imposta. Modesta è madre, amante, intellettuale, politica, anarchica, manipolatrice, rivoluzionaria: è carne e pensiero, un essere umano in costante evoluzione. Non cerca l'approvazione, cerca la verità.
In Modesta c'è una lucidità spietata, una consapevolezza feroce, ma anche una profonda tenerezza, che si rivela solo a tratti, come una fenditura nella pietra. Cresce, sbaglia, ferisce, ama, tradisce, crea e distrugge, ma sempre resta fedele alla propria idea di libertà. In questo senso, è una figura sconvolgente, non un modello, ma un richiamo, una provocazione che ci costringe a chiederci: quanto siamo davvero liberi? E quanto siamo disposti a pagare per esserlo?
Il romanzo attraversa l'intero Novecento, con una scrittura che non ha nulla di accademico, è viva, densa e soprattutto piena, Goliarda Sapienza non descrive: incarna. Modesta ci parla in prima persona, e nel suo racconto c'è tutto il peso e la leggerezza di una vita intensa. La narrazione scorre come un fiume in piena, senza argini, con capitoli lunghi, spesso senza pause, come se il pensiero non potesse fermarsi. È una sfida al lettore, che però viene ripagato da una profondità rara, non c'è una pagina che non lasci qualcosa.
Leggere L'arte della gioia è anche un viaggio nella storia d'Italia, la Sicilia di inizio secolo, il fascismo, la guerra, il dopoguerra, i movimenti operai e femministi. Ma tutto questo resta sullo sfondo, perché il vero centro è lei, Modesta, con la sua intelligenza implacabile e il suo corpo mai censurato, le sue relazioni, con donne e uomini, con figli propri e non, con i padroni e i servi, sono strumenti per capire sé stessa, non per costruire una morale. E questo rende la sua storia ancora più attuale, perché parla di autodeterminazione, di identità fluida, di resistenza contro ogni tipo di oppressione.
Mi ha colpita il modo in cui Goliarda Sapienza dà voce a una donna che avrebbe potuto restare ai margini, e invece sceglie di prendersi tutto. Modesta non è regina per nascita, lo diventa con la forza, con la volontà e soprattutto con coraggio. È questo a renderla indimenticabile: il suo cammino, da bambina abusata a donna libera, lucida, spietata e capace di amare davvero.
C'è una frase che Modesta ripete spesso, e che contiene il senso profondo del libro: “La gioia non è un dono, è un'arte.” Un'arte che si impara vivendo, sbagliando, osando ma anche soffrendo. Ma mai rinunciando a sé stessi.
Non so se questo libro piacerà a tutti, ma so che non lascia indifferenti, è un romanzo che ti sfida, ti sconvolge, e sicuramente ti insegna a guardarti dentro. Non c'è un solo aspetto della vita che Modesta non attraversi: sesso, amore, potere, maternità, fede, morte. E lo fa con una libertà che ancora oggi fa tremare le vene nei polsi.
Per me, L'arte della gioia è stata una rivelazione, una lettura che ha lasciato un solco profondo, e che, sono certa, mi accompagnerà per molto tempo ancora.


Citazione tratta da: L'arte della gioia di Goliarda Sapienza

Bevevo quelle righe leggere, a volte cancellate dal tempo, come se fossi io Beatrice. le rubavo il posto. Sentivo la voce di Jacopo che da quei fogli mi guidava a non leggere in maniera caotica, come diceva lui, ma con un metodo, il suo metodo. Alla fine del Candido una nota diceva: rileggere Interpretazione della natura di Diderot. Aperto il libro, quel: “Giovane, prendi e leggi” mi afferrò alla gola; ma soprattutto il postscriptum mi commosse: “Giovane, ancora una parola e ti lascio.
Abbi sempre presente alla mente che la natura non è Dio; che un uomo non è una macchina; che un'ipotesi non è un fatto: e sta sicuro che non avrai ben compreso, là dove crederai di scorgere qualche cosa di contrario a questi principi”.

La verità è che quando trovi la donna giusta o l'uomo giusto, allora è di dovere intendersi. Il corpo uno strumento delicato è, più d'una chitarra, e più lo studi e più l'accordi all'altro, più diventa perfetto il suono e forte il piacere. Ma tu ti devi aiutare e aiutarmi. Non ti devi vergognare. Ecco, io ora faccio lento lento e tu seguimi. E quando senti crescere il calore me lo devi dire, ca io t'aspetto, e insieme ci tramortiamo.

Ma dopo questo attimo di smarrimento, già il calore della sua guancia sulla mia mi strappa da quella vertigine di lontananza.

E Joyce?
Sempre più bella nella sua morte apparente gira per casa, spia i visi, gelosa, fa capricci. Ma noi dell'isola sappiamo come convivere coi morti, quietarli se conviene, ma non credere mai quando dicono:
Eravamo così felici. Modesta, cosa è accaduto?
E accaduto che non ti accontentavi di niente inseguendo un tuo sogno di perfezione, e ora giaci sepolta a tre metri sotto la terra del mio giardino e vorresti tornare a ieri.

Mi rifiutasti allora perché non volevi padroni e sono tornato da te per sapere. Oh, non voglio risposte di parole, non sono cose che si imparano a parole. Ti ho guardata, ho guardato i tuoi figli e ti guardo ora.
E che vedi?
Grande libertà di mente e di movimenti! Come hai fatto a conquistarti tanta libertà? Laggiù a villa Suvarita non si sono nemmeno meravigliati della tua uscita.
Li ho abituati.
E come?
Concedendo a loro la stessa libertà. Quando erano piccoli un po' per non sentirli, un po' per avvezzarli me ne andavo a Catania in albergo. S'ha da porre distanza con quelli che si ama, la distanza chiarifica quasi più della Certa.

Perché la giovinezza e la vecchiaia non sono che un'ipotesi.

* Nelle citazioni riportate, non ci sono i riferimenti alle pagine, perché ho ascoltato il libro su Audible



Katia Ciarrocchi


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