Figlie del silenzio, di Francesca Silvestri, edito da Les Flâneurs e recensito da Katia Ciarrocchi
Figlie del silenzio – Francesca Silvestri – Les Flâneurs - Pagg. 184 – ISBN 9791254511985 – Euro 16,00
Il
silenzio, a volte, pesa più delle parole. È questo il sentimento
che attraversa Figlie
del silenzio di Francesca
Silvestri,
romanzo che scava nella memoria familiare e nella condizione
femminile del primo Novecento per riportare alla luce una storia
rimossa. La protagonista dimenticata è Alaide Fabbrini, donna
inquieta e fragile, nata nel 1898 e morta giovanissima nel 1929,
subito dopo la nascita del suo primo figlio. Di lei rimangono poche
tracce: fotografie sfocate, diari incompleti, frammenti che sembrano
più segnali di un oblio volontario che testimonianze di vita.
È
la pronipote Matilde, archivista e voce contemporanea, a raccogliere
quei brandelli di passato. La sua indagine non è solo genealogica,
ma è una ricostruzione che diventa atto di giustizia, gesto di
restituzione di dignità. Matilde si chiede perché una donna sia
stata volutamente dimenticata e trova, nel suo cammino, un doppio
riflesso: scoprire Alaide significa interrogare se stessa,
riconoscere i fili invisibili che legano le generazioni, dare voce a
chi è stato ridotto al silenzio.
Il
cuore della vicenda si snoda attorno a un crollo psichico,
giovanissima, Alaide scopre una verità sconvolgente che riguarda la
sua nascita, rivelazione che destabilizza profondamente la sua
identità e segna l'inizio di una discesa nella malattia mentale. I
ricoveri in manicomio, luogo che in quegli anni rappresentava più
un'istituzione di contenimento che di cura, diventano la cornice
della sua esistenza. È lì che conoscerà colui che diventerà suo
marito, non un amore libero, ma il rapporto asimmetrico con il suo
psichiatra, che suggella in modo paradossale la contraddizione tra
bisogno di protezione e ulteriore vincolo.
Un
ruolo altrettanto decisivo lo gioca quindi il matrimonio, che più
che rifugio diventa un'estensione del suo destino tragico. Da un
lato, risponde alle aspettative sociali; dall'altro, accentua
l'inadeguatezza di Alaide nei panni di moglie e madre. La sua morte
precoce, pochi mesi dopo aver dato alla luce un figlio, suggella
questa parabola dolorosa e rende il silenzio che la circonda ancora
più lacerante.
Accanto
a questa vicenda si affaccia anche la presenza di un'amica
pittrice, figura libera e anticonvenzionale che per Alaide
rappresenta un varco possibile verso un altro mondo. Per non togliere
al lettore il piacere della scoperta, è giusto accennare soltanto
che questo legame diventa uno specchio di ciò che Alaide avrebbe
voluto essere, ma che la società del tempo le ha negato.
Il
romanzo di Silvestri si muove dunque su più livelli, è storia
familiare, inchiesta archivistica e al tempo stesso riflessione
sociale. Perché il destino di Alaide non è un caso isolato, infatti
il libro illumina una realtà storica fatta di conventi e manicomi,
strumenti attraverso i quali la società relegava le donne che non si
conformavano a ruoli stabiliti. Donne “troppo
sensibili”,
artistiche, anticonvenzionali venivano allontanate e cancellate, come
se l'emarginazione fosse un atto naturale.
La
scrittura è chiara, sobria, capace di far percepire il peso delle
assenze e la tensione del mistero. Silvestri costruisce la narrazione
attraverso un graduale svelamento, con la tecnica di chi sa dosare i
dettagli per condurre il lettore in profondità, senza mai sciogliere
completamente il nodo fino alle ultime pagine. L'effetto è un
romanzo breve ma denso, che lascia domande sospese e spinge a
riflettere sul valore della memoria e sul diritto di ogni individuo a
non essere dimenticato.
Se L'arrocco,
esordio dell'autrice, era un romanzo più politico e ad ampio
respiro, qui la scrittura si concentra sull'intimo, sull'invisibile
che attraversa le generazioni. Eppure, il filo conduttore resta lo
stesso: la memoria come atto di resistenza.
Figlie
del silenzio è
un libro che si legge con emozione e turbamento, perché restituisce
dignità non solo ad Alaide, ma a tutte le donne che la storia ha
tentato di cancellare. È una narrazione che ci ricorda quanto sia
fragile la memoria, ma anche quanto potente possa essere il gesto di
riportarla alla luce.
Citazioni tratte da: Figlie del silenzio di Francesca Silvestri
A ogni scelta corrisponde una rinuncia. Che poi il destino fosse incarnato in quegli anni dall'ideologia fascista, quello era un altro discorso. ( pag 52)
IL
fiume ritrova sempre il suo letto, l'acqua tiene memoria,
raccontavano i vecchi, e così era stato in anni non troppo lontano
quando un mare di fango e acqua aveva travolto tutto e avevano dovuto
ricostruire le case.
(…)
E anche la verità, negata e
rilegata nell'oblio, quanto ritorna in superficie può travolgere e
trasformare la realtà. Anche la verità tiene memoria. (pag 69)
Possibile che nessuno capisce che il male non è nella mia testa ma viene da fuori? Che sia maledetto il silenzio, è il silenzio che mio uccide. (pag 80)
Le idee più belle nascono nella mente prima che negli occhi e nelle mani, ricordalo. (pag 132)
Ecco, se dovessi dare un sapore alla paura direi che è salata, Armida, come le lacrime che verso ogni giorno, come il dolore che ho nel petto da troppo tempo, come l'odio che provo ogni volta che penso al rifiuto della Badessa e alle menzogne di mia madre. (pag 145)
Le case hanno sempre un odore diverso, gli affetti, le persone che le hanno abitate restano anche dopo la loro morte. (pag 156)
Katia Ciarrocchi
