Quel nido sul gelso, di Claudia Piccinno, edito da Besa Muci, introduzione di Angela Caccia
Quel nido sul gelso – Claudia Piccinno – Besa Muci – Pagg. 80 – ISBN 978-88-3629-454-1 – Euro 14,00
Introduzione di Angela Caccia
A una prima lettura, il testo si rivela un intenso canto di nostalgia; tuttavia, sarebbe un errore ridurlo unicamente a questa emozione. Il nuovo libro di
Claudia Piccinno, poetessa che si distingue ancora una volta per la sua elegante espressività e per l'autentica maestria nell'uso di parole “parlanti”, si accompagna a una sottile complessità, arricchita da contenuti profondi, sfumati.
Alcune pagine di struggente poesia civile accanto a molte dedicate alla celebrazione della natura, al suo incessante evolversi e involversi nel tempo, a una ancestrale armonia che facilita il dialogo tra l'osservatore e il suo oggetto di contemplazione.
Sotto una lente zambraniana, tutto si riconnette all'esperienza del “sentire”, permettendo così l'accesso a dimensioni più profonde dell'esistenza. Memoria
e tradizione in questo libro non sono meramente elementi del passato, ma forze vive che plasmano l'identità presente. Accanto alla natura, emerge infatti
un altro tema dominante, quello dei legami familiari, perfettamente allineato con l'idea di un'eredità che può tornare pulsante attraverso il linguaggio poetico. Visioni evocative di una penna esperta, attenta: “Il gatto alla finestra s'inebria d'azzurro che avanza. / Si dirada il nero pensiero / se scorgo il passero sul pero.” Solo alcune tra le innumerevoli immagini vibranti,
eppure, leggere. C'è un richiamo alla minuzia delle liriche di Luzi, dove ogni elemento naturale acquista un significato sia emotivo che spirituale. È tangibile
l'influenza di Szymborska, nel tentativo di catturare l'essenza dei momenti fugaci e quella di Zanzotto, sempre attento ai cambiamenti stagionali e alle
connessioni profonde con il ciclo della vita. Ma la vera forza di questa poesia risiede in uno sguardo immediato e fortemente radicato nella realtà, tale
da consentire al lettore di sentirsi immediatamente parte del paesaggio.
Leggendolo, ci si imbatte nello stesso “io leggero” di cui parla Livia Candiani – una sorta di straniamento dinanzi eventi della vita riportati nei versi –, perché
l'apertura mentale sia maggiore, per una comprensione più profonda della realtà. Risuona, in tal senso, il concetto di “ragione poetica” di Zambrano, in cui la poesia si configura come una forma di rifugio e di rivelazione. Analogamente, per la filosofa, l'idea di esilio non è solo una condizione geografica, bensì una dimensione esistenziale e spirituale intrinsecamente
legata al poeta. Dimensione che trova nel presente volume la sua ragion d'essere e, al contempo, un preciso slancio: l'infaticabile ricerca di un – seppur
precario – luogo di appartenenza, di un “nido sul gelso”, a sottolineare non solo la luminosa ispirazione che pervade questo libro, ma anche come la poesia
possa – debba – fungere da ponte tra l'individuo e l'universo.
