Génie la matta, di Inès Cagnati, edito da Adelphi e recensito da Katia Ciarrocchi
Génie la matta – Inès Cagnati – Adelphi – Pagg. 184 – ISBN 9788845936562 – Euro 18,00
Recensione di Katia Ciarrocchi
Un figlio è la memoria della vita. (pag 93)
Génie la matta di Inès Cagnati, edito Adelphi, è uno di quei libri che ci trascinano dentro un universo emotivo così potente che non possiamo fare a meno di sentirci mutati una volta voltata l'ultima pagina.
È
un'opera che colpisce non solo per la sua intensità emotiva, ma
anche per la precisione chirurgica con cui l'autrice sviscera i
legami, mostrando il lato più vulnerabile e inaccessibile delle
relazioni.
La storia è ambientata in una Francia rurale aspra,
dove i paesaggi, con campi brulli e le atmosfere cupe, sembrano
specchiare l'isolamento interiore dei protagonisti. Génie, una
donna che porta il peso di un'emarginazione ingiusta, vive ai
margini della società con la figlia Marie, il cui sguardo ci
accompagna per tutto il racconto. Génie non è semplicemente “la
matta”, ma è una figura tragica, fragile, eppure resiliente,
segnata da una vita di privazioni e rifiuti.
Marie, che narra la
vicenda, ci trasporta dentro la sua infanzia, non con rimproveri ma
con una tenerezza malinconica. Cresciuta in un contesto di povertà
materiale e affettiva, Marie cerca disperatamente di avvicinarsi a
una madre che, pur amandola, non riesce a dimostrarlo. L'amore tra
madre e figlia qui è rappresentato nella sua forma più complessa, è
un legame indissolubile ma profondamente ferito. Génie è
intrappolata nel silenzio e nella fatica, mentre Marie cerca di
decifrare gesti, sguardi, e rare manifestazioni di affetto per
costruire un significato in cui trovare conforto.
La scrittura
di Inès
Cagnati è
straordinariamente evocativa, ogni parola sembra scolpita per
comunicare non solo l'immagine ma anche il sentimento che la
accompagna. Le descrizioni del lavoro nei campi, della fatica
quotidiana, del freddo che pervade la casa fatiscente, diventano
quasi tangibili. Ma è nella rappresentazione dei silenzi che il
romanzo trova la sua voce più forte, perchè quegli spazi vuoti tra
madre e figlia parlano più di mille dialoghi.
Il cuore pulsante
del romanzo è la riflessione sullo stigma sociale e sull'abbandono
emotivo, Génie è una donna spezzata dalla violenza che ha subito ma
soprattutto da una società che l'ha relegata ai margini. Per
Marie, questo isolamento si traduce in un costante senso di
precarietà e di non appartenenza, un'infanzia passata a colmare un
vuoto che sembra incolmabile. Eppure, in questa dinamica dolorosa, si
percepisce una straordinaria umanità, l'amore esiste, anche quando
non riesce a manifestarsi nella forma che vorremmo.
Il finale
non consola, e non deve, Cagnati non
offre soluzioni o risposte facili. Il suo scopo non è pacificare il
lettore, ma lasciarlo riflettere sulle dinamiche universali che
attraversano la storia, come il bisogno di amore, il peso della
società nel definire il valore di una persona, e il coraggio che
serve per continuare a vivere nonostante il dolore.
Génie
la matta è
un romanzo che, pur nel suo minimalismo narrativo, esplode di
emozioni e significati.
Sul momento non ho fatto caso a quel giorno più che agli altri, perché mai niente ti avverte che stai vivendo un giorno particolare, un inizio e una fine, nemmeno se è l'inizio di qualcosa di bello, perché certe cose sembrano normali o belle e poi dopo ti accorgi che diventano tremende. (pag 139)
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