La rilettura di un romanzo sempre attuale: I ragazzi del ciliegio, a cura di Renzo Montagnoli
La rilettura di un romanzo sempre attuale: I ragazzi del ciliegio
di Renzo Montagnoli
Correva l'anno 2019 quando uscì, per i tipi della Solfanelli, I ragazzi del ciliegio, un romanzo a firma di Fiorella Borin, narratrice veneziana piuttosto prolifica e sempre su livelli di assoluta eccellenza.
Rammento che mi piacque subito fin dalle prime pagine, sia per la scrittura come sempre molto scorrevole, ma anche per la trama, perché nel raccontare di una parte importante della vita di suo padre l'autrice ha svolto un proficuo lavoro storico, dandoci un quadro veritiero di quello che in pratica fu il ventennio, con l'ascesa di Mussolini e la sua drammatica fine, a perfetta conclusione della tragedia in cui aveva gettato gli italiani con la seconda guerra mondiale.
Ogni tanto, e solo per pochi lavori che mi hanno interessato in modo particolare, provvedo a una rilettura, in cui abitualmente mi soffermo su alcune parti che ritengo meritevoli di attenzione e di approfondimento più di altre.
E' accaduto così anche con I ragazzi del ciliegio, la storia di questi tre amici che fin dall'infanzia amano ritrovarsi sotto l'albero dai succosi frutti. I diversi corsi di studio, le occupazioni successive e anche e soprattutto l'intervenuto conflitto bellico finisce per separarli, ma non incrina la loro amicizia, benché le idee che li animano siano diverse. A parte una condanna della guerra, è proprio questa rivalutazione di un sentimento nobile quale l'amicizia il vero fine del romanzo, basato in gran parte su carteggi e diari del padre della Borin scritti fra il 1942 e il 1943 in Russia e a Roma. Questo aspetto di vita vissuta è tutt'altro che secondario, anzi è basilare e aiuta meglio a comprendere gli avvenimenti, perché c'è tutto il pathos di chi li ha vissuti. La narratrice è stata abile nell'accompagnare le trascrizioni da un intervento puntuale che le inquadra perfettamente come datazione e come evento storico, così che si ha la certezza che quanto riportato sia realmente accaduto. Certo, si vorrebbe che quanto narrato e in particolare che il trattamento inflitto dai tedeschi agli ebrei in Russia e che il comportamento dei soldati del Terzo Reich così accidioso e feroce nei confronti dei militari alleati italiani fosse frutto di fantasia, ma purtroppo ben sappiamo che è realtà, tanto che ne hanno parlato tanti altri narratori e storici.
Le vicende raccontate sono tragiche e c'era indubbiamente il rischio di scrivere un romanzo strappalacrime, ma l'autrice è stata abile nel non calcare la mano, nel narrare i fatti così come sono accaduti senza accompagnarli da enfasi, perché già di per sé straziano il cuore; essere stata misurata, aver mostrato una genuina compassione ha consentito un risultato di grandissimo pregio, ha permesso a tanti che non sanno di poter così conoscere, ha ben delineato il vero volto del fascismo, ma ha anche evidenziato l'orrore di ogni guerra.
Se all'epoca della mia prima lettura e successiva recensione il mio giudizio era stato ampiamente positivo, ora che sono arrivato nuovamente all'ultima pagina, nel concludere ancora che concordo sull'immenso valore dell'amicizia che da sola può permettere di affrontare le tante violenze degli uomini, ho raggiunto la certezza che I ragazzi del ciliegio non solo è il miglior romanzo di Fiorella Borin, ma che è un'opera di assoluto valore che non dovrebbe mai mancare nella libreria di ognuno di noi nello spazio riservato a quanti, più di altri libri, sono rimasti indelebilmente dentro di noi.
I
ragazzi del ciliegio – Fiorella Borin – Solfanelli – Pagg. 320
– ISBN
9788833051178
- Euro 20,00

