La bambola viva, di Daniela Raimondi
La bambola viva
di Daniela Raimondi
La stracciona aveva una ferita sul piede.
Parlava da sola.
Inseguiva i bambini nelle gole nere dei vicoli,
li faceva tremare come un incendio.
Era una divinità preistorica,
metà donna e metà lupo.
Di notte sedeva sulla riva del fiume.
Se aveva fame, infilzava una carpa
e l'addentava ancora viva.
Aveva una figlia piccola piccola,
da sembrare mai nata.
Mia madre me l'aveva data in regalo
ma era finita, mangiata dai vermi.
Io cullavo la bambina malata,
baciavo sugli occhi la bambola viva.
Un mattino morì: la pancia gonfia,
il viso da vecchia.
Sono morte le mani, la bocca,
i capelli, i piedini. Il respiro.
Quel giorno ho capito che morire
è più facile dello strappo di quando si nasce,
più facile della fame schifosa che è vivere.
La stracciona spariva e tornava,
spariva e tornava.
Una sera se ne è andata per sempre:
la ferita aperta sul piede,
una striscia di sangue lungo la terra.
Da La donna più vecchia del mondo - Marguerite (peQuod, 2025)

