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Ho tentato la fortuna alla roulotte, di massimolegnani

Ho tentato la fortuna alla roulotte, di massimolegnani

Ho tentato la fortuna alla roulotte

di massimolegnani



C'è stato un tempo zingaresco in cui giravo per l'Europa con la casa al seguito. Avevo la smania di arrivare all'ovunque più lontano, qualunque ovunque andava bene, Finlandia o Francia purchè si marcia, e ovunque avevo la pretesa di sentirmi come a casa, che da casa portavo ogni cosa, le bici e i cibi, il televisore e i libri, le sedie da regista e il Sacco di Zanotta, per non parlare del gatto che non mancava mai.

Gradiva il viaggio il gatto, ore a dormire tra i bagagli o a perlustrare indisturbato l'abitacolo, saltarmi in braccio o balzare al parabrezza per una vista panoramica che mi toglieva la visuale della strada, roba da ritiro della patente, oggi, ma erano altri tempi, meno severi. A destinazione amava girovagare nel campeggio come fosse ancora nel giardino dietro casa, che anche lui da casa si era portato le ciotole e la cuccia, era felice, coccolone e avventuriero, ma poi ci scombinava i piani perché, al momento di sbaraccare per andare a un altro altrove ancora vago, lui come per incanto spariva. Battevamo viali e piazzole chiamandolo e pregandolo, presto si univano a noi gli altri campeggiatori, anche quelli a cui aveva artigliato per gioco un braccio o rubato la bistecca sulla griglia, e per ore riecheggiava in tante lingue il richiamo a Mitzy kat, Mizzyyy, petit chat, micioo. Quando dopo ore tornavamo sconsolati alla piazzola, lui era lì acciambellato che dormiva davanti alla roulotte, ma intanto la partenza era saltata.

Ho rischiato di perdere tutto alla roulotte, quando in un viaggio ho bucato due volte in una notte: cambiare la ruota sul ciglio di un'autostrada senza corsia d'emergenza è stato come giocarsi una fortuna sul rosso, la pallina che ipnotica girava mentre le auto sfrecciavano e mi sfioravano la schiena, ma nella puntata della vita è uscito il rosso che mi ha salvato. E poi di nuovo alla seconda foratura un altro giro di roulette per cercare di raggiungere un'area di servizio con la roulotte azzoppata che sbandava come ubriaca. E ancora è uscito il rosso, per fortuna.

Follie le mie da non ripetere, che il gioco d'azzardo raramente paga, ed io, giocatore per una volta saggio, mi sono ritirato dal tavolo verde dell'Europa quando ancora stavo vincendo e mi divertivo.

Però ho nostalgia di quel viaggiare emozionante da lumaca in autostrada, attento a non toccare i cento che la roulotte sarebbe andata in risonanza, un ondeggiare in laterale da paura, e teso nella gara con i TIR polacchi e i camion con rimorchio norvegesi, ti superavano in discesa, li riprendevi su in salita lungo le interminabili colline di Sassonia. Era un nomadismo internazionale che ci faceva attraversare la notte e le nazioni, come una carovana di cammelli nel deserto, beduini e tuareg guidati dalle stelle a macinare dune fino all'oasi. L'oasi per noi era l'area di sosta dove parcheggiavamo tra i bestioni per dormire qualche ora, ricordo ancora la nenia dei motori tenuti al minimo per alimentare le celle frigorifere con cui mi addormentavo. E poi di nuovo ripartire verso l'ovunque più lontano, i tulipani di Harlem, il castello di Amleto, la Selva di Boemia, qualunque ovunque andava bene, che noi eravamo giovani e felici.