Il lungo
fiume
di Renzo Montagnoli
Morti ormai tutti gli dei,
dimenticati per uno solo,
resta lui a scorrere silente,
tranne il mormorio dell'acqua
contro le rive verdeggianti.
Nelle notti di plenilunio
l'orecchio attento può udire
la voce grave e possente del fiume.
È un canto maestoso che parla
d'un passato di genti devote
che innalzavano altari per calmare le sue ire,
o immolavano vitelli per ringraziarlo dei suoi doni,
quella linfa vitale a cui attingere
per dissetare i campi e far crescere il grano.
Quel fiume è la vita e portava la vita,
ma ora uomini avidi celano in lui
le sozzure del mondo, il pattume della civiltà.
Non è più tempo di armonie,
non c'è più rispetto per noi,
e le putride acque sono l'immagine
di un'umanità senza sogni,
senza memoria e senza futuro.
Da Canti celtici
(Il Foglio, 2007)