La
nascita
di
Renzo Montagnoli
Mentre
s´appressava il giorno
con
il suo carico di ore luminose,
sbadigliando
la notte si levava
dal
consunto giaciglio di stelle.
Era
quello un tempo in cui
il
fornaio toglieva dalle brace
il
pane cotto e fragrante
e
il contadino s´avviava
per
i campi con la zappa
in
spalla a iniziare il suo
duro
lavoro fino a quando,
rosseggiando
il cielo, il sole
compagno
anche fin troppo
caloroso
scendeva all´orizzonte
ad
annunciar per lui, ma anche
a
uomini ed animali che il giorno
finiva
e che il riposo era dovuto,
una
vita regolata dallo scorrer
delle
ore e delle stagioni.
Era
un´alba come tante, con il buio
che
piano impallidiva per infine
accendersi
di luce, con una serena
brezza
che portava i profumi dell´oriente.
Fu
un giorno così che egli nacque
con
un vagito stridulo e lamentoso,
con
il primo sole che illuminò
il
volto corrucciato di un bimbo
di
colpo risvegliato dal quieto
sonno
nel ventre della madre,
incapace
al momento di capire
quale
fosse il suo futuro
e
qual destino gli fosse riservato.
Solo
che avesse saputo di una vita
sempre
uguale, fatta d´albe e tramonti,
poche
le gioie, molti i dolori,
e
sempre con l´unico scopo di finire
nell´eterno
buio, una destinazione
pagata
da un´attesa sempre più trepida,
avrebbe
desiderato d´esser mai nato.
Da
Canti celtici