Augustus
di
John Williams
Castelvecchi
Editore
Narrativa
romanzo
Pagg.
384
ISBN
9788868260187
Prezzo
Euro 17,50
Il
prezzo del potere
In
attesa di poter leggere il ben più noto Stoner
ho ripiegato (ma il termine è eccessivo, come emergerà
con il mio giudizio) su Augustus,
un romanzo storico sul primo degli imperatori romani, su
quell’Ottaviano successore designato di Giulio Cesare.
L’autore, molto opportunamente, riporta in una nota all’inizio
dell’opera una precisazione con cui evidenzia che, per quanto
abbia cercato di rispettare rigorosamente gli eventi e i personaggi,
così come pervenutici dalla storia, ha dovuto, per esigenze
letterarie, commettere errori voluti, inventare fatti, creare
personaggi che forse non sono mai esistiti. In buona sostanza ha
ritenuto doveroso evidenziare che non si tratta di un saggio, di una
biografia, bensì, a tutti gli effetti, di un romanzo storico.
La metodologia adottata per parlarci di Augusto è la più
varia, ricorrendo a epistole di Cicerone, a brevi brani degli Atti
di Augusto e al frammento di un libro perduto della Storia di Tito
Livio conservato da Seneca il Vecchio. Comunque siano state le fonti
quello che mi preme evidenziare è che Williams è
riuscito a darci un ritratto realistico di quello che fu Augusto,
inserito perfettamente nel suo contesto storico che ci consente anche
di avere un’idea, non vaga, e nemmeno allo stato di ipotesi, di
quella che doveva essere realmente la società romana, dei
giochi di potere che fermentavano, che dividevano, che minacciavano
l’esistenza stessa di Roma, una sorta di politica nefasta e
corrotta che presenta straordinarie analogie anche con l’Italia
d’oggi. Ottaviano, poi divenuto Augusto, è un uomo
esile, dalla salute cagionevole, ma dalla fortissima e determinata
personalità, un protagonista assoluto che saprà
sbarazzarsi degli assassini di Cesare e poi del rivale Marco Antonio,
assicurando a Roma un lungo periodo di quiete e di prosperità.
L’uomo più potente della terra, un Dio in terra, è
in realtà un abile e accorto politico, che, al di fuori di
quella che è la gestione dello stato, ha solo due passioni: la
moglie Livia e la figlia Giulia. Per quanto le ami dovrà
sacrificarle alla ragion di stato così che questa stella di
prima grandezza, che splende di fuori agli occhi di tutti, è
in effetti un essere profondamente infelice, che resterà
progressivamente solo con la dipartita degli amici fidati, da Agrippa
a Mecenate, all’adorato Virgilio. Questa intima malinconia è
resa in modio splendido dall’autore, che ha anche avuto l’idea
accostare la solitudine della potenza con la serenità degli
esseri umili. Al riguardo le pagine in cui si
descrive
l’incontro, per le vie di Roma, di Augusto con Irzia, che gli
fu compagna di giochi e amica quando entrambi erano bimbi, ora una
donna un po’ più anziana, non ricca, ma nemmeno povera,
amata dai figli, baciata da una serenità contagiosa anche se
avverte prossima la dipartita, sono forse le migliori del romanzo.
Augusto riconosce l’amica, che lo chiama, come da bambina,
Tavio; prova gioia, pur nella malinconia che lo permea, e i due
parlano, prima del passato, poi del presente. “Ho
dato a Roma una libertà di cui io solo non posso godere”.
“Non
hai trovato la felicità, dissi io (Irzia),
nonostante
tu l’abbia data.”
.”Così
è stata la mia vita”.
Si scambiano altre parole e al momento del commiato Augusto poggia le
labbra sulla guancia di lei. Credetemi, raramente mi è
capitato di leggere pagine in cui il contrasto fra l’aridità
del potere e la pace della vita semplice sono state rese così
bene. Credo che Williams sia riuscito a carpire dopo tanti secoli la
personalità di Ottaviano, e non solo quella, ma anche le altre
di Mecenate, di Orazio, di Virgilio e della sua piccola cerchia di
amici. Quando parlano sembrano vivi, non si ha cioè quella
sensazione di parole messe in bocca a chi non può pronunciarle
e forse accade questo perché ci siamo lasciati avvincere
dall'opera e ora siamo in lei, camminiamo sul selciato del foro,
ascoltiamo le gare poetiche di Orazio e di Virgilio, siamo accanto ad
Augusto nei rari momenti di gioia con la moglie e la figlia, lo
seguiamo in punta di piedi mentre con passo sempre più stanco
si avvia verso la soglia dell’Ade.
Augustus
non
è stato di certo un ripiego, visto che lo considero un
capolavoro.
John
Williams
(Clarksville,
1922 – Fayetteville, 1994)
Romanziere,
poeta e accademico statunitense, dopo la Seconda guerra mondiale,
alla quale prende parte in qualità di sergente
dell’aeronautica in India e in Birmania, studia all’Università
di Denver. In questo perdio pubblica i suoi primi lavori: il
romanzo Nothing
But the Night (1948)
e il libro di poesie The
Broken Landscape (1949),
che sarà seguito nel 1965 da una seconda raccolta: The
Necessary Lie.
Nel 1954 ottiene il dottorato di ricerca in letteratura inglese
all’Università del Missouri e, nel 1955, torna
all’Università di Denver come docente di scrittura
creativa. Nel 1960 pubblica il suo secondo romanzo Butcher’s
Crossing,
seguito nel 1965 dal celebrato Stoner.
ha curato le antologie English
Renaissance Poetry (1963).
Ha fondato e diretto fino al 1970 la rivista «University of
Denver Quarterly». Muore nel 1994, lasciando incompiuto il suo
quinto romanzo, The
Sleep of Reason.
Renzo
Montagnoli
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