Caro
revisionista ti scrivo...
di
Gianni Rocca
Editori
Riuniti
Saggistica
storica
Pagg.
192
ISBN
9788835945833
Prezzo
Euro 16,58
A
chi ribalta la storia
E’
come una malattia subdola, che dapprima manifesta scarsi sintomi, ma
che poi prende forza ogni giorno che passa. Di che si tratta? Di un
fenomeno che nel presente secolo intende dare un’interpretazione
della storia del tutto distorta, di quel revisionismo che piace
tanto a certe destre sicuramente illiberali e che, per esempio, si
picca di definire la Resistenza un fatto del tutto trascurabile, una
vera e propria invenzione dei comunisti. Ma la vulgata di nostalgici
del fascismo non finisce qui e pretende di giustificare la nascita a
suo tempo di questo movimento e di quello nazista come argine
interposto fra la civiltà occidentale e il bolscevismo, così
come giustifica il pronunciamento del generale Franco al fine di
evitare l’incombente pericolo rosso. Insomma, la dittatura dei
Soviet e il suo massimo rappresentante Giuseppe Stalin finiscono con
il diventare la scusa per tutta una serie di fatti ed episodi dello
scorso secolo, compresa quella tragedia che fu la seconda guerra
mondiale. Sono trascorsi settantadue anni dal 25 aprile 1945 e appare
logico che alcuni eventi, analizzati quando ancora esistevano
emozioni recenti, possono e devono essere rivisti alla luce di
criteri più distaccati, ma ciò non toglie che non
possono essere completamente capovolti, come vorrebbero i
revisionisti, gente che se in buona fede deve essere considerata
superficiale e tutto sommato incapace di analisi coerenti, se in mala
fede invece intenzionalmente bugiarda. Sicuro e certo è che la
storia è sempre frutto di opinioni, che nel tempo possono
essere riviste, ma riviste non vuol dire capovolte trasformando le
vittime in carnefici, come pretenderebbero certi pseudo storici di
estrema destra a proposito di eccidi compiuti dai partigiani, che
senz’altro ci furono, per motivi spesso abietti, ma che non
furono una decisione corale, bensì il frutto della violenza di
pochi, al di fuori di una linea di condotta che sempre vide la
ricerca, ove possibile, della giustizia, il che non impedì
tuttavia, in un contesto di reciproche violenze e timori, l’uccisione
sbrigativa di taluni elementi sospettati spie dei fascisti o dei
tedeschi. Questi revisionisti si guarderanno sempre dallo spiegare i
motivi per i quali la popolazione, nella sua stragrande maggioranza,
appoggiava i partigiani e al riguardo le testimonianze di ex camicie
tenere sono illuminanti: “Ci odiavano più dei tedeschi,
perché eravamo con i tedeschi, perché quando si
facevano i rastrellamenti i primi a subire la nostra presenza erano i
contadini, i montanari, trattati non come italiani, ma come bestie.”.
E anche la canzoncina che ogni tanto ritorna in ordine alle
rappresaglie dei nazisti e dei fascisti, che recita quasi un motto
(Se non ci fosse stati attentati dei partigiani, non ci sarebbero
state rappresaglie) è una bugia bella e buona, inventata a
posteriori per giustificare atti di cui gli esecutori ben sapevano la
portata criminosa. Infatti, prima ancora che in Italia apparissero i
partigiani, al Sud le truppe naziste compirono mostruosi eccidi della
popolazione Del resto, in tutta l’Europa occupata, i massacri
avvennero ben prima che sorgessero movimenti popolari di reazione.
Qualcuno
potrebbe obiettare sulla imparzialità di Gianni Rocca, le cui
idee marxiste lo portarono a iscriversi al PCI, da cui uscì,
per protesta, all’indomani dei fatti di Ungheria. Questa è
una preoccupazione infondata, perché l’autore,
nell’analisi dei comportamenti di quel dittatore criminale che
fu Stalin provvede sì a giustificarne alcuni, ma mai
tralasciando la sua opinione altamente negativa di colui che fu uno
dei massimi protagonisti del secolo scorso, che ebbe anche alcuni
meriti, poca cosa rispetto ai misfatti compiuti.
Insomma
questo è un libro che merita di essere letto, soprattutto dai
revisionisti in buona fede, perché smonta in modo
inequivocabile le loro argomentazioni; dubito, però, che
potrebbe far cambiare la loro idea, perché sono impregnati di
quel fanatismo che non vacilla mai, nemmeno di fronte a quella che
può essere considerata dalla logica come la verità.
Gianni
Rocca (Torino, 22
ottobre 1927 – Roma, 20
febbraio 2006)
è stato un
giornalista italiano, fra i fondatori del quotidiano La Repubblica.
A partire dagli anni ottanta si è dedicato anche a scrivere
opere di riflessione storica che hanno avuto grande successo. Al
riguardo, fra le più note, si ricordano Cadorna, il
generalissimo di Caporetto; Fucilate gli ammiragli. La tragedia
della Marina italiana nella seconda guerra mondiale; L’Italia
invasa: 1943 – 1945; Stalin: quel “meraviglioso
georgiano”; Caro revisionista, ti scrivo….
Renzo
Montagnoli
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