Un
matrimonio mantovano
di
Giovanni Nuvoletti
Arnoldo
Mondadori Editore S.p.A.
Narrativa
romanzo storico
Pagg.
150
ISBN
9788804537793
Prezzo
Euro 7,40
I
maneggi per arrivare all’altare
C’è
qualcuno che ha voluto vedere dei richiami manzoniani in quest’opera
che si può tranquillamente definire un romanzo storico, ma mi
sembra francamente eccessivo e, soprattutto, non corretto, giacché
del lavoro del grande Manzoni non ha assolutamente nulla, nemmeno,
magari anche solo in parte, la trama. Un matrimonio mantovano è
invece una testimonianza storica di quella che è stata la
civiltà contadina, con i suoi riti e le sue superstizioni,
emblemi probabilmente indispensabili in un mondo legato alla terra a
tal punto da esserne parte, soggetto ai capricci del tempo e
all’oneroso lavoro proprio del contadino.
La
vicenda è quella relativa al matrimonio di Felicita, figlia di
un coltivatore della terra che è riuscito a elevarsi al rango
di padrone. Ma, prima dello sposalizio, c’è tutto un
periodo di tempo necessario per la ricerca del futuro sposo e, una
volta trovato, per riuscire ad accalappiarlo.
I
maneggi, gli artifici, le piccole trappole poste in essere sono la
parte migliore di un libro che si fa anche apprezzare per la capacità
dell’autore di descrivere un piccolo borgo e i suoi abitanti.
Il paese, sito nel mantovano, si chiama Gazzuolo, dove appunto
Nuvoletti è nato e dove il padre, ingegnere, nonché
conte, aveva diversi fondi agricoli. I nuovi Renzo e Lucia come
potremmo definire, sono figli del popolo, per quanto diventati
abbienti in forza del duro lavoro dei genitori, e sugli stessi è
imbastita l’intera struttura, con il corollario di una serie di
personaggi che si possono trovare solo nelle piccole realtà.
Dunque, in questa Italia del 1912, epoca della storia, l’autore,
ovviamente conte pure lui come il padre, preferisce rendere
protagonisti due individui che si potrebbero definire della nuova
borghesia, non omettendo però la peculiarità dei nobili
e quindi inserendo nella vicenda le figure di una vecchia marchesa
vedova e di un conte avanti con gli anni, smaliziato per i trascorsi
giovanili, ma paternamente benevolo. E se da un lato l’attribuzione
di una certa benevolenza alle figure degli aristocratici rientra in
un comprensibile desiderio dell’autore di farli apparire
diversi, protettivi, autorevolmente presenti, dall’altro sembra
volerci dire che si tratta delle ultime figure di una classe sociale
in decadenza e che il turbine della seconda guerra mondiale avrebbe
spazzato via.
La
mano dell’autore è leggera, la lingua italiana è
utilizzata come si deve, la trama è avvincente e la lettura,
sempre gradevole, corre veloce, pur necessitando di qualche sosta per
opportune riflessioni, per un tentativo di paragone fra un mondo così
lontano e il nostro, fra un’epoca in cui il tempo pareva
scorrere lento e la nostra in cui le lancette girano troppo
velocemente. Quello era un mondo in cui i contatti fra giovani degli
opposti sessi dovevano seguire un rigido cerimoniale, fatto agli
inizi di occhiate, di pudici e brevissimi sorrisi, per arrivare con
gradualità al fatidico giorno del matrimonio, dopo il quale
tutto era concesso.
Un
matrimonio mantovano, la cui lettura all’inizio
incuriosisce, ma che poi, procedendo sempre più celermente,
appassiona è quello che si potrebbe definire un autentico
gioiellino.
Giovanni
Nuvoletti (Gazzuolo, 16 ottobre 1912 – Abano
Terme, 4 aprile 2008) è stato uno scrittore, nonché
attore cinematografico e televisivo. Fra le sue opere letterarie
famosi sono i romanzi Un matrimonio mantovano (1972) e Un adulterio
mantovano (1981), nonché i saggi Vestire una bambina (1997) e
Elogio della cravatta (1982).
Renzo
Montagnoli
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