I
racconti, le poesie
di
Giovanni Piubello
a
cura di Mario Artioli e Vladimiro Bertazzoni
Sometti
Editoriale
www.sometti.it
Narrativa
racconti
Pagg.
384
ISBN
978-88-7495-058-6
Prezzo
Euro 15,00
Anche
poeta
I
curatori Mario Artioli e Vladimiro Bertazzoni, nel proporre l’opera
omnia di Giovanni Piubello, hanno deciso di riunire in un unico
volume i racconti e le poesie, scelta a prima vista opinabile, vista
l’evidente difformità tipologica, ma che ha un senso ove
si tenga presente che i primi sono di gran lunga maggiori di numero
delle seconde, non poche, ma comunque nemmeno tante da giustificare
una pubblicazione a se stante. Dell’abilità di narratore
dell’autore già ho ampiamente riferito in occasione
della stesura della nota critica ai suoi due romanzi Matti beati
e Gli ubbidienti, e quindi non c’è da
meravigliarsi se anche nei racconti si riscontrino i pregi che sono
propri di Piubello, come una linearità espositiva, ma comunque
non priva di originalità, una struttura sempre sicura, vicende
che affondano per lo più nei ricordi dell’infanzia,
descrizioni di paesaggi, di ambienti e di atmosfere puntuali,
precise, accompagnate ogni tanto da una certa verve poetica e
con sullo sfondo sempre una garbata e gradevole ironia. Viene proprio
da pensare che lui non abbia avuto in vita i meriti che gli
spettavano, insomma il successo che anche per una sua refrattarietà
al clamore, all’essere al centro dell’attenzione, aveva
lui stesso ostacolato. Forse è il caso di dire che Piubello
scriveva pressoché esclusivamente per il piacere di scrivere,
per farne oggetto di quelle conversazioni alla bancarella con cui lui
trascorreva beatamente la sua giornata. Parte di queste prose,
peraltro, non era sconosciuta ai mantovani perché il locale
quotidiano La Gazzetta di Mantova aveva pubblicato a puntate i
racconti, che alla fine furono riuniti in un volume intitolato
Zingara (dal titolo di uno degli stessi, forse il migliore) che
incontrò un notevole interesse, tanto da arrivare alla terza
ristampa. I Curatori, con felice scelta, nel presente libro hanno
suddiviso la narrativa breve in due grandi capitoli, di cui il primo
dedicato unicamente alle prose che vennero racchiuse appunto nella
pubblicazione intitolata Zingara, mentre le altre sono state
tutte riunite con il generico titolo “Altre storie”.
Come sempre accade in questi casi ci sono brani che possono più
o meno piacere, ma è indubbio come il livello medio sia più
che buono. Si tratta di storie semplici, niente di epico, trame che
vedono coinvolta, a vario titolo, quasi sempre povera gente, frutto
di indubbia creatività che tuttavia – è una mia
ipotesi – nascondono un fondo di verità, e d’altra
parte stando tutti i giorni sotto i portici si poteva osservare un
campionario umano vario e a volte anche di particolare interesse,
individui sconosciuti (e che tali spesso rimanevano) che si fermavano
a curiosare e magari a conversare con Piubello.
Più
sorprendente è la parte del volume dedicata alla poesia,
sorprendente perché, per quanto nella narrativa sia possibile
riscontrare una sua verve poetica, non è detto che poi
l’autore possa andar oltre scrivendo addirittura dei versi, e
invece si scopre, e con piacere, anche la sua attitudine poetica. Che
i titoli dati alle due raccolte qui pubblicate siano I gobbi,
questa a suo tempo auto pubblicata, e poi Altri gobbi dimostra
in modo chiaro il legame affettivo fra l’autore e la città
di Mantova, poiché è notorio che la dinastia dei
Gonzaga ebbe di sovente a scontare la tara ereditaria della gobba,
frutto del matrimonio con una Malatesta. Ma i protagonisti di queste
liriche non sono membri della schiatta gonzaghesca, bensì
mantovani, gente colta e osservata nella serali vasche, deambulante
per far venire l’ora della cena. E’ l’ironia che
prevale, mai feroce, né cattiva, anzi a volte con un
sottofondo di pietà, e così si possono cogliere
personaggi, protagonisti loro malgrado di versi da trasmettere ai
posteri, figure che altrimenti non avrebbero lasciato il segno se non
fossero incorse nell’acuto spirito di osservazione di Piubello.
Adesso che ne scrivo, mi pare di rivederlo e quando vado a Mantova,
che passo di lì, d’istinto guardo, come se ci fosse
ancora, come se quest’uomo, tanto umile quanto grande,
osservasse il continuo passeggio, pronto a cogliere aspetti, pronto a
far nascere idee, non un semplice libraio, ma un artista della penna
talmente presente da essere quasi un’istituzione. Piubello era
una di quelle persone alla cui presenza ci si abituava, quasi ormai
da non notarlo, ma di cui si avvertì immediatamente la
mancanza quando venne meno.
Da
leggere, non c’è dubbio.
Giovanni
Piubello (San Bonifacio, 24 giugno 1921 –
Mantova, 16 giugno 1983) trascorse
l'infanzia nel paese natale, e si trasferì a Mantova nel 1928
dove conseguì il diploma di perito industriale, ma volle
diventare scrittore, libraio ed editore.
La
sua prima opera, pubblicata in proprio, fu Zingara e
poi diede alle stampe numerosi volumetti di racconti, prose, lettere
in piazza e A
proposito di gobbi,
in versi.
Nel
1967 l'editore Rizzoli pubblicò il romanzo Matti
beati,
con il quale vinse il premio nazionale Duomo. Il romanzo è
autobiografico e racconta l'infanzia dello scrittore nel paese di San
Bonifacio (Sambonifacio), descrivendo un quadro suggestivo della vita
contadina e di paese negli anni Venti, in un contesto di sostanziale
povertà vissuto tuttavia con allegria.
Il
successo fu di breve durata e Piubello continuò a stampare in
proprio, nelle Edizioni
di Bancarella,
le sue storie, le sue lettere e i suoi dialoghi con lettori veri o
presunti.
Fu
straordinario osservatore della vita cittadina nella sua patria
d'adozione, e fu amato dai mantovani che trovavano nella bancarella
sotto i portici Broletto un dimesso ma profondo uomo di cultura.
Renzo
Montagnoli
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