Tentativo
di dialogo sul comunismo
di
Ferdinando Camon e Pietro Ingrao
a
cura di Alberto Olivetti
Edizioni
Ediesse
www.ediesseonline.it
Saggistica
politica
Pagg.
168
ISBN
978-88-230-2171-6
Prezzo
Euro 15,00
Un
confronto serrato
Pietro
Ingrao è l’uomo politico che ha visto, nella sua lunga
vita, l’ascesa e poi la caduta del comunismo, un’ideologia
che per lui ha rappresentato una vera e propria fede, in una
inossidabile coerenza che lo ha portato a superare e probabilmente
anche a digerire bocconi amari come la rivolta di Ungheria e la
primavera di Praga, duramente represse da quel paese che
rappresentava e ha rappresentato il tentativo di mettere in pratica
l’ideologia marxista. Lo sfaldamento del suo partito, che a un
certo punto ha deciso di ricostituirsi abbandonando nella
denominazione il termine “comunista” ormai diventato
scomodo e che per Ingrao ha rappresentato sicuramente un dolore tale
da comportare anche lacrime, ha finito, complice anche l’età,
per portare questa figura di primo piano in un esilio volontario, a
rinchiuderla in un bozzolo intorno al quale ha costruito una barriera
onde impedire che almeno la speranza di una rinascita non potesse
venire meno.
In
questo contesto nessuno meglio di lui avrebbe potuto fornire la
spiegazione sul fallimento della realizzazione dell’ideologia
comunista e così Ferdinando Camon ha provato a intervistarlo.
Ci sono stati tre incontri durante i quali sono state poste domande e
sono state ricevute risposte, ma il libro che le avrebbe dovute
riportare nella loro integrità è uscito solo da
pochissimo e postumo, perché all’epoca non ne volle la
pubblicazione proprio Ingrao, che lamentò la difficoltà
di spiegare bene i concetti con un’intervista e non con un
saggio ponderato. E’ merito del dottor Alberto Olivetti,
condirettore della collana Carte
Pietro Ingrao della
Ediesse aver riscoperto le pagine di quell’intervista e di
averle ritenute meritevoli di essere date alle stampe. Io, per quanto
contrario al comunismo, e comunque a ogni ideologia che per imporsi
abbia bisogno della forza, togliendo la libertà, avevo
tuttavia sempre apprezzato la coerenza del politico laziale, ma dal
tono delle risposte alle domande sempre incalzanti di Camon, e anche
dal loro contenuto, ho ritratto l’impressione di un individuo
complesso, cosciente degli errori imperdonabili commessi
nell’applicazione pratica della sua ideologia e ciò
nonostante irremovibile, abbarbicato come un glicine al pensiero che
la colpa dei fallimenti non fosse propria dell’idea, ma della
sua traduzione in pratica, senza tener conto che ci possono essere
idee in apparenza valide, ma del tutto impraticabili. Messo a volte
alle strette si arrampica sugli specchi non tanto per difendere se
stesso, ma i tanti anni di militanza, onde evitare di considerare la
sua una vita gettata al vento. Eppure, pur avendo acclarato che
Pietro Ingrao in fondo non era così coerente, dalla lettura di
questa intervista ho potuto constatare in quest’uomo una virtù
ormai rara: la fede in un’idea, quella comunista, la cui
realizzazione, almeno in prospettiva, avrebbe dovuto assicurare a
tutti una vita serena, a ognuno quanto gli sarebbe stato necessario e
un lavoro atto allo scopo. Si tratta indubbiamente di utopie, ma ciò
che mi ha colpito è quel credere, pur fra tanti tentennamenti,
più dell’uomo che del politico Ingrao. In un’epoca
in cui sembra che non esistano più ideologie e nemmeno idee,
ma si seguono i suonatori di piffero che procedono per slogan, ecco,
in un’epoca falsa e vuota, un essere umano che ancora spera in
un’ideologia, per quanto sbagliata essa sia, è merce
rara, è un seme che sotto terra aspetta che passi la bufera
per affacciarsi fulgidamente sul mondo.
Da
leggere, senza dubbio.
Ferdinando
Camon è
nato in provincia di Padova. In una dozzina di romanzi (tutti
pubblicati con Garzanti) ha raccontato la morte della civiltà
contadina (Il
quinto stato, La
vita eterna, Un
altare per la madre –
Premio
Strega 1978), il terrorismo (Occidente, Storia
di Sirio),
la psicoanalisi (La
malattia chiamata uomo, La
donna dei fili),
e lo scontro di civiltà, con l’arrivo degli
extracomunitari (La
Terra è di tutti).
È tradotto in 22 paesi. Il suo ultimo romanzo è La
cavallina, la ragazza e il diavolo (2004).
Nel 2016 ha vinto il premio Campiello alla Carriera.
Pietro
Ingrao
(Lenola,
30 Marzo 1915 – Roma, 27 settembre 2015)
nel
1936, in seguito all'aggressione franchista alla Repubblica spagnola,
diviene membro attivo dell'organizzazione clandestina
comunista.
Alla
cacciata dei nazifascisti da Roma, entra nell'esercito di
Liberazione. Deputato del Pci dal 1948 al 1992, è stato
presidente della Camera dal 1976 al 1979. È stato parlamentare
per dieci legislature.
Direttore
del quotidiano «l'Unità» nella prima metà
degli anni Cinquanta, è anche autore di numerosi saggi,
tra i quali ricorderemo Masse
e potere, Le
cose impossibili, Appuntamenti
di fine secolo (con
Rossana Rossanda e altri) e di alcune raccolte di poesie tra cui Il
dubbio dei vincitori e Variazioni
serali.
Nel
2011 pubblica un pamphlet dal titolo Indignarsi
non basta,
che risponde al fortunatissimo libello di Stéphane
Hessel Indignatevi!
In
seguito escono Le
cose impossibili. Un'autobiografia raccontata e discussa con Nicola
Tranfaglia (Aliberti
2011), Un
sentimento tenace. Riflessioni sulla politica e sul senso
dell'umano (Imprimatur
2013, con Goffredo Bettini), La
«Tipo» e la notte. Scritti sul lavoro
(1978-1996) (Ediesse
2013), Crisi
e riforma del Parlamento. Con un Dialogo epistolare sulle istituzioni
con Norberto Bobbio e un saggio di Luigi Ferrajoli (Ediesse
2014), Masse
e potere crisi e terza via (Editori
Riuniti Univ. Press 2015).
Alberto
Olivetti, professore
di Estetica, Università di Siena. Membro del consiglio
scientifico del Centro studi e iniziative per la riforma dello Stato
- Archivio Pietro Ingrao. Direttore della Collana Carte Pietro Ingrao
insieme a Maria Luisa Boccia.
Renzo
Montagnoli
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