Devora
di
Franco Buso
Selfpublishing
Narrativa
romanzo storico
Pagg.
364
ISBN
978-1790365920
Prezzo
Euro 10,40 (Disponibile su Amazon e Giunti al punto)
La
fine dei Templari
Di
libri, soprattutto romanzi storici, sui cavalieri dell’Ordine
dei Templari ne sono stati scritti in gran quantità e
l’argomento continua a interessare i lettori, nonostante la
grande massa di opere, peraltro raramente di qualità. Un mondo
lontano, l’ambientazione sovente esotica, il mistero che ha
sempre avvolto questi monaci soldati, nonché anche l’aspetto
religioso sono gli argomenti che attraggono e che inducono a leggere
romanzi che in certi periodi escono nelle librerie in continuazione.
In questo contesto si inserisce anche Devora,
l’opera prima di Franco Buso, nato a Meda, ma residente a
Treviso, città dove la sua famiglia si è trasferita
quando lui aveva sette anni. Il romanzo inizia con Jacques de Molay,
l’ultimo maestro dell’Ordine, che brucia sul rogo a
Parigi, urlando profezie che si concretizzeranno nel tempo a venire;
poi l’opera si snoda fra avventure varie in un arco di tempo
piuttosto lungo e che va dagli ultimi anni del tredicesimo secolo
fino addirittura all’aprile del 2013 restando, almeno nelle
linee generali, abbastanza fedele ai fatti storici. Non mi sembra che
dica qualcosa di nuovo sotto il profilo storico e d’altra parte
sarebbe stata una pretesa eccessiva, perché Buso è un
narratore, magari appassionato di eventi passati, ma non è
certo uno storiografo. Il suo scopo è evidente, cioè
raccontare qualcosa, con una trama fitta e anche intricata, per
proporre un testo che sia di gradevole lettura. L’aspetto
creativo diventa così determinante e la fantasia non manca
certo all’autore che ha anche un certo senso della misura, pur
con l’artificio di far vivere Devora, la protagonista, per
oltre settecento anni. A onor del vero questa invenzione ha fatto
scivolare il romanzo nel genere fantasy che non è mai stato di
mio particolare gradimento, tanto che la vicenda non ha rivestito
per me un particolare interesse, ma questo esula da un giudizio
oggettivo sull’opera. Per il resto Buso si presta a una
diligente narrazione, magari dilungandosi a volte un po’
troppo, con uno stile elementare, ma dall’italiano corretto (e
di questi tempi non è poco). I colpi di scena non mancano di
certo, a tratti il romanzo procede spedito come un treno, in altre
circostanze opportunamente rallenta, altre volte si sofferma un po’
troppo su questioni di scarso contributo all’opera, i
personaggi sono tanti, con i buoni che hanno solo pregi e i cattivi
invece solo difetti, ma comunque il divertimento è assicurato.
In
tutta sincerità sono dell’opinione che si tratti di un
libro che si lascia leggere e che consente di trascorrere senza porsi
troppi problemi più di qualche ora, magari sotto l’ombrellone
al mare, senza pretendere e chiedere oltre, perché già
quello che dà è più che sufficiente allo scopo
di consentire un appagante svago.
Franco
Buso nasce nel
1952 a Meda, allora provincia di Milano e ora Monza-Brianza. A sette
anni si trasferisce con la famiglia a Treviso, dove vive tuttora.
Consegue la Maturità Classica e si iscrive alla facoltà
di Ingegneria presso l’Università di Padova. Nel 1977
sposa Chiara e dal matrimonio avrà una figlia, Irene. È
autore di racconti e questo è il suo primo romanzo, nato dal
suo interesse per la storia nonché ispirato dalla tesi di
laurea della figlia, incentrata sul processo a Jacques de Molay:
l’ultimo Maestro dei Cavalieri Templari.
Renzo
Montagnoli
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