Il
tesoro dei vinti.
Il
mistero dell’oro di Dongo
di
Gianni Oliva
Arnoldo
Mondadori Editore S.p.A.
Storia
Pagg.
232
ISBN
9788804650812
Prezzo
Euro 20,00
Pecunia
non olet
Scappavano,
fuggivano di fronte agli alleati portandosi dietro parte del tesoro
nazionale, oltre a ricchezze personali, più o meno lecitamente
accumulate; la colonna di auto al seguito di Mussolini fermata a
Dongo era quella dei gerarchi e compromessi con il regime in marcia
verso un’improbabile salvezza. La storia poi ci racconta
dell’esecuzione di cui furono vittime il Duce e la sua amante e
separatamente ministri, sottosegretari, federali della Repubblica di
Salò e del partito nazionale fascista. Tuttavia questo
racconto non è detto che sia l’assoluta verità,
perché nel trascorrere del tempo emergono fatti nuovi e
versioni differenti che se nulla cambiano
circa la fine di questi personaggi, quelle che vengono modificate
sono invece le circostanze e le modalità. La verità,
quella senza se e senza ma, senza incertezze, non è mai facile
da trovare e ancor più difficile lo è quando ci sono di
mezzo delle ricchezze, in special modo se sono tante. E, benché
non si abbia certezza sull’esatta entità, già
alcuni dati che appaiono nel complesso possibili parlano di circa 8
miliardi di lire dell’epoca, di un’ingente quantità
di oro, di preziosi vari, insomma quello che non a caso si può
definire un tesoro. Tanti l’hanno visto, è passato per
non poche mani, ma si è inspiegabilmente perso e tutto lascia
supporre che in larga parte sia finito nelle casse del Partito
Comunista Italiano, disposto a difendere questa appropriazione
indebita con tutti i mezzi, non esclusa forse anche l’uccisione
di chi sapeva e probabilmente voleva parlare. Ci furono indagini, si
trovarono anche dei presunti colpevoli, tutti dell’area
comunista, ma il processo fu continuamente rinviato, tanto che
approdò alla Corte di Assise di Padova ben dodici anni dopo i
fatti e li si arenò, con il colpo di grazia dato dalla morte
improvvisa di uno dei giurati che mandò all’aria tutto
il procedimento che evidentemente non
s’aveva da fare. Nulla
di nuovo, perché è uno dei tanti misteri all’italiana,
ma se l’aspetto di giustizia resta scoperto quello storico
invece pretende giustamente che si tenti almeno di pervenire a un
barlume di verità ed è quello che fa Gianni Oliva con
questo libro, senza con ciò apparire un revisionista secondo
una moda attualmente in voga, tanto più che politicamente
l’autore non è anticomunista, anzi è il
contrario. Assume quindi una particolare rilevanza la sua ricerca,
che non può essere considerata di parte, in quanto fa emergere
responsabilità proprie di esponenti del suo partito. Oliva,
con meticolosità e rigore, ricostruisce la vicenda partendo
dagli ultimi giorni di Mussolini, ai quali è dedicata quasi la
metà del libro, e proseguendo sulla base dei documenti
processuali, di quel procedimento avanti la Corte d’Assise di
Padova interrotto per la scomparsa di uno dei giurati e non più
ripreso in quanto il coinvolgimento di due parlamentari (Dante
Gorreri e Pietro Vergani) avrebbe comportato tempi lunghissimi per le
autorizzazioni a procedere e infine, a salvare capra e cavoli, e a
mettere una pietra tombale sull’aspetto giudiziario
intervennero le due amnistie del 1970 e del 1973. Tuttavia, secondo
Oliva, resta incontrovertibile la responsabilità politica del
Partito Comunista se non altro nella gestione dell’emergenza
dei giorni turbolenti della fine di aprile del 1945. Non c’è
certezza peraltro su dove finì il tesoro, se fu oggetto di
mire individuali, o di partito, o di entrambi, anche se si può
ragionevolmente supporre che il Partito Comunista ne abbia almeno in
parte beneficiato. Oliva non conclude quindi l’opera con
certezze, ma la storia spesso non è verità e già
porsi dei problemi o dei dubbi sulle versioni ufficiali è
almeno un tentativo di avvicinarsi alla verità. Il libro si fa
apprezzare, peraltro, anche per altri aspetti, come l’analisi
approfondita dei motivi che portarono all’esecuzione di
Mussolini e degli altri gerarchi, nonché alla macabra
esposizione dei loro corpi a Milano in piazzale Loreto. Insomma, in
ogni caso Il tesoro dei
vinti è un saggio
storico che si dovrebbe leggere.
Gianni
Oliva,
storico, giornalista e politico italiano, studioso del Novecento, da
anni si occupa degli aspetti meno indagati della storia nazionale, in
particolare dei nodi irrisolti del 1943-48. Da Mondadori ha
pubblicato, fra gli altri, La
resa dei conti (1999), Foibe (2002), Le
tre Italie del 1943 (2004), Profughi (2005), Si
ammazza troppo poco (2006), L'ombra
nera (2007), Soldati
e ufficiali (2009), Esuli (2011), L'Italia
del silenzio (2013), Un
regno che è stato grande (2013).
Alle vicende della dinastia sabauda ha invece dedicato I
Savoia (1998)
e Duchi
d'Aosta (2003).
Per Edizioni del Capricorno ha pubblicato La
Grande Guerra degli italiani. 1915-1918 (2015), Mussolini
1945. La fine del Fascismo (2015), L’avventura
coloniale italiana. L’Africa Orientale Italiana
1885-1942 (2016), Un
secolo d’immigrazione a Torino. Storia e storie dall’Ottocento
a oggi (2017)
e Torino
anni di piombo (2018).
Renzo
Montagnoli
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