Area riservata

Ricerca  
 
Siti amici  
 
Cookies Policy  
 
Diritti d'autore  
 
Biografia  
 
Canti celtici  
 
Il cerchio infinito  
 
News  
 
Bell'Italia  
 
Poesie  
 
Racconti  
 
Scritti di altri autori  
 
Editoriali  
 
Recensioni  
 
Letteratura  
 
Freschi di stampa  
 
Intervista all'autore  
 
Libri e interviste  
 
Il mondo dell'editoria  
 
Fotografie  
 
 
 

  Recensioni  »  I prigionieri di villa Gobio, di Emilio Clementel, edito da Sometti 14/07/2019
 
I prigionieri di villa Gobio.

Memorie di un agente italiano al servizio dell’intelligence inglese (1943 – 1945)

di Emilio Clementel

a cura di Carlo Benfatti

Sometti Editoriale

www.sometti.it

Storia

Pagg. 448

ISBN  9788888091150

Prezzo Euro 18,07


Fu veramente un eroe?


Nel corso della seconda guerra mondiale, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e il successivo avvio dell’attività partigiana la repressione da parte dei nazi-fascisti fu particolarmente dura e violenta. I patrioti catturati furono sottoposti a crudeli sevizie e torture per avere informazioni sull’attività clandestina e in genere gli interrogatori e le brutalità avvenivano in edifici non propriamente militari, come nel caso dell’abitazione in via Tasso a Roma, dove operava la Gestapo, o della villa Fossati a Milano, ben presto chiamata villa Triste, ove spadroneggiava la banda Koch. E così villa Triste furono chiamate tutte le case in cui in quel periodo si torturavano e si uccidevano gli antifascisti; un edificio simile non poteva mancare anche nel mantovano, dove in verità l’attività partigiana era molto modesta, date le caratteristiche di pianura, ma dove tuttavia c’erano prede da distruggere, rappresentate da oppositori del regime, militari alleati fuggiti dai campi di prigionia e, soprattutto, agenti dell’Intelligence. A Cerese, frazione dell’attuale comune di Borgo Virgilio, si utilizzava allo scopo villa Gobio, l’abitazione dei Gobio a cui fu sequestrata in quanto legati alla Resistenza. Si tratta di un edificio probabilmente rinascimentale, con retrostanti case coloniche, e con un grande e bel parco davanti; nel corso delle mie uscite pressoché giornaliere con il cane è sempre sulla mia strada, perché io abito lì vicino, e avendo sentito dai miei genitori il triste uso a cui fu adibita negli anni della guerra civile ho avuto sempre la curiosità di approfondire l’argomento e l’occasione mi è venuta con la pubblicazione di questo libro, che vorrebbe essere una specie di parziale autobiografia. In effetti Emilio Clementel per tre quarti del libro parla del suo avvio all’attività di Intelligence per conto degli alleati, delle missioni compiute e solo per l’altro quarto della sua detenzione a villa Gobio. Da subito ho ritratto l’impressione che l’autore non sia sincero, nel senso che tende a ingigantire le sue qualità, attribuendosi anche il merito di fatti non sempre accaduti, come anche evidenziato in più di un caso dal curatore Carlo Benfatti. In particolare risulta poco credibile il periodo di operatività a Reggio Emilia, con un comportamento francamente da guascone, faciloneria che invece attribuisce a Carlo, altro agente alle sue dipendenze, dandogli però il merito di aver fatto saltare in aria in una notte le batterie antiaeree del capoluogo emiliano, un atto di sabotaggio complesso, che richiederebbe l’azione di reparti speciali e quindi francamente impossibile da realizzare per un uomo solo, magari con l’aiuto solo di un piccolo gruppo di partigiani. Sarà poi questo Carlo a tradirlo e a farlo cadere nelle mani dei tedeschi, con l’ipotesi che lo stesso fosse passato al nemico, il che poi non è vero perché finì fucilato. C’è un altro errore poi nella narrazione di Clementel, quando scrive che a villa Gobio operava l’Abwehr, l’intelligence militare tedesca; infatti questo servizio fu sciolto dopo l’attentato a Hitler del 20 luglio 1944 e i suoi uomini e i suoi mezzi furono incorporati nell’RSHA, l’Ufficio Centrale di Sicurezza del Reich, che comprendeva anche elementi delle SS, assenti invece in precedenza. Quanto alle torture, inenarrabili, subite da Clementel credo che avrebbero ucciso chiunque, il che fa un po’ dubitare di quanto raccontato, per non parlare della sua fuga, avvenuta il 22 aprile del 1945, abbastanza possibile come metodo, ma francamente improbabile in un uomo minato da mesi di trattamenti sadici, i cui effetti non sembrano palesi in una foto del 13 maggio del 1945, cioè dopo soli 21 giorni dalla rocambolesca evasione, in cui è ritratto l’autore che insieme ad altri porta la bara di una delle vittime rinvenute sepolte del parco della villa. Certo Clementel aveva 22 anni e quindi le possibilità di recupero erano notevoli, ma per uno che, fra l’altro, era rimasto appeso per le manette a un muro per diversi giorni la guarigione e il ritorno alla normalità avrebbero richiesto non giorni, ma mesi. Per scampare al suo destino, fra l’altro unico fra i prigionieri, si può forse supporre che abbia prestato un po’ di collaborazione, più che giustificabile per evitare i tormenti, un contributo che non dovette essere solo apparente, ma resta il fatto che in ogni caso ci sono più cose che non tornano e che non danno al libro quell’impronta di vita veramente vissuta che costituirebbe un prezioso contributo sotto il profilo storico. Una risposta alle tante domande che ci si pone nella lettura purtroppo non potrà mai venire, perché l’autore è nel frattempo deceduto, così che restano i dubbi e anche le illazioni. Clementel fu un eroe o per salvarsi fu costretto a collaborare, non solo apparentemente, con il nemico? Non si potrà mai sapere e io spero solo che, nonostante le mie perplessità, la prima ipotesi sia quella giusta.


Emilio Clementel (1922 – 2007) è stato durante la seconda guerra mondiale un agente del servizio di intelligence inglese.


Carlo Benfatti (Poggio Rusco, 15 marzo 1939) è uno sctorico, scrittore, nonché giornalista. I suoi studi storici soono relativi ai secoli XIX e XX, con particolare riferimento al mantovano.


Renzo Montagnoli



 
©2006 ArteInsieme, « 013949459 »