I
prigionieri di villa Gobio.
Memorie
di un agente italiano al servizio dell’intelligence inglese
(1943 – 1945)
di
Emilio Clementel
a
cura di Carlo Benfatti
Sometti
Editoriale
www.sometti.it
Storia
Pagg.
448
ISBN
9788888091150
Prezzo
Euro 18,07
Fu
veramente un eroe?
Nel
corso della seconda guerra mondiale, dopo l’armistizio dell’8
settembre 1943 e il successivo avvio dell’attività
partigiana la repressione da parte dei nazi-fascisti fu
particolarmente dura e violenta. I patrioti catturati furono
sottoposti a crudeli sevizie e torture per avere informazioni
sull’attività clandestina e in genere gli interrogatori
e le brutalità avvenivano in edifici non propriamente
militari, come nel caso dell’abitazione in via Tasso a Roma,
dove operava la Gestapo, o della villa Fossati a Milano, ben presto
chiamata villa Triste, ove spadroneggiava la banda Koch. E così
villa Triste furono chiamate tutte le case in cui in quel periodo si
torturavano e si uccidevano gli antifascisti; un edificio simile non
poteva mancare anche nel mantovano, dove in verità l’attività
partigiana era molto modesta, date le caratteristiche di pianura, ma
dove tuttavia c’erano prede da distruggere, rappresentate da
oppositori del regime, militari alleati fuggiti dai campi di
prigionia e, soprattutto, agenti dell’Intelligence. A Cerese,
frazione dell’attuale comune di Borgo Virgilio, si utilizzava
allo scopo villa Gobio, l’abitazione dei Gobio a cui fu
sequestrata in quanto legati alla Resistenza. Si tratta di un
edificio probabilmente rinascimentale, con retrostanti case
coloniche, e con un grande e bel parco davanti; nel corso delle mie
uscite pressoché giornaliere con il cane è sempre sulla
mia strada, perché io abito lì vicino, e avendo sentito
dai miei genitori il triste uso a cui fu adibita negli anni della
guerra civile ho avuto sempre la curiosità di approfondire
l’argomento e l’occasione mi è venuta con la
pubblicazione di questo libro, che vorrebbe essere una specie di
parziale autobiografia. In effetti Emilio Clementel per tre quarti
del libro parla del suo avvio all’attività di
Intelligence per conto degli alleati, delle missioni compiute e solo
per l’altro quarto della sua detenzione a villa Gobio. Da
subito ho ritratto l’impressione che l’autore non sia
sincero, nel senso che tende a ingigantire le sue qualità,
attribuendosi anche il merito di fatti non sempre accaduti, come
anche evidenziato in più di un caso dal curatore Carlo
Benfatti. In particolare risulta poco credibile il periodo di
operatività a Reggio Emilia, con un comportamento francamente
da guascone, faciloneria che invece attribuisce a Carlo, altro agente
alle sue dipendenze, dandogli però il merito di aver fatto
saltare in aria in una notte le batterie antiaeree del capoluogo
emiliano, un atto di sabotaggio complesso, che richiederebbe l’azione
di reparti speciali e quindi francamente impossibile da realizzare
per un uomo solo, magari con l’aiuto solo di un piccolo gruppo
di partigiani. Sarà poi questo Carlo a tradirlo e a farlo
cadere nelle mani dei tedeschi, con l’ipotesi che lo stesso
fosse passato al nemico, il che poi non è vero perché
finì fucilato. C’è un altro errore poi nella
narrazione di Clementel, quando scrive che a villa Gobio operava
l’Abwehr, l’intelligence militare tedesca; infatti questo
servizio fu sciolto dopo l’attentato a Hitler del 20 luglio
1944 e i suoi uomini e i suoi mezzi furono incorporati nell’RSHA,
l’Ufficio Centrale di Sicurezza del Reich, che comprendeva
anche elementi delle SS, assenti invece in precedenza. Quanto alle
torture, inenarrabili, subite da Clementel credo che avrebbero ucciso
chiunque, il che fa un po’ dubitare di quanto raccontato, per
non parlare della sua fuga, avvenuta il 22 aprile del 1945,
abbastanza possibile come metodo, ma francamente improbabile in un
uomo minato da mesi di trattamenti sadici, i cui effetti non sembrano
palesi in una foto del 13 maggio del 1945, cioè dopo soli 21
giorni dalla rocambolesca evasione, in cui è ritratto l’autore
che insieme ad altri porta la bara di una delle vittime rinvenute
sepolte del parco della villa. Certo Clementel aveva 22 anni e
quindi le possibilità di recupero erano notevoli, ma per uno
che, fra l’altro, era rimasto appeso per le manette a un muro
per diversi giorni la guarigione e il ritorno alla normalità
avrebbero richiesto non giorni, ma mesi. Per scampare al suo destino,
fra l’altro unico fra i prigionieri, si può forse
supporre che abbia prestato un po’ di collaborazione, più
che giustificabile per evitare i tormenti, un contributo che non
dovette essere solo apparente, ma resta il fatto che in ogni caso ci
sono più cose che non tornano e che non danno al libro
quell’impronta di vita veramente vissuta che costituirebbe un
prezioso contributo sotto il profilo storico. Una risposta alle tante
domande che ci si pone nella lettura purtroppo non potrà mai
venire, perché l’autore è nel frattempo deceduto,
così che restano i dubbi e anche le illazioni. Clementel fu un
eroe o per salvarsi fu costretto a collaborare, non solo
apparentemente, con il nemico? Non si potrà mai sapere e io
spero solo che, nonostante le mie perplessità, la prima
ipotesi sia quella giusta.
Emilio
Clementel
(1922 – 2007) è stato durante la seconda
guerra mondiale un agente del servizio di intelligence inglese.
Carlo
Benfatti (Poggio Rusco, 15 marzo 1939) è
uno sctorico, scrittore, nonché giornalista. I suoi studi
storici soono relativi ai secoli XIX e XX, con particolare
riferimento al mantovano.
Renzo
Montagnoli
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