Avanti
popolo.
Le
lotte e le speranze dei “lauradur” in un romanzo padano
di
Sergio Banali
Prefazione
di Ibio Paolucci e Franco Giannantoni
Arterigere-Chiarotto
Editore
Narrativa
romanzo
Pagg.
216
ISBN
9788889666098
Prezzo
Euro 14,00
Uno
spaccato di un mondo che non c’è più
In
tutta sincerità quando ho trovato questo libro su una
bancarella ho storto il naso per quel titolo che mi faceva pensare a
un lavoro di partito, ma l’ho comprato ugualmente in
considerazione del fatto che l’autore, deceduto nel 2015, era
nato nel 1930 a Goito e quindi in provincia di Mantova. Non amo avere
atteggiamenti campanilistici, ma ho la naturale curiosità di
conoscere gli autori mantovani, tanto più che leggendo
l’ultima di copertina ho ritratto l’impressione che
l’opera fosse ambientata in una piccola realtà e in un
periodo tragico quale fu quello del fascismo. Questa sensazione si è
rivelata esatta mano a mano che leggevo, mentre si è fugato il
timore di trovarmi di fronte a un lavoro rigorosamente di parte, anzi
di partito. A scanso di equivoci voglio evidenziare che Sergio Banali
non nega la sua ideologia comunista, ma nemmeno l’esalta, anche
se i personaggi sono per lo più spiccatamente di sinistra,
soprattutto di quella sinistra identificabile con l’emblema
della falce e del martello. Quindi non c’è nessun
pericolo di trovarsi di fronte a un’opera retorica, in cui si
enfatizzano
i benefici, che peraltro all’epoca si ipotizzavano anche se poi
non si sono mostrati tali, di un regime che la storia ha già
cassato. E allora, forte di una struttura narrativa agile (sembrano
racconti, ma collegati l’uno all’altro finiscono con il
diventare i capitoli di un romanzo), Avanti
popolo riserva non poche
piacevoli sorprese, perché comprende la descrizione di un
mondo, quello contadino in cui la mano d’opera era preminente
nei lavori, che a quei tempi presentava gli ultimi bagliori, insomma
una civiltà in cui già erano presenti i segni
dell’imminente scomparsa, quella fine provocata
dall’industrializzazione del lavoro dei campi. Banali,
consapevole dello scontro di classe fra agrari e braccianti, della
lotta politica più evidente dopo l’8 settembre 1943 fra
fascisti e antifascisti, riesce a dimostrare un ammirevole
equilibrio, pur parteggiando ovviamente per la classe negletta, senza
dimostrare odio per la controparte, vista più come avversaria
che come nemica. In questo modo l’autore riesce a creare un
naturale moto di simpatia per i partitgiani, per i lavoratori in
sciopero, per la povera gente che ogni giorno si arrangia per
sopravvivere. Questo è un merito non da poco che rende la
lettura particolarmente piacevole, e ciò indipendentemente
dalle idee politiche di chi ha per le mani il libro. Ci sono
personaggi che assai probabilmente sotto altri nomi, o nomignoli,
devono essere realmente esistiti, tanto vivida ne è la
descrizione: ne cito uno per tutti, cioè il bracciante Fosco
Salvin, uomo poco istruito, ma intelligente, dotato di grande
fantasia, che in parte riesce a trasformare in realtà, tanto
da diventare per i tedeschi una sorta di Primula rossa; non è
tuttavia un eroe, è solo un uomo che cerca di dare il suo
contributo alla Resistenza, prudente perché consapevole dei
rischi che corre, capace di fermarsi quando il pericolo è
troppo.
Avanti
popolo non sarà un
capolavoro, anzi in tutta coscienza dico che non lo è, però
è uno di quei romanzi che si leggono con piacere e di cui, nel
tempo, si riesce a conservare la memoria.
Giorgio
Banali, detto
Sergio (Goito, 20 ottobre 1930 – Varese, 26 luglio 2015) è
stato un giornalista, redattore capo de L’Unità, poi
collaboratore di Cuore. Ha scritto il romanzo Avanti popolo. Le lotte
e le speranze dei “lauradur” in un romanzo padano
(Arterigere, 2006).
Renzo
Montagnoli
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