Starace.
L’uomo
che inventò lo stile fascista
di
Antonio Spinosa
Edizioni
Rizzoli
Storia
biografia
Pagg.
312
ISBN
5000000073705
Prezzo
Euro 12,10
Un
cretino obbediente
Mussolini
era Mussolini, ma il fascismo era Starace. Può sembrare una
battuta a buon mercato, ma non lo è, perché Achille
Starace diede un’impronta ben precisa alla nazione italiana,
riuscendo però a farsi detestare sia dai fascisti che dagli
antifascisti. Ci si chiederà il perché, ovviamente, e
la risposta non è difficile, perché questo pugliese,
eroe di guerra, nel lungo periodo in cui fu segretario del Partito
Nazionale Fascista fu ubbidiente e fin troppo zelante nell’adempiere
all’ordine del duce di far diventare fascisti gli italiani. Ed
ecco allora le divise, gli esercizi ginnici obbligatori, il sabato
pomeriggio occupati a marciare o a saltare il cerchio di fuoco, il
tutto condito da un’aria di vuota retorica e da un patriottismo
che esaltava quelli che erano definiti i nostri avi, cioè i
romani. Dal punto di vista dell’organizzazione di questo
spettacolo Starace era imbattibile, sempre pronto a inserire novità
suggeritegli da Mussolini, che lui venerava, non contraccambiato però
nella stima, tanto che in occasione della sua nomina a segretario,
allorchè il gerarca fascista Arpinati, rivolto al duce,
sbottò:”Ma è un cretino!”, la risposta fu
eloquente: “Lo so, ma è un cretino obbediente!”.
Dato che nel partito fascista non mancavano le fronde, i giochi di
potere, non era ben vista questa sua posizione di contatto diretto
con Mussolini e di continuo si cercava di screditarlo. Si arrivò
al punto di rinfacciargli le numerose amanti, ma questa era un
argomento che al Duce, anche lui impegnato allo stesso modo,
interessava poco, si architettarono presunte ruberie, che fra i
gerarchi erano la norma, ma nemmeno lì i congiurati ebbero
successo, perché, se era cretino, era un cretino onesto.
Invece cadde perché il fascismo di per sé si logorava,
era invecchiato precocemente in una decadenza che con la guerra forse
voleva evitare, ma che invece finì con il dare il cosiddetto
colpo di grazia. Durante il secondo conflitto mondiale anche Starace,
ormai senza più incarichi, senza redditi e quindi in
difficoltà economiche, non fu che l’ombra di se stesso e
dopo il 25 luglio del 1943 lo sbatterono anche in galera, per poi
liberarlo quasi subito, ma per poco tempo, perché costituita
la Repubblica Sociale Italiana lo misero in carcere a Verona, vicino
alle celle dei congiurati del 25 luglio 1943. Lui continuava a
scrivere lettere al duce, pregandolo di avere un incarico, ma quello
faceva orecchi di mercante e così, una volta rimesso in
libertà, si rifugiò a Milano dove visse quasi in
miseria e in solitudine. Poi, chissà perché, il 29
aprile del 1945 uscì dalla sua tana in tuta da ginnastica per
corrrere un po’. Venne riconosciuto dai partigiani e,
sottoposto a un processo sommario, fu condannato a morte. Portato in
piazzale Loreto, dove ancora erano appesi i cadaveri dei gerarchi
fucilati a Dongo, della Petacci e di Mussolini, morì colpito
dalle pallottole del plotone d’esecuzione gridando ancora una
volta:” Viva il duce!”. Non c’è che dire se
non che è il caso più unico che raro del perfetto
cretino, coerente fino all’ultimo. Eppure, secondo la mia
personale opinione, il personaggio merita rispetto, poiché non
si macchiò di nefandezze ma fece l’errore di credere di
trasformare gli italiani in un popolo di permanenti rivoluzionari,
diventando oggetto della satira, ovviamente non ufficiale, con cui in
fondo il fascismo poteva sembrare meno pericoloso e meno opprimente
di ciò che effettivamente era.
Antonio
Spinosa, autore di numerose biografie di personaggi storici celebri,
è esauriente nel parlarci dell’esistenza di Starace,
senza essere greve, anzi inserendo un sottofondo ironico in quella
che è anche la storia dell’Italia fascista. Non tace dei
difetti del personaggio ed evidenzia l’unico pregio di non
essere corruttibile; per quanto ne esca una macchietta, spesso
indisponente, tuttavia l’autore dimostra anche di avere
compassione per quest’uomo, morto spiritualmente dal momento in
cui Mussolini non lo volle più alla sua presenza, una condanna
infamante per chi per il duce sarebbe morto.
Da
leggere, senza dubbio.
Antonio
Spinosa, giornalista e scrittore, è stato
direttore del nuovo «Roma», dell'agenzia Italia, della
«Gazzetta del Mezzogiorno» e di Videosapere-rai; inviato
speciale del «Corriere della Sera» e del «Giornale».
È autore di numerosi saggi storici, politici, di costume e di
biografie di personaggi che hanno c"ambiato il mondo e l'Italia
in particolare, tra cui "Cesare", "Tiberio",
"Augusto", "Paolina Bonaparte", "Murat",
"Starace", "Mussolini", "Vittorio Emanuele
III", "Hitler", "Pio XII", "Salò",
"Edda", "Italiane", "L'Italia liberata",
"La grande storia di Roma", "La saga dei Borgia",
"Mussolini razzista riluttante", "Alla corte del
duce", "Churchill", "Il potere", il destino
e la gloria", "Cleopatra", "D'Annunzio",
tutti editi da Mondadori.
Ha vinto il Premio Estense, il
Saint-Vincent, il Bancarella, il premio Donna Città di Roma ed
è stato finalista al premio Strega 1996 con Piccoli
sguardi.
Si dedica da anni a riscoprire e reinterpretare eventi
e personaggi che hanno cambiato la storia d'Italia, dall'antica Roma
all'epoca napoleonica, all'età contemporanea.
Renzo
Montagnoli
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