Il
cattivo tedesco e il bravo italiano.
La
rimozione delle colpe della seconda guerra mondiale
di
Filippo Focardi
Laterza
Editori
Storia
Pagg.
XIX-288
ISBN
9788858123850
Prezzo
Euro 13,00
E’
ora di sfatare un mito
Fin
da ragazzo, allorchè si parlava soprattutto della seconda
guerra mondiale, una frase ricorrente era “Italiani
brava gente”
in
contrapposizione ad asserzioni del tipo “i
tedeschi erano belve assetate di sangue”.
Poichè sono italiano mi sentivo quasi orgoglioso, mi vedevo in
guerra coraggioso sì, ma pure pietoso, disponibile ad aiutare
le famiglie dei nemici. Era un mantra che finiva per portare alla
convinzione che i nostri soldati fosseri diversi, soprattutto dai
tedeschi, che fossero degli autentici eroi, ma anche stimati se non
addiruttura amati dal nemico. Poi, leggendo testi di storia seri, e
quindi non basandomi su quelli scolastici, quasi mai sinceri, ho
scoperto purtroppo che anche noi non eravamo bravi, magari non
avevamo messo in pratica un olocausto, non eravamo arrivati nelle
città sovietiche per ammazzarvi prima di tutti gli ebrei e poi
anche altri cittadini, tanto per dare un esempio e restare in
esercizio. Invece, le occupazioni fasciste sono state sostanzialmente
in linea con quelle naziste, nonostante anche di recente alcuni
distinguo da parte di politici, uno su tutti Silvio Berlusconi, che
vede il fascismo come un fenomeno politico-sociale nel complesso del
tutto normale, fino all’alleanza con Hitler, il cui funesto
influsso poi portò a degenerazioni senz’altro
esecrabili. Non è così, ed è inutile che i neo
fascisti neghino l’evidenza dei fatti, perché, per
quanto a lungo celate come vergogne nazionali, le stragi compiute in
Etiopia bastano da sole a dimostrare che Mussolini andava per le
spicce, che emanava ordini volti ad effettuare degli eccidi, ordini
per lo più eseguiti con la massima partecipazione. Insomma,
troppo a lungo abbiamo assistito a un rifiuto collettivo della
memoria della dittatura fascista e delle guerre dalla stessa
intraprese. E così, siamo pervenuti a un’idea di
autoassoluzione con quegli “italiani
brava gente”.
Come è stato possibile chiudere gli occhi di fronte alle
evidenze e credere ciecamente a ciò che ci assolveva? Ecco a
queste domande risponde l’interessante saggio storico di
Filippo Focardi che non intende aggiungere altro a quelle che sono le
ricerche iniziate una cinquantina di anni fa sugli eccidi compiuti
dagli italiani, studi che portano la firma di illustri autori, quali
Angelo Del Boca e Giorgio Rochat, ma, e questo viene precisato da
subito, <questo
libro intende ricostruire lo specifico percorso di costruzione di una
narrazione italiana dell’esperienza della seconda guerra
mondiale.>
Detto in parole più semplici il lavoro di Focardi intende
dissacrare l’intento revisionistico di non poche opere scritte
nell’immediato dopo guerra dai nostri generali sconfitti e dai
gerarchi scampati alla punizione che avrebbero meritato, opere che,
stranamente – ma poi è abbastanza chiaro il motivo -,
sono state recepite come oro colato nei testi scolastici, tutti
miranti all’autoassoluzione.
Per
quanto di non facile lettura, trattandosi di un testo rigorosamente
storico e volto a capire i motivi, i modi e i fini di questo processo
di autoassoluzione (basti pensare che l’alleanza di Mussolini
con Hitler viene vista dai monarchici, dagli antifascisti, dagli
agnostici come frutto di un patto privato, come se le responsabilità
di entrambi potessero essere tenute separate nell’aspetto
civile da quello pubblico), mi sembra che il risultato che si era
prefisso l’autore sia stato raggiunto, chiarendo non poche
cose.
E
del resto per enfatizzare il bravo italiano è stato
sufficiente esagerare la figura del cattivo tedesco; ora, premesso
che è impossibile che tutti gli italiani fossero bravi e tutti
i tedeschi fossero cattivi, non bisogna dimenticare che se
nell’Unione Sovietica occupata i soldati nazisti spesso e
volentieri commisero degli eccidi, anche senza piani preordinati, non
devono essere tralasciati quelli compiuti dall’esercito
italiano nei Balcani, crimini non dissimili da quelli commessi dal
loro alleato. Che dire poi della nostra occupazione in Slovenia con
deportazioni in massa nel famigerato campo di concentramento
dell’isola di Rab, dove la mortalità era addirittura
superiore a quella di Auschwitz? É evidente che il famoso
motto evangelico “chi
è senza peccato scagli la prima pietra”
è
alquanto pertinente. E invece si celebrano le vittime delle foibe
(beninteso questi poveri italiani sopressi in modo così
orrendo comportano un più che giustificato nostro sdegno), ma
chissà per quale ragione non si parla degli eccidi da noi
commessi in quelle zone, di cui furono vittime non solo uomini, ma
anche donne e bambini.
Le
conclusioni dell’opera sono purtroppo disarmanti, perché
Focardi evidenzia come il popolo italiano sia completamente privo
dell’etica della responsabilità, di una presa di
coscienza su quanto è stato fatto di negativo in passato;
questa carenza è assai grave, perché ci impedisce di
comprendere gli errori, onde poi evitarli, ci rinchiude in un bozzolo
dorato, ma falso, di una memoria autocelebrativa, in cui ci sentiamo
vittime, anziché carnefici.
É
inutile che aggiunga che Il
cattivo tedesco e il bravo italiano
è
senz’altro da leggere.
Filippo
Focardi è
ricercatore di Storia contemporanea presso il Dipartimento di Scienze
politiche, giuridiche e studi internazionali dell’Università
di Padova. Si è occupato di memoria del fascismo e della
seconda guerra mondiale, di risarcimenti per le vittime del nazismo e
della questione della punizione dei criminali di guerra italiani e
tedeschi.
Renzo
Montagnoli
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