Liberazione
di
Sandor Marai
Edizione
Adelphi
Narrativa
Pagg.
162
ISBN
9788845922831
Prezzo
Euro 16,50
Un’umanità
sotto assedio
Nel
dicembre del 1944 le truppe sovietiche avanzano vittoriose anche in
Ungheria e posto l’assedio alla capitale Budapest sferrano
l’attacco finale. Due giorni prima del Natale la venticinquenne
Erzébet, braccata da mesi, trova fortunosamente un rifugio per
il padre, un noto scienziato che i tedeschi e i fascisti ungherese
vorrebbero uccidere unicamente perché l’uomo non ha
scelto di stare dalla loro parte e dato che nelle dittature o si è
con chi comanda, o in caso contrario si è considerati nemici,
lui diventa un pericoloso antagonista, anche se a tutti gli effetti
la sua scelta è stata di non collaborare. Sistemato il
genitore, in pratica murato vivo in uno spazio angusto di una cantina
in compagnia di alcuni altri ricercati, la ragazza attende la fine
degli scontri nei sotterranei adibiti a rifugio della casa in cui
abita, in mezzo a una moltitudine di persone che in quella
promiscuità desiderano solo che tutto finisca presto. La
vicenda non ha nulla di trascendentale, ma il romanzo ha un suo
particolare valore per la grande capacità dell’autore di
effettuare un’analisi psicologica approfondita dei
comportamenti di individui costretti per giorni a stare a stretto
contatto di gomito e con la paura di essere uccisi, magari da una
delle tante bombe sganciate dagli aerei russi o da un proiettile
della loro artiglieria. Ora dopo ora questa umanità impaurita
manifesta gli effetti di un ancestrale terrore, proprio di chi è
trepidante per la sua sorte, e se queste paure alimentano una
tensione che consente alla gente di sopravvivere fra delusioni e
speranze, pur tuttavia piano piano porta a un’assuefazione con
la morte che sradica ogni pietà. Il mondo descritto da Marai
non è quello di una società proletaria, ma, tranne per
pochi componenti, è proprio della borghesia, avida e al tempo
stesso pavida, una società che si trascina ora rassegnata, ora
esasperata, ma che comunque non perde le sue caratteristiche
distintive, in cui ognuno manifesta condiscendenza per ribadire il
suo status, la sua superiorità. Eppure, nel trascorrere dei
giorni, pigiati l’uno accanto all’altro, costretti nel
fetore delle latrine comuni, poco a poco si allentano i freni
inibitori, si appassisce, si diventa inerti come pecore rassegnate
nell’imminenza della macellazione. E invece arriverà la
liberazione, tanto agognata, tanto sognata, un istante di gioia e poi
riprendono gli incubi, perché finita un’epoca se ne apre
un’altra che ancora non è possibile conoscere.
Sandor
Marai ha ultimato la stesura di questo romanzo nel settembre del
1945, quando già da non pochi mesi la città era sotto
l’occupazione sovietica e aveva sicuramente capito che questa
opprimente presenza, se pur sotto altre vesti, si sarebbe protratta a
lungo, fino a una nuova liberazione, con le inevitabili incertezze
sul dopo.
Da
leggere, senz’altro.
Sandor
Marai,
scrittore, poeta e giornalista ungherese. Nato nell’odierna
Kosice, in Slovacchia (allora parte dell’Impero
austro-ungarico), divenne collaboratore della «Frankfurter
Zeitung». Nel 1928 si trasferì a Budapest dove, nel
corso del ventennio successivo, pubblicò numerosi romanzi in
lingua ungherese (I
ribelli, 1930; Le
confessioni di un borghese, 1934; Divorzio
a Buda,
1935; L’eredità
di Eszter,
1939; La
recita di Bolzano, 1940; Le
braci, 1942)
che si soffermano, con prosa musicale, a indagare le pieghe più
intime di personaggi che incarnano il malinconico disfacimento della
mitteleuropa. Benché premiate dal successo, le sue opere
vennero bollate come «realismo borghese»
dall’intellighenzia del nuovo regime comunista: nel ’48
Márai fu costretto a lasciare l’Ungheria per stabilirsi
– dopo brevi soggiorni in Svizzera e in Italia – negli
Stati Uniti. D’indole schiva e solitaria, continuò a
scrivere nella sua lingua madre circondato dall’indifferenza,
sempre più emarginato.
Una serie di drammi condusse lo
scrittore sulla via dell’isolamento. La morte per cancro della
moglie e il successivo decesso del figlio segnarono la caduta in un
profondo stato di depressione. Màrai si tolse la vita con un
colpo di rivoltella, le sue ceneri furono disperse nel Pacifico.
La
sua produzione, a lungo ignorata o negletta, a partire dalla prima
metà degli anni ’90 ha conosciuto uno straordinario
successo, prima in Francia e poi nel resto dell’Europa.
tra
le fonti: Enciclopedia
della Letteratura Garzanti
2007
Renzo
Montagnoli
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