L’alba
che aspettavamo.
Vita
quotidiana a Milano nei giorni di piazzale Loreto 23 – 30
aprile 1945
di
Edgarda Ferri
Arnoldo
Mondadori Editore S.p.A.
Storia
Pagg.
249
ISBN
9788804539452
Prezzo
Euro 17,00
La
fine di una lunga notte
Siamo
alla fine dell’anno 2019 e quindi da quel 25 aprile del 1945,
giorno che viene commemorato come quello della liberazione
dell’Italia dal dominio nazi-fascista, sono trascorsi oltre 74
anni e ormai sono pochi quelli che ricordano quelle giornate
fatidiche, pochi che hanno avuto coscienza di quello che accadde, il
che vuol dire che questi pochi all’epoca dovevano avere almeno
una decina di anni. Furono ore di trepidazione, di gente che sperava
nell’arrivo degli alleati, ma che temeva anche colpi di coda
dei fascisti e dei tedeschi, così come invece erano
attanagliati dall’angoscia tutti quelli compromessi con il
regime, perfettamente consapevoli della sua imminente fine e proprio
per questo timorosi per la loro sorte. Dico solo che furono giorni
convulsi, con continui ammazzamenti, con sentenze di morte
pronunciate e subito eseguite da improvvisati Tribunali del popolo,
con vittime in diversi casi anche innocenti, colpite da vendette o
addirittura scambiate per altre persone, in un caos in cui non
raramente non si riusciva a capire se alcuni armati fossero fascisti
travestiti da partigiani o viceversa. Per chi a quell’epoca era
troppo piccolo per comprendere, per quelli nati successivamente
L’alba che aspettavamo
è il libro che riesce a spiegare quel che accadde, sia pure
limitatamente a Milano, dove peraltro c’erano i centri
nevralgici degli opposti poteri. Edgarda Ferri, l’autore,
allora era una bambina essendo nata nel gennaio del 1934, ma è
indubbio che visse quei giorni, che fu testimone di fatti spesso
sanguinosi e che, soprattutto, potè memorizzare l’atmosfera
di una guerra e di una dittatura che, alimentata con il sangue,
finiva nel sangue. Io non c’ero e pertanto ho potuto apprezzare
la cronaca di quegli otto giorni (dal 23 al 30 aprile), quasi
scandita ora per ora, una serie di eventi incrociati, storie di
personaggi famosi e altri senz’altro non noti, gli antifascisti
che venivano ancora catturati e ammazzati, così come i membri
delle varie soldataglie del Duce giustiziati lungo le strade,
l’incontro in arcivescovado del cardinale Schuster con un
Mussolini disperato, il contatto breve di questi con alcuni dei
rappresentanti del Comitato di Liberazione per trattare la resa, una
resa senza condizioni che il dittatore ormai detronizzato non accetta
e che lo induce a fuggire verso la Svizzera, non sa nemmeno lui
ancora se per tentare di rifugiarsi nel paese neutrale, oppure per
andare a sparare le ultime cartucce nel fantomatico ridotto della
Valtellina. Sappiamo come andò a finire, come sappiamo che
Benito Mussolini, Claretta Petacci e gli altri gerarchi fucilati a
Dongo furono appesi a un distributore in piazzale Loreto, lo stesso
piazzale dove il 10 agosto 1944 erano stati fucilati 15 partigiani, i
cui corpi furono tenuti ben in vista a lungo per un monito alla
popolazione, che ora invece accorreva in massa a sincerarsi della
morte di “mascellone”, esultando, infierendo sul
cadavere, magari la stessa folla che il 10 giugno 1940 si era
entusiasmata per il discorso del Duce con cui comunicava al paese
l’avvenuto consegna delle dichiarazioni di guerra alle
ambasciate
inglesi e francesi. Edgarda Ferri si avvale di numerose
testimonianze, di gente dell’una e dell’altra parte che
le ha raccontato l’esperienza di quei giorni, ma contano anche
le riflessioini dell’autore, molto equilibrate, e anche
sincere, perché fa solo un cenno, ma questo basta e avanza per
ricordare che già nei primi giorni di pace gli stessi
profittatori di prima continuarono a operare indisturbati, che chi
aveva potuto pagarsi la libertà era scampato al processo e che
chi era il padrone del vapore prima lo era anche a guerra finita.
Insomma, se c’era bisogno di un’ulteriore conferma, un
cambiamento epocale di sostanza non c’è stato; certo, la
guerra era finita, aveva vinto la democrazia, ma chi contava prima
continuava a contare.
Il
libro si legge veramente con grande piacere, grazie alla struttura
snella e alla capacità dell’autore di non far mai calare
il ritmo, sempre molto elevato.
L’interesse
dell’argomento è notevole, sia per quelli che all’epoca
non c’erano, o se c’erano erano troppo piccoli per
capire, sia per gli altri, per quelli ormai pochi che vissero
consapevolmente quelle giornate, il cui ricordo viene così a
loro opportunamente rinfrescato, perche gli italiani devono sapere
quanto mostruoso sia stato il fascismo e come sia finito
ufficialmente nell’aprile del 1945, pur continuando a covare
sotto la cenere.
Edgarda
Ferri
è nata a Mantova e vive e lavora a Milano. Scrittrice,
saggista, giornalista ha esordito nel 1982 con Dov’era
il padre,
un romanzo che rimane tuttora un ritratto fondamentale e un punto di
riferimento per un’intera generazione. Ha pubblicato
inoltre, Contro
il padre (1983), La
tentazione di credere (1985), Il
perdono e la memoria (1988), Luigi
Gonzaga (1991), Quello
che resta di Cristo dopo 2000 anni (1996)
e, per Mondadori, Maria
Teresa (1994), Giovanna
la Pazza (1996), Io,
Caterina (1997), Per
amore (1998), L'ebrea
errante (2000), Piero
della Francesca (2001), La
grancontessa (Le
Scie, 2002), Letizia
Bonaparte (2003), L'alba
che aspettavamo (2005), Il
sogno del principe (2006), Rodolfo
II (2007), Uno
dei tanti (2009).
Renzo
Montagnoli
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