Alla
corte del Duce
di
Antonio Spinosa
Arnoldo
Mondadori Editore S.p.A.
Storia
Pagg.
381
ISBN
2560442002942
Prezzo
Euro 10,00
Una
farsa finita in tragedia
Un
uomo che detiene un potere assoluto è sempre solo, se pur
circondato da una corte di uomini e donne, ossequianti, perennemente
in contrasto fra loro, e comunque sempre pronti a scalare una
posizione nella gerarchia, cercando perfino di subentrare al vertice.
Anche nel caso di Benito Mussolini c’era un seguito di
variegati personaggi, dal cretino, ma utile Achille Starace, al
tentennante e vanitoso Galeazzo Ciano, tanto per nominarne un paio,
ma erano molti, molti di più; non mancavano le donne, quasi
esclisivamente quelle ben disposte ad appagare l’appetito
sessuale del duce, raramente opportuniste, per lo più
infatuate. Tutta questa gente, che viveva all’ombra del
potente, tesa continuamente a mettersi in luce, agiva sul
palcoscenico come burattini i cui fili erano tenuti da Mussolini,
sempre occupato a impedire che qualcuno cercasse di fargli le scarpe.
Ne temeva soprattutto due: Italo Balbo, fascista della prima ora,
aviatore dalle imprese titaniche, che nei primi giorni di guerra
perse la vita per fuoco amico, e Dino Grandi, altro elemento di
spicco, peraltro untuoso, a capo delle prime squadre di camicie nere,
doppio giochista abile e che infatti lo tradì in modo perfetto
in occasione della famosa riunione del Gran Consiglio del Fascismo
del 25 luglio del 1943. E poi, per il riposo del guerriero, c’erano
le donne, che riceveva quasi sempre nel suo ufficio e che possedeva
frettolosamente in piedi contro il tavolo; è impossibile
nominarle tutte, perché in materia l’appetito di
Mussolini era veramente esagerato, ma non si può tacere la sua
lunga relazione con Margherita Sarfatti nata Grassini, un’ebrea
scrittrice e critica d’arte, e che tanto l’aiutò
disinteressatamente, come del resto suo marito Cesare Sarfatti, ex
socialista, grande penalista e amico del Duce. E sempre in tema di
donne mi corre l’obbligo solo di accennare alla signora che
morì con lui, Claretta Petacci. Il saggio Alla corte del
Duce di Antonio Spinosa parla di questa corte, ma va anche
oltre poiché torna indietro nel tempo e scrive dell’infanzia
di Mussolini e degli amici dell’epoca, di cui alcuni poi lo
seguiranno nella sua avventura. Puntuale, preciso e snello nella
narrazione questa volta Spinosa mi ha lasciato perplesso per alcune
notizie che riporta e mette in evidenza, come il fatto che Mussolini
non tenesse molto alla pulizia personale o che da piccolo
manifestasse un carattere violento, strappando addirittura gli occhi
a un gatto che gli aveva rubato un boccone; penso però che ci
sia da dar credito a queste notizie perché l’impressione
che ho ricavato è che Mussolini fosse un pazzo, come
testimoniato dagli occhi sbarrati dell’ultimo periodo, quello
della Repubblica Sociale, espressione che gli doveva essere tuttavia
abituale perchè la troviamo addirittura nella foto di
copertina, scattata nel 1937 a Roma all’ippodromo di Tor di
Quinto. Del resto, se si eccettuano le sue capacità
giornalistiche e oratorie, resta ben poco, rimane l’immagine di
un uomo in possesso di una incredibile sete di potenza, ma anche
pavido, pronto a tirare il sasso e a nascondere la mano. E’ un
personaggio che comunque non è facile da descrivere, così
come non appare facilmente comprensibile il perché di non
pochi comportamenti; eppure, Spinosa riesce bene in questo scopo, con
una grande capacità di sintesi, che si può riscontrare
nelle prime pagine del libro, in tre righe che riporto integralmente:
“Il Duce, oltre se stesso, era una maschera che seppe tenere
testa a un balletto di ombre, fino a quando non cadde il sipario,
perché egli non era più in grado di reggere il ritmo
incalzante della recita. Queste pagine sono come un palcoscenico sul
quale lui e la sua corte recitano la parte che si sono ritagliati
nella storia. Un palcoscenico in cui un ragazzotto di Predappio
apparve ben presto irretito da un delirio di onnipotenza, all’inizio
inconsapevole e istintivo ma che, col trascorrere degli anni, si fece
sempre più assoluto come il suo regime”.
Da
leggere, senza dubbio.
Antonio
Spinosa, giornalista e scrittore, è stato
direttore del nuovo «Roma», dell'agenzia Italia, della
«Gazzetta del Mezzogiorno» e di Videosapere-rai; inviato
speciale del «Corriere della Sera» e del «Giornale».
È autore di numerosi saggi storici, politici, di costume e di
biografie di personaggi che hanno c"ambiato il mondo e l'Italia
in particolare, tra cui "Cesare", "Tiberio",
"Augusto", "Paolina Bonaparte", "Murat",
"Starace", "Mussolini", "Vittorio Emanuele
III", "Hitler", "Pio XII", "Salò",
"Edda", "Italiane", "L'Italia liberata",
"La grande storia di Roma", "La saga dei Borgia",
"Mussolini razzista riluttante", "Alla corte del
duce", "Churchill", "Il potere", il destino
e la gloria", "Cleopatra", "D'Annunzio",
tutti editi da Mondadori.
Ha vinto il Premio Estense, il
Saint-Vincent, il Bancarella, il premio Donna Città di Roma ed
è stato finalista al premio Strega 1996 con Piccoli sguardi.
Renzo
Montagnoli
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