Le
scarpe al sole.
Cronache
di gaie e tristi avventure di alpini, di muli e di vino
di
Paolo Monelli
Ugo
Mursia Editore
Diaristica
Pagg.
248
ISBN
9788842557678
Prezzo
Euro 17,00
Il
valore del cameratismo
Mettere
le scarpe al sole, nel gergo degli alpini, significa perdere la
vita in battaglia e di alpini che muoiono colpiti da un proiettile o
dilaniati da una bomba ce ne sono tanti in questo libro scritto da
Paolo Monelli, un riuscitissimo diario sulla sua esperienza di vita
nel corso della Grande Guerra. E’ quasi per caso che mi sono
accostato a quest’opera e il merito è di mia madre,
ormai scomparsa, che in verità ebbe a parlarmi dell’omonimo
film, uscito nel 1935, diretto da Marco Elter, tratto dal libro, per
quanto modificato nella trama, ma senza perderne lo spirito.
Considerata l’epoca, nel pieno del ventennio, ci sarebbe da
aspettarsi sia nel libro di Monelli che nel film l’esaltazione
dei valori patriottici, il richiamo al popolo guerriero, una retorica
assidua, e invece non è per fortuna così. Passo
ovviamente allo scritto, tanto più che non ho visto la
pellicola, e dico subito che a un iniziale sconcerto per lo stile che
mescola, apparentemente alla rinfusa, riflessioni, ispirazioni
poetiche, anche versi, gerghi militari e dialetti, è seguita
una crescente attenzione, perché pagina dopo pagina si è
aperto quello che è il sottotitolo (Cronache di gaie e
tristi avventure di alpini, di muli e di vino), un mondo tutto
nuovo in cui all’atrocità della guerra si contrappone un
cameratismo in cui la solidarietà è un obbligo sentito;
inoltre si combatte, rassegnati, sovente anche motivati, ma senza
odio verso il nemico che anzi si considera un’altra vittima di
decisioni che vengono dall’alto, fra una bevuta e l’altra
di vino, l’autentica benzina che fa andare avanti un motore
umano che altrimenti scapperebbe a gambe levate. Si beve insieme e si
muore insieme, si patisce il freddo dell’inverno, ci si inzuppa
con le piogge autunnali, non si ama la guerra che però viene
considerata una necessità per raggiungere lo scopo di
un’Italia più ampia e diversa. Il protagonista
principale, il tenente Paolo Monelli, partecipa e registra poi sul
suo diario, descrive l’orrore, ma anche la bellezza della
natura, va all’assalto senza odio, ama i suoi compagni e
detesta gli imboscati, è un uomo a cui con il conflitto è
sottratta la giovinezza e che matura amaramente giorno dopo giorno.
Verrà
anche la prigionia, la fame, la fuga dal lager e la cattura, la pietà
dei carcerieri austriaci, affamati come i detenuti, eppure spesso
compassionevoli. Se la guerra è una gran brutta bestia, la
successiva pace sarà ancora peggio, perché l’Italia
allargata ritorna quella di prima, non ha nessun rispetto per i
reduci e soprattutto per quelli che tornano dalla prigionia, illusi
di rinascere a nuova vita.
Per
certi aspetti Le scarpe al sole mi ricorda Giorni di
guerra, di Giovanni Comisso, con una differenza però: nel
primo rifulge il valore dell’amicizia, in grado di aiutare a
sopportare ogni tormento, con le colossali bevute in compagnia,
mentre nel secondo la guerra è vista come un’avventura
con gli occhi di un soldato che ancora crede di giocare, ma che
maturerà di colpo in occasione della disfatta di Caporetto. In
entrambi i casi si tratta di libri di particolare valore, in grado di
attrarre dall’inizio alla fine, e che hanno il pregio di non
esaltare mai la guerra.
Paolo
Monelli (Fiorano Modenese 1891 - Roma 1984)
giornalista e scrittore italiano. Ufficiale degli alpini durante la
prima guerra mondiale, scrisse su quell’esperienza un fortunato
libro di memorie (Le scarpe al sole, 1921). Congedato, intraprese la
carriera giornalistica e fu redattore del «Resto del Carlino»,
del «Corriere della sera», della «Stampa».
Scrittore elegante, educato alla scuola della prosa d’arte,
portò nell’esercizio professionale il gusto della parola
«scelta», e in una sorta di repertorio-pamphlet più
volte ristampato (Barbaro dominio, 1921) difese la «purezza»
della lingua contro barbarismi e forestierismi. Al tema della guerra
dedicò altre opere di narrativa: Sessanta donne (1947), Morte
del diplomatico (1952), Nessuna nuvola in cielo (1957). Interessanti,
per la lucidità dell’analisi e la scioltezza
dell’esposizione, alcuni libri di politica, fra cui Roma 1943
(1945) e Mussolini piccolo borghese (1950).
Renzo
Montagnoli
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