La
casa sulla Marteniga
di
Tina Merlin
Cierre
Edizioni
Narrativa
Pagg.
196
ISBN
9788883141096
Prezzo
Euro 12,50
Una
lettura sorprendentemente piacevole
Ai
giovani, ma anche a non pochi della mia età, il nome Tina
Merlin non dice niente ed è già tanto, se in un
tentativo di dimostrare il loro grado di conoscenza la confondono con
la senatrice socialista Lina Merlin che nel 1958 ebbe il merito di
promuovere la legge che abolì la regolamentazione della
prostituzione, con conseguente chiusure della case di tolleranza e
che introdusse anche i reati di sfruttamento e favoreggiamento della
prostituzione.
Se
Lina Merlin fu indubbiamente una donna battagliera, volta a eliminare
il degrado del suo sesso, Tina Merlin va invece giustamente ricordata
per la lunga battaglia che condusse per portare alla luce la verità
sulla costruzione della diga del Vajont, e questo ben prima della
nota tragedia avvenuta il 9 ottobre 1963. Di orientamento politico di
sinistra (era iscritta al Partito Comunista) di professione faceva la
giornalista per l’Unità, ma amava anche scrivere, oltre
agli articoli, saggistica e narrativa, come nel caso di La
casa sulla Marteniga.
La
lettura di questo libro è stata determinata dalla mia
curiosità di sapere come scrivesse Tina Merlin e diciamo che
non avevo grandi aspettative, perché ero convinto che fosse
una semplice cronaca di quella che è stata la vita dell’autore
fino alla fine della seconda guerra mondiale. Pagina dopo pagina ho
dovuto invece riscontrare con vero piacere che mi sbagliavo, perché
La casa sulla Marteniga
mi ha rivelato una scrittrice di grande valore, capace di narrare
della propria vita con sincerità, in modo semplice ma
efficace, e di sondare l’animo umano con una capacità
senz’altro invidiabile. Un altro pregio è dato dal fatto
che, nonostante la militanza politica, questa non si avverte mai,
senza dimenticare che, seppur bocciata in quinta elementare, per poi
abbandonare la scuola e andare subito a servizio presso famiglie
milanesi, ha uno stile gradevole e fa un uso corretto della lingua
italiana, qualità che impreziosiscono ancor più
quest’opera, pubblicata solo dopo la sua morte. La
casa sulla Marteniga
piacque tanto a Mario Rigoni Stern, che ne curò una breve
presentazione, e se si considerano i temi di cui scrisse l’autore
asiaghese è del tutto comprensibile; infatti in Tina Merlin
ritroviamo lo stesso stupore per la natura, le riflessioni sui fatti
del mondo - in particolare nei colloqui con la madre alla fine di
ogni capitolo -, tutti argomenti cari a Rigoni Stern.
In
queste pagine non c’è altro che la vita, dura e
all’apparenza senza speranza di un ceto povero, come quello
contadino, in un’epoca in cui ancora esisteva quella civiltà
contadina di cui tanto ha ben narrato Ferdinando Camon. La Marteniga
è un torrente che bagna parte dei confini della piccola
proprietà dei Merlin ed è come una linea di confine che
divide i poveri del contado dagli agiati del vicino paese, una
barriera che Tina vuole superare per rivendicare la sua dignità
di essere umano alla ricerca della realizzazione di un mondo più
giusto e più equo. Un cambiamento non sarà tuttavia
possibile fino a quando impererà il fascismo; sarà la
guerra, grazie soprattutto alla Resistenza, che darà una
svolta a questa umanità fino ad allora senza speranza. La
Merlin vi parteciperà assai giovane come staffetta, un
servizio umile, ma indispensabile e pericoloso. E anche qui nella
narrazione non ci sono eroi, ci sono solo esseri umani in cerca di
riscatto. Ci furono tanti morti fra i partigiani e fra questi anche
il fratello, gente caduta combattendo per un mondo nuovo che, però,
finita la guerra piano piano ritornò a essere quello delle
ingiustizie sociali, della prevaricazione del più forte sul
più debole. Tina Merlin accenna appena e malinconicamente a
questa delusione, ma non si considera vinta, perché la
speranza in lei è ancora viva e forte.
Da
leggere, merita senz’altro.
Tina
Merlin nasce
a Trichiana (Belluno) il 19 agosto 1926 e muore a Belluno il 22
dicembre 1991. Durante la guerra di liberazione è stata
staffetta partigiana. Inizia la sua attività letteraria
scrivendo racconti che vengono pubblicati sulla rivista Noi
donne.
Dal 1951 al 1967 è corrispondente locale del
quotidiano L’Unità.
Esordisce come scrittrice con Menica (1957),
raccolta di racconti partigiani. Segue da vicino le vicende del
Vajont. tentò di pubblicare un libro sulla vicenda, Sulla
Pelle viva. Come si costruisce una catastrofe. Il caso del Vajont,
che tuttavia trovò un editore solo nel 1983.
Renzo
Montagnoli
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