Ora
che tutto mi appare più chiaro
di
Giuseppe Carlo Airaghi
puntoacapo Editrice
Poesia
Pagg.
112
ISBN 9788866793823
Prezzo
Euro 15,00
Studi
stilistici
Quando
ho occasione di leggere le opere che un autore via via propone ho
anche l´opportunità di verificare come si evolve lo stile e così
è capitato anche con Giuseppe Carlo Airaghi, un poeta che ho
incontrato con una silloge, edita da Fara, dal titolo Quello
che ancora restava da dire.
E´ stata una piacevole scoperta anche perché come ho evidenziato
nella mia recensione si tratta di un´opera che di primo acchito
instaura con il lettore un filo di empatia, frutto, soprattutto, al
di là del valore intrinseco delle poesie, della pressoché immediata
comprensione, circostanza non frequente oggi specialmente quando il
contenuto è particolarmente profondo. Successivamente mi ha
incantato il Monologo
dell´angelo caduto,
una raccolta ben diversa dalla precedente, perché in questo poemetto
c´è un´evidente ricerca di un nuovo percorso espressivo che sia
in grado di andare ben oltre l´esternazione del proprio "io".
Con Ora
che tutto mi appare più chiaro c´è
un ulteriore passaggio stilistico, peraltro a fronte di una
eterogeneità dei temi svolti. In particolare ho riscontrato una
ricerca visiva schematica volta a creare atmosfere e a esprimere
riflessioni, come appare evidente nel Capitolo intestato Notti
periferiche,
laddove con i simboli di certe metropoli si evidenzia
un´insoddisfazione esistenziale a cui fa riscontro, come
palcoscenico, un degrado sociale (Al
margine della lista delle immagini / appuntate per descrivere la
notte / c´è una pozzanghera / folgorata dall´insegna di un bar /
dove si inscenano / modesti calvari paesani,
/...).
E´ una tematica che ho notato nelle sue precedenti produzioni, ma
che qui è esposta in modo capace di rendere tangibili determinate
sensazioni. Dove però c´è un effettivo stravolgimento, più che
stilistico concettuale, è con Autobiografia
apocrifa.
A tratti, come a creare un habitat poetico, c´è un certo afflato
pascoliano, non fine a se stesso, ma ben raccolto e inserito in un
discorso di cui la natura, nelle sue interazioni, è la vera
protagonista ( Nel
cortile lievita una parete / verde di gelsomino. Piantata / la
primavera in cui di comune accordo / decidemmo di sfidare la sorte.
/ Ospitò in estate un nido di merli, / incauti. I gatti di casa /
non gli lasciarono scampo. /....)
E c´è chiara ed evidente una corrispondenza fra paesaggio e
sensazioni, come per esempio in Una
nevicata annunciata
(Sotto
una nevicata annunciata / da un´avanguardia di luce e di gelo /
cammino lungo il percorso pedonale / dove d´estate seccano al sole
i fichi non colti / e le merde dei cani. / Calzo scarpe inadeguate. /
Mi gela il freddo dei bambini /a cui piace il freddo sulla faccia, /
il suono dei passi in frantumi, / e lacrime di vento sul bordo degli
occhi. /....).
Questa affinità fra natura, che come sappiamo non ha coscienza, e
sensazioni è riscontrabile anche nel capitolo L´estate
perenne,
e quasi a sottolineare questa connessione vi è anche addirittura
un´Elegia (All´ora
di cena cominciavamo a bere. / Oltre la cornice della finestra /
tutto il disordine della stanza / si manteneva a malapena in
equilibrio / sopra i rami spogli del pino marittimo in giardino. /...).
Considerato
l´esito positivo di Monologo
dell´angelo caduto,
Airaghi si deve essere chiesto perché non replicare, non tanto gli
angeli, ma i monologhi, ed ecco allora i Monologhi di scena, niente
di eclatante in verità, ma comunque un utile esercizio che
probabilmente è venuto prima di quello ben più valido dell´angelo
caduto.
Mi
piacerebbe dire altro, soprattutto cenni su quei capitoli che non ho
qui citato, ma ahimè il tempo è tiranno ed è necessario pertanto
che arrivi a una conclusione.
Come
già scritto c´è stata una variazione dello stile, più che altro
un affinamento e anche una ispirazione che talora è frutto di studi
pascoliani, talaltra, più moderna, ma meno frequente e ironica,
ricorda per certi aspetti Bukoski, più presente questa, a mio
avviso, in passato. In ogni caso, l´impressione che ho ritratto da
questa raccolta è che per Airaghi il poeta è sempre schiavo di se
stesso, incapace di trovare una nota lieta dell´esistenza, vista
invece come un progressivo sprofondamento nel nulla, come a dire che
se dal nulla veniamo, nulla siamo e nulla diventiamo.
In
parte sono d´accordo, in parte no, perché nel mondo l´unico
essere pensante è l´uomo e sta a lui cercare e trovare un senso
della vita. Ciò nonostante, credo che nei versi di questa raccolta
sussista uno spiraglio per una salvezza dell´essere umano, perché
altrimenti non si spiegherebbero i riferimenti, altamente espressivi,
alla natura.
Da
leggere.
Giuseppe
Carlo Airaghi è
nato
e vive in provincia di Milano. Ha pubblicato le raccolte di poesia
Quello che ancora restava da dire (Fara Editore, 2020), La somma
imperfetta delle parti (Ladolfi Editore, 2021), il poemetto Monologo
dell´angelo caduto (Fara Editore, 2022) e il romanzo I sorrisi
fraintesi dei ballerini (Fara Editore, 2021). È stato finalista o
vincitore dei concorsi letterari "Lorenzo Montano", "Europa in
versi", "Terre di Virgilio", "Città di Monza", "Poesia a
Napoli", "Versante ripido", "Città di Arcore",
"Prestigiacomo" e "Lago Gerundo".
Renzo
Montagnoli