Il
filosofo in camicia nera.
Giovanni
Gentile e gli intellettuali di Mussolini
di
Mimmo Franzinelli
Arnoldo
Mondadori Editore S.p.A.
Storia
Pagg.
384
ISBN
9788804738268
Prezzo
Euro 24,00
Il
principale intellettuale del fascismo
Al
fascismo, per avere una consacrazione che andasse al di là del
semplice spirito di un movimento, mancava una personalità, di chiara
fama, che lo teorizzasse, una patente di nobiltà a cui un Mussolini,
già al potere, non poteva che bramare. Del resto in Giovanni Gentile
il duce trovò l´elemento adatto: di destra, ma liberale, e quindi
non ancora fascista - ma lo diventerà in breve tempo - l´uomo,
insegnante di filosofia, titolare di prestigiose cattedre
universitarie, è il fondatore di una sua teoria filosofica, da lui
denominata attualismo, che si può sintetizzare nel concetto che solo
quello che si realizza attraverso il pensiero costituisce la realtà
in cui il filosofo si riconosce. Non vado oltre, riguardo a questa
teoria, per i miei limiti nella materia e anche perché non è lo
scopo del bel saggio storico di Mimmo Franzinelli. Evidentemente
parlare di questa filosofia ricollegandola al fascismo non rientrava
negli scopi di Mussolini, a differenza di ciò che in effetti coniò
Gentile come finalità del fascismo stesso, e cioè quello di creare
un uomo nuovo, spirituale, per niente materialista e destinato a
grandi imprese. E´ un bel fumo negli occhi che opportunamente
inculcato nelle masse avrebbe fatto sì che le stesse intendessero
come uomo nuovo Mussolini, esempio a cui tendere per dare un senso
elevato alla propria vita. Come è ben noto, Giovanni Gentile venne
assassinato dai Gap di Firenze il 15 aprile 1944, omicidio che fece,
e fa ancora, molto discutere perché si ritiene non sia giusto punire
un ideologo.
Al
filosofo italiano si può imputare la notevole vanità, la ricerca
di onori, di cariche di rilievo, di cui fu sempre gratificato da
Mussolini, e lui lo ricambiò con una fedeltà a tutta prova, lui
l´autore della grande riforma scolastica che si estrinseca
nell´innalzamento dell´obbligo scolastico fino ai 14 anni, con un
percorso che, dopo i cinque anni delle elementari, impone all´alunno
di scegliere fra istituti di avviamento al lavoro, liceo scientifico,
ginnasio, con quest´ultimo destinato a forgiare i nuovi
amministratori dello stato. Come è possibile notare, tranne che per
le elementari, uguali per tutti, è una scelta classista, benché la
meritocrazia in sé non rappresenti un elemento confinante, a patto
che tutti, economicamente, siano in grado di fare la scelta che
ritengono più idonea.
Appare
logico chiedersi perché Gentile sia stato ucciso. Non si ammazza in
genere un filosofo, a meno che il suo comportamento e le sue idee
abbiano avuto, e continuino ad avere, conseguenze nefaste. Tante sono
le ipotesi e una delle più accreditate era la netta opposizione di
Palmiro Togliatti al patto di pacificazione a cui Gentile stava
lavorando. Nella primavera del 1944 il clima è da tempo quello della
guerra civile, di cui indubbiamente si accorge Gentile, che continua
a sostenere Mussolini, sottovalutando l´impatto dei suoi scritti
dei suoi discorsi pubblici, come quello tenuto il 22 marzo
all´inaugurazione dell´Accademia d´Italia, davanti a una platea
ridottissima, in cui, oltre a inneggiare a Mussolini, profonde parole
di stima del tutto esagerate nei confronti di Adolf Hitler, forse
sperando così di riuscire a ottenere la liberazione del figlio,
detenuto in un lager tedesco. Dopo tre giorni a Firenze si fucilano
cinque giovani renitenti alla leva, un vero e proprio eccidio che
amplifica il discorso del 22 marzo, e in questo clima si decide di
rispondere al terrore con il terrore, cercando un capro espiatorio di
notevole fama, e Gentile è il soggetto ideale, sia per la sua
presenza costante nel fascismo, prima e dopo l´8 settembre 1943,
sia perché non è difficile da raggiungere, in quanto, nonostante
le incognite pericolose di un conflitto fra italiani, vive un po´
trasognato, immerso nei suoi pensieri e poco presente alla realtà.
Ecco,
credo che in breve, dati i limiti di spazio, non si possa dire molto
di più, e del resto per gli approfondimenti basta leggere questo
riuscito saggio storico di Mimmo Franzinelli.
Mimmo
Franzinelli (Cedegolo,
1954) studioso del fascismo e dell´Italia repubblicana, componente
del comitato scientifico dell'Istituto Nazionale per la Storia del
Movimento di Liberazione "Ferruccio Pari", è autore di
numerosi libri, fra cui: per Bollati Boringhieri, I
tentacoli dell´Ovra (1999,
premio Viareggio 2000), Rock
& servizi segreti (2010)
e Autopsia
di un falso. I Diari di Mussolini e la manipolazione della
storia (2011);
per Mondadori, L´amnistia
Togliatti (2006), Il
delitto Rosselli (2007), Beneduce.
Il finanziere di Mussolini,
con Marco Magnani (2009), Il
Piano Solo (2010), Il
prigioniero di Salò (2012), Tortura (2018);
per Rizzoli, La
sottile linea nera (2008).
Con Feltrinelli ha pubblicato: La
Provincia e l´Impero. Il giudizio americano sull´Italia di
Berlusconi,
con Alessandro Giacone (2011), Delatori.
Spie e confidenti anonimi: l´arma segreta del regime fascista (UE
2012), Il
Giro d'Italia. Dai pionieri agli anni d'oro (Feltrinelli,
2013), - per gli Annali della Fondazione Feltrinelli - Il
riformismo alla prova. Il primo governo Moro nei documenti e nelle
parole dei protagonisti (ottobre 1963-agosto 1964),
con Alessandro Giacone (2013) e Fascismo
anno zero (Mondadori
2019).
Renzo
Montagnoli