Miracolo
di Natale
di
Renzo Montagnoli
Nevica a falde fitte, il panorama all'intorno sembra zuppo di panna, ma Francesco e Giuvà
procedono imperterriti per la loro strada. Ogni tanto si fermano a guardare ed
è allora che il cane sembra annusare l'aria.
- Che c'è Giuvà?
- Aspiro il profumo della neve.
- Ma, scusa Giuvà, la neve è profumata?
- Non ti so dire, ma il mio fiuto percepisce qualche cosa, come un
aroma lontano.
- Sarà quello della rosticceria.
- No, mi ricorda ben altro, un intenso effluvio di fiori celesti.
- Non ricordo dei fiori di colore celeste che profumino.
- Sono i fiori del cielo.
- Eh dai Giuvà, non cominciare a fare il filosofo.
E ripartono, mentre Francesco si toglie con le mani la neve dal
cappotto e il cane se la scrolla di dosso.
Camminano, camminano, seguendo una stella, quella più luminosa che
occhieggia loro dal cielo, e più questa diventa visibile, più cala il buio.
Chissà dove porta quella strada, prima deserta, ma che ora si anima di pastori
con le greggi, di contadini con la zappa in spalla, di donne dal sommesso
vociare.
Ormai è sera inoltrata e una fiumana di gente cammina, sembra
senza una meta, ma tutti volgono gli occhi all'insù e seguono la stella.
- Dove andiamo, Giuvà?
- Non so, ma sento che dobbiamo andare.
- Anch'io. Lo sai che domani è Natale?
- Sì, il giorno in cui gli umani devono essere più buoni, devono
allentare le catene ai cani, devono dar mangiare agli affamati. Devono…
dovrebbero…, ma tutti i giorni.
- Lo sapevo che oggi hai l'estro del filosofo.
- No, tutto ciò che è bene non è filosofia, come il messaggio di
quello che è nato più di duemila anni fa.
- E' stato un grande e solo che l'avessero ascoltato, il mondo
sarebbe diverso.
Di colpo smette di nevicare e il cielo si squarcia in un blu
punteggiato di stelle.
- Ecco i fiori celesti!
- Ma quelle sono le stelle e poi sono gialle.
- Il colore non c'entra, sono i fiori del cielo e ognuno è un
buono che ci ha lasciato per vivere l'eternità nell'infinito.
- Dici davvero?
- Sì.
Francesco si ferma e sembra cercare qualche cosa fra quelle luci.
- Sai Giuvà, la penso sempre, non te
l'ho mai detto, ma mi manca.
- Anche a me, padrone.
- In una di quelle c'è lei, allora?
- Sì, perché era buona, talmente buona che è volata subito lassù,
senza bussare alla porta del Paradiso.
Riprendono la marcia, Francesco si asciuga gli occhi che si
bagnano pure a Giuvà.
Lontana s'alza una musica, una nenia di venti morbidi di
primavera, un gorgheggio di usignoli, il mormorio di un fiume che lento va alla
foce.
Scende dall'alto e avvolge i pellegrini che affrettano il passo.
Ecco là, in fondo alla strada, una capanna di paglia, un asino e
un bue, un uomo e una donna e nella greppia ancor non si nota, ma s'indovina, un'aureola d'amore.
Tutti si affrettano, tutti s'inchinano, tutti vedono il bimbo
appena nato; i visi si illuminano, la gioia prorompe, c'è chi prega, c'è chi
supplica.
Francesco non dice nulla, è in ginocchio, guarda il bimbo e guarda
le stelle, alza gli occhi, poi li abbassa. Gesù gli sorride e quando guarda in su, là in fondo c'è la sua stella, il volto di lei che
abbozza un bacio. E' un attimo solo, forse è solo un sogno,
ma Francesco e Giuvà si stringono in quella
comune visione.
La notte di Natale è sempre magica e anche questa volta si è
realizzato il miracolo. Sotto il cielo trapuntato di fiori un uomo e il suo
cane ritornano a casa con il dono più bello che abbiano mai ricevuto.