Rapporto
fra stipendio minimo e massimo
di Ferdinando Camon
Quotidiani locali del Gruppo
"Espresso-Repubblica" 26 maggio 2016
È passata inosservata una notizia importante, lanciata dal cuore del Veneto,
Padova. Risale a sabato scorso. Ci è stata richiamata alla memoria domenica,
quando un'altra notizia, anch'essa importante, è giunta dalla Francia.
Rievochiamole e parliamone.
Il direttore generale della Banca Etica di Padova ha informato che il suo
stipendio, il più alto nell'azienda, è di 4,6 volte superiore allo stipendio
più basso: “Per statuto – ha spiegato -, non può superare di sei volte lo
stipendio minimo”. Dunque l'azienda ha stabilito che tra il peggio pagato e il
meglio pagato il divario deve stare nel rapporto da 1 a 6. Platone aveva la
stessa idea: nel libro La Repubblicapropone il
rapporto da 1 a 5. Il giorno dopo dalla Francia quaranta intellettuali
denunciavano la pratica delle super-aziende di applicare un rapporto
enormemente superiore, e cioè di 1 a 240. E chiedevano al governo di metterci
un alt, stabilendo per legge che gli stipendi più alti non possano superare di
oltre 100 volte gli stipendi più bassi: il rapporto di 1 a 240 diventerebbe di
1 a 100. Con un taglio di oltre la metà. Quel che è sorprendente, nella notizia
francese, è che la lettera con la petizione, partita con 40 firme, in un giorno
ne ha raccolte 10mila. E il primo ministro Manuel Valls
ha dichiarato: “La penso allo stesso modo, sono convinto che questa sia la
strada che dovremo imboccare”. Se quella petizione francese fosse lanciata in
Italia, raccoglierebbe anche qui una marea di adesioni, e sarebbe un gran bene.
Ma ci lascerebbe comunque un rammarico: il rapporto di 1 a 100 è ancora troppo
alto. L'Italia è in crisi, la Francia pure. Bisogna uscirne. Ma, o si esce
tutti insieme o non si esce. E per uscire tutti insieme bisogna eliminare le
disuguaglianze mostruose, come quella che, dicono i francesi, nelle loro
aziende prevedono stipendi annuali da 5.000 euro in basso e da 1 milione e
200mila in alto. Chi sta in basso, non ha da mangiare. Chi sta in alto, compra
ville e barche. Che interesse ha, chi sta in basso, a lavorare perché un
sistema del genere continui? Se il primo ministro francese dice che prima o poi
bisognerà passare al rapporto di 1 a 100, vuol dire due cose: che si può farlo
e che è giusto farlo. Non retroattivamente, questo non si può, ma d'ora in
avanti. Non è che da noi le cose siano molto diverse. Né per gli stipendi, né
per le pensioni. Però, se si deve reimpostare la piramide retributiva, se in
basso i francesi hanno adesso salari minimi da 460 euro, col rapporto da 1 a
100 in alto verrebbero ad avere stipendi da 46.000 euro mensili: in tempo di
crisi, e per uscire dalla crisi, non è la cifra adatta. Il rapporto fissato
dalla Banca Etica, di 1 a 6, ricalcando il modello pensato da Platone, resta
comunque inferiore al rapporto stabilito dalla Olivetti, quando la Olivetti
nasceva: alla Olivetti il rapporto era di 1 a 10. Ho lanciato la discussione
su Facebook, e qualcuno mi ha risposto: però
così l'azienda muore, perché i manager migliori se ne vanno. L'esperienza della
Olivetti dimostra il contrario: la Olivetti è cresciuta fino a diventare una
delle migliori aziende al mondo, arrivando ad inventare una calcolatrice che
era l'antesignana del computer. L'aveva chiamata Divisumma.
Siamo in crisi, e, come dice il Manzoni, la crisi aguzza il cervello: qualcosa
dovremo pensare anche noi italiani. Se la petizione francese girasse anche qui,
io la firmerei, ma a malincuore. Preferirei il modello Olivetti, 1 a 10. O,
meglio, ancora, il modello della Banca Etica: 1 a 6. Se in un'azienda uno
guadagna un sesto dell'altro, sta male, ma è pur sempre un uomo. Se invece
guadagna un duecentoquarantesimo, non è più un uomo,
ma un subumano. Un'azienda non può andar bene, se una parte dei suoi lavoratori
son trattati come subumani.
www.ferdinandocamon.it