Pagare
di più gli insegnanti più bravi
di Ferdinando Camon
Quotidiani locali
del Gruppo "Espresso-Repubblica" 20 maggio 2016
L'iniziativa di una scuola di Padova, di promuovere una votazione per scegliere
gli insegnanti migliori da premiare con un bonus, è importantissima, e speriamo
che venga imitata dappertutto. La votazione viene esaltata ma anche criticata,
com'è inevitabile. Qualunque altra soluzione avrebbe lo stesso risultato: elogi
e critiche. Ma qui si tratta di passare ai fatti: basta con i lamenti, che la
scuola non riconosca i meriti dei docenti. Ormai lo sappiamo tutti. Passiamo ai
fatti. Diamo di più a chi merita di più. A questo punto i problemi sono due:
quanto di più? E chi sceglie i meritevoli?
Rispondiamo: la somma stanziata per tutta la nazione, a questo scopo di
premiare gli insegnanti bravi, è ridicola. Tutto il personale docente nella
nostra scuola è pagato così poco, che non è assurdo sostenere che il compenso
“normale”, per tutti, dovrebb'essere aumentato del 40
%, a dir poco. Ma gl'insegnanti sono una massa enorme, e la ricaduta sul
bilancio dello Stato sarebbe pesante. Non si può. Il sottopagamento è dovuto a
questa ragione, più un'altra: gran parte degli insegnanti sono donne, e per le
donne questo è un lavoro ideale, perché gli riempie mezza giornata, e l'altra
mezza la dedicano alla casa. Allo scarso stipendio risponde uno scarso lavoro:
se tu mi paghi poco, io lavoro poco; se tu mi paghi male, io lavoro male. La
nostra scuola è scadente per questa ragione: non val la pena impegnarsi tanto.
Insegnanti che s'impegnano però ce ne sono: sono quelli che adesso si cerca di
scremare e premiare. Sono visibili, questi insegnanti, a scuola si sa chi sono?
Ma certamente: se chiedi a una classe chi sono gli insegnanti migliori, la
classe ti fa i nomi, e non sbaglia. Quei nomi può non saperli il preside, il
Provveditore, e naturalmente il ministero, ma gli studenti li sanno. Sono i
professori che spiegano meglio, che si fanno ben capire. Che spiegano
modernamente, aggiungendo al testo aggiornamenti e dettagli, che poi saranno
indispensabili quando si andrà a lavorare. Che preparano gli studenti a
superare l'esame di maturità, ad affrontare il lavoro o l'università, e ad
affrontare la vita. Quest'ultima preparazione la vedono bene le famiglie. Le
famiglie vedono come i loro figli cambiano, di mese in mese, andando a scuola.
Questo non può notarlo il preside, ma i genitori sì. L'accoppiata
studenti-genitori è la più indicata per valutare (anche votando) gli insegnanti
migliori, quelli che vanno premiati. Ma così come funziona adesso, questa
operazione di scrematura degli insegnanti dà troppo potere ai presidi, perché
sono i presidi a scegliere i docenti che compongono la commissione valutatrice.
I presidi possono avere un'idea sul valore formativo, in senso scolastico, dei
docenti, ma in questo campo la scuola farebbe bene a copiare dall'industria.
Come fa l'industria a valutare gli operai? Controlla i pezzi che fanno. I pezzi
devono essere perfetti, l'uso delle macchine ineccepibile. Ci sono professori
che hanno, ogni anno, una percentuale alta di allievi promossi alla maturità:
qualcosa deve pur significare. Si potrebbe stabilire il loro merito non sulla
base di un anno, ma di cinque o dieci: sarebbe un buon metodo, oggettivo e
sicuro. Ma i presidi tendono a preferire i docenti che collaborano con loro: a
volte questi insegnanti sono i peggiori (ho detto: a volte), perché sapendo di
non meritare fanno i collaborazionisti. E vien fuori una “mafietta”.
La scuola è una zona buia, in cui Renzi non vede
niente, il ministero meno ancora, i provveditori non guardano, e i presidi
vedono male. Studenti e famigliari vedono meglio. Che gli studenti votino i
loro professori sembra (ad alcuni) innaturale e perciò immorale: si teme che
possano votare per ripicca o per vendetta. Ipotesi sbagliata: gli studenti
hanno un legame con i docenti che è culturale-affettivo,
nessuno o pochissimi voteranno in malafede. Poniamoci piuttosto la domanda:
questo marchingegno risolve il problema della meritocrazia? Ma neanche per
idea. Alla fin fine quello che dà è poco e per pochi. I bravi insegnanti sono
molti di più e meritano molto di più.
www.ferdinandocamon.it